In alto. Noto "statista" italico grande estimatore di Putin.
Ha scritto Diego Bianchi in “Mai troppo tardi” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di marzo ultimo: (…). E pensare che solo una decina di giorni prima ero proprio lì, nel luogo consapevolmente scelto da Salvini per fare una delle più colossali figure di merda (non so come altrimenti definire ciò che nessun eufemismo potrebbe rendere in maniera altrettanto efficace ma soprattutto corretta e intellettualmente onesta) fatte da un politico nella storia contemporanea, perlomeno quella dell'era dei social. Il sindaco l'avevo visto, in tenuta militare, nella stanza da dove coordinava le attività nella stazione di Przemysl, snodo ferroviario punto di arrivo da due settimane di centinaia di migliaia di profughi in fuga dall'Ucraina. Era molto indaffarato e non l'avevo intervistato, comunque immaginando le sue risposte e i suoi distinguo sull'accoglienza polacca (ed europea) di oggi e i respingimenti polacchi (ed europei) di ieri.
Di chi stiamo parlando? «Sono i siloviki, persone che Putin ha fatto entrare nella sua cerchia ristretta: Nikolai Patrushev, il segretario del Consiglio di sicurezza, e Alexander Bortnikov, capo dell'FSB, i servizi segreti, ai quali si aggiunge Sergei Shoigu, il ministro della Difesa, che era già uno dei suoi fedelissimi. Sono loro a prendere le decisioni».
Quindi Putin non è isolato nel suo Paese come si pensa? «No, non lo è affatto. Ma vive in una realtà parallela. Negli ultimi anni aveva perso un po' della sua influenza. Ma con l'inizio della guerra è cambiato tutto, ha ripreso il potere. Oggi è il sovrano del paese».
Che impatto possono avere le sanzioni su Putin e sul suo entourage? «Ritengo che nessuno nell'entourage di Putin aveva messo in conto la dimensione economica del conflitto. La capacità dell'Occidente di unirsi e la pressione delle sanzioni non erano state anticipate. A mio avviso, il fatto che in più di una settimana Mosca non abbia raggiunto gli obiettivi militari che si era fissata e che l'Occidente sia riuscito ad adottare delle sanzioni di tale portata segna la fine della Russia di Putin. Siamo in una fase di rottura, come nella transizione tra l'URSS di Gorbachev e la Russia di Eltsin. Non si potrà tornare indietro».
Per descrivere il regime, Alexei Navalny ne ha sottolineato soprattutto la corruzione. Condivide questa analisi? «La corruzione è totale, ma va intensa in modo diverso da come si è abituati in Francia. Qui si parla di corruzione quando si consegnano dei soldi a una persona che è al potere per ottenere qualcosa in cambio. In Russia, gli uomini d'affari, i cosiddetti oligarchi, fanno parte integrante del sistema politico. Non credo sia esistito un altro sisterna politico come questo nella storia. Non c'è più distinzione tra gli oligarchi, tutto si fonde con lo Stato. Lo 0,1 % della popolazione di 140 milioni di persone possiede il 100% del potere e il 100% delle risorse. Non è più corruzione. Prima delle sanzioni, Putin disponeva a suo piacimento delle riserve d'oro, di Gazprom, di Rosneft ... Il palazzo di Putin a Gelendzhiknon è nulla. La corruzione all'estero ha inoltre occupato molto Putin negli ultimi anni. L'essenziale era poter corrompere i leader politici dell'Ue e altrove. È stata la sua politica estera».
Le sanzioni prese contro gli oligarchi le sembrano sufficienti? «Assolutamente no. Queste persone finanziano il regime di Putin. Bisogna sanzionare chiunque abbia grossi asset finanziari. In Russia, la proprietà è fittizia. Putin ha popolato il Paese di falsi proprietari terrieri, perché in realtà tutto appartiene a lui».
Un oligarca aveva contribuito al salvataggio del Front National concedendo un prestito al partito di estrema destra. È stata una decisione di Stato? «Agli oligarchi non interessa sapere se finanziano Le Pen, Macron, Lukashenko o un altro politico. Qualcuno ha detto loro: bisogna finanziare Le Pen e loro eseguono, punto. Per loro è una questione di sopravvivenza. L'ordine viene dal Cremlino. È una decisione politica. L'Occidente non si era preparato a questo tipo di sistema dopo la Guerra fredda. L'URSS cercava di corrompere, di reclutare agenti, ma era l'ideologia ad avere la precedenza, non il denaro. La Russia invece non ha ideologia, allora usa i soldi».
Quindi è un sistema collaudato finalizzato a confortare l'influenza della Russia? «È sistemico. Ci sono file di persone disposte a offrire i loro "servizi". Funziona così: mettiamo che hai conosciuto il primo ministro francese e che conosci un amico di Putin. Organizzi un incontro tra i due e monetizzi il contatto. Hai fatto un affare. Fantastico, ti viene risposto. Se ti comporti bene ti facciamo un contratto alla Gazprom da 10, 100 o anche 200 milioni. Putin possiede, o meglio possedeva, uno strumento unico al mondo: una quantità incredibile di denaro, totalmente libero e utilizzabile a suo piacimento, appalti, costruzioni ... Parliamo di miliardi di dollari. Cercano contatti ovunque, amici, amici di amici. Quando li trovano, iniziano a reclutarli. A che scopo? Raccogliere informazioni ... come per i servizi segreti di tutto il mondo. In Russia, poiché tutti quelli che sono al potere vengono dai servizi, è la so la cosa che si sa fare bene, reclutare delle spie o, ancora meglio, dei decision makers. Quando recluti il primo ministro di un Paese è per far prendere e applicare una decisione».
Se potesse inviare un messaggio a Putin, cosa gli direbbe? «È troppo tardi per dirgli qualsiasi cosa. Lo conosco dal 1990 e gli ho già detto tutto quello che avevo da dirgli in quegli anni. Ma bisogna pensare al futuro. Putin rappresenta il passato. Chiamare Putin per chiedergli di mettere fine alla guerra è grottesco e patetico. Quando vedo Macron oggi, non posso fare a meno di pensare a Schroder ieri. Quando Macron chiama Putin per la venticinquesima volta per convincerlo a smetterla di uccidere dei bambini è ridicolo. Prima della guerra aveva ancora senso discutere. Anzi, era necessario. Ogni giorno, 24 ore su 24. Ma oggi? Non riesco a capirlo, eppure è un uomo intelligente. Queste conversa-zioni con Putin creano solo confusione. Macron non può non capire che il suo metodo non funziona. Poi, ogni volta che parla con Putin, aggiunge: "Il peggio non è ancora arrivato". Eppure lo richiama. A che serve? Quindi, o i leader occidentali non capiscono cosa sta succedendo, o sono troppo con-centrati sui propri interessi, il gas per la Germania, la rielezione per Macron ... Immaginiamo Hitler nel suo bunkernel 1945, sul punto di suicidarsi, con gli inglesi, gli americani e i russi che lo chiamano al telefono continuamente per chiedergli come va: "Adolf, come ti senti? Stai attento, eh. Non prenderla troppo con i bambini". Qual è il senso di queste telefonate? Che sta facendo la diplomazia europea? Credo che la strategia più efficace sia di isolare totalmente la Russia, non solo sul piano finanziario ed economico, ma soprattutto politico».
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