"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 19 marzo 2022

Lavitadeglialtri. 19 «Mio padre è russo, mia madre è ucraina. E sono felice che siano già morti e che non abbiano dovuto vivere questa mostruosa tragedia».

 

A lato. "Murale" visto in una strada di Roma.

Ha scritto lo psicoterapeuta Massimo Recalcati in “Le incrostazioni dei né né” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, sabato 19 di marzo 2022:

(…). In psicoanalisi si chiama forza del desiderio e, al di là dell'espressione forse un po' retorica, concerne una dimensione della potenza che non è primariamente militare. Ne abbiamo diversi ritratti, anche mitici. Uno tra i più noti è quello biblico di Davide che sfida il gigante filisteo Golia. Ricordiamo le parole minacciose con le quali questi si rivolge con arroganza al gracile pastore: "Fatti avanti e darò le tue carni agli uccelli del cielo e alle bestie selvatiche". Non è difficile cogliere qui la prossimità del suo gergo con la più recente retorica putiniana. Ma Davide non arretra, né si lascia intimorire. E non sarà solo la scelta tattica della fionda a determinarne la vittoria. C'è sempre in ogni lotta un fattore supplementare che esorbita le capacità militari e le arti strategiche. Non perché queste non siano necessarie per vincere (…), ma la forza di Davide è innanzitutto nella sua nuda fede, è davvero la forza indomabile del suo desiderio. È quello che forse Putin ha maggiormente sottovalutato. È quello che attraversa gli individui e i collettivi ogni qualvolta la decisione di combattere non è subita, imposta, genuflessa ad una causa estranea, ma scaturisce da un profondo sentimento di giustizia e di rifiuto del sopruso. Questa forza è l'incalcolabile di questa guerra, la grinza che disfa i discorsi più lineari. I volti spauriti dei giovanissimi soldati russi fatti prigionieri non denunciano solo l'inadeguatezza militare dell'esercito di Putin, ma rivelano anche la ferocia fascista del suo regime: la menzogna situata sistematicamente al posto della verità. Ma, come noi invece, diversamente da quei poveri soldati, sappiamo bene, non si tratta né di un'esercitazione, né di un'operazione speciale di denazificazione di un territorio di confine, ma di una vera e propria guerra di invasione contro uno Stato sovrano e indipendente. Questi ragazzi sono vittime dell'inganno dell'ideologia, simili in questo a quelli delle varie gioventù miliziane tipiche di tutti i regimi totalitari. Solo che in questo caso non abbiamo traccia di fanatismo, ma soltanto di paura. La Russia di Putin non è l'Unione Sovietica di Stalin. Questi ragazzi, in fondo, non solo mancano della formazione necessaria per combattere al fronte, ma non sanno nemmeno dove sono e per cosa combattono. (…). Il vero terrore di Putin non sono, (…), le armi della Nato sul suo confine, ma l'incubo altamente contagioso della democrazia. (…).

Di seguito, “Sono russo e dico non in mio nome” dello scrittore russo Mikhail Shishkin, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di ieri 18 di marzo: (…). Io sono russo. In nome del mio popolo, del mio paese, in nome mio, Putin sta compiendo crimini mostruosi. Putin non è la Russia. La Russia prova dolore e vergogna. In nome della mia Russia e del mio popolo io chiedo perdono agli ucraini. E comprendo che questi crimini non possono essere perdonati. Questa guerra non è iniziata adesso, ma nel 2014. Il mondo occidentale non ha voluto capirlo e ha fatto finta che non stesse succedendo niente di grave. Per tutti questi anni nei miei discorsi e nelle mie pubblicazioni ho cercato di spiegare alla gente chi è Putin. Non ci sono riuscito. Ma ora è Putin in persona a spiegare tutto. Dopo ogni pubblicazione dei miei articoli sulla stampa svizzera, alle redazioni giungevano lettere indignate dall’ambasciata russa a Berna. Adesso tacciono. Forse perché stanno facendo i bagagli e sbrigando le pratiche per richiedere l’asilo politico? Io voglio tornare in Russia. Ma in quale Russia? La Russia di Putin è irrespirabile, puzza tremendamente di stivale poliziesco. Sotto gli occhi di tutti il mio paese si sta trasformando in una dittatura fascista. In Russia lo spazio della libertà di espressione era ormai ridotto a Internet, ma adesso anche lì regna la censura militare. Le autorità hanno dichiarato che ogni critica alla Russia e alla sua guerra sarà considerata tradimento e punita secondo la legge marziale. La Russia ha già chiuso Facebook e Twitter, e Youtube sarà il prossimo. Che il paese sia completamente tagliato fuori da Internet è solo questione di tempo. Come a un ostaggio, hanno messo al paese un cappuccio in testa. La gente non deve sapere cosa sta succedendo. Alla televisione russa non passeranno le immagini delle città ucraine bombardate e dei bambini uccisi. La gente, plagiata da anni di propaganda, è ancora convinta che l’esercito russo stia liberando i fratelli-ucraini dalla giunta fascista imposta dagli americani. Al paese è stato spiegato che la Nato si era già preparata ad attaccare la Russia attraverso l’Ucraina e che questa “operazione militare” è necessaria per difendere la patria. Ora ovunque lo slogan è: «La Russia non inizia le guerre, la Russia finisce le guerre». E molti russi, ahimè, credono davvero che i nostri soldati stiano salvando la popolazione russa dell’Ucraina dal genocidio nazista. Persone impavide e coraggiose scendono nelle strade delle città russe per protestare contro la guerra, ma sono poche. Nel paese non ci sono manifestazioni di massa contro la guerra o scioperi. Molti tacciono perché la paura ha incatenato la popolazione: se manifesti contro la guerra, finisci in prigione. Leggere le dichiarazioni a sostegno di Putin e dell’“operazione militare” (la parola “guerra” in relazione all’Ucraina è vietata) di scrittori, di personalità della cultura, di attori famosi, di registi teatrali e artisti, è disgustoso. Queste “personalità della cultura” sostengono Putin e la sua aggressione perché sono ostaggi totali del regime e cinicamente sviluppano la “sindrome di Stoccolma” in loro stessi. Fa ancora più male vedere che la gente comune attacca la lettera Z — simbolo di sostegno all’intervento dell’esercito russo in Ucraina — alle finestre del proprio appartamento e alla propria auto, lo fanno in buona fede. Come spiegargli che per tutti questi anni sono stati ingannati dal loro stesso Stato, che la giunta fascista non è il governo ucraino, democraticamente eletto, ma il Cremlino stesso? Mio padre è russo, mia madre è ucraina. E sono felice che siano già morti e che non abbiano dovuto vivere questa mostruosa tragedia. Questa guerra non è tra ucraini e russi, ma tra uomini che parlano sia ucraino che russo, e non-uomini che parlano la lingua della menzogna ed eseguono ordini criminali. Tra uomini che in Russia escono a protestare e non-uomini che li pestano e li sbattono in prigione. Cosa può fare uno scrittore? Soltanto ciò che può: parlare chiaramente. Rimanere in silenzio significa sostenere l’aggressore. Nel XIX secolo i polacchi insorti combattevano contro lo zarismo russo “per la vostra e la nostra libertà”. Ora gli ucraini combattono contro l’esercito di Putin per la vostra e la nostra libertà. Non stanno difendendo solo la propria dignità umana, ma la dignità di tutta l’umanità. In questo momento l’Ucraina sta difendendo la nostra libertà e la nostra dignità. Dobbiamo aiutarla in ogni modo possibile. Il crimine del regime sta anche nell’avere gettato la macchia dell’infamia su tutto il paese. Ora la Russia non è associata alla letteratura e alla musica russe, ma ai bambini sotto le bombe. Il crimine di Putin è nell’avere avvelenato gli uomini con l’odio. Putin se ne andrà, ma il dolore e l’odio possono rimanere nelle anime a lungo. E soltanto l’arte, la letteratura, la cultura potranno aiutare a superare questo trauma. Il dittatore prima o poi finirà la sua vita infima e meschina, ma la cultura va avanti, è sempre stato così e così sarà dopo Putin. La letteratura non deve parlare di Putin, la letteratura non deve spiegare la guerra. La guerra non si può spiegare: perché si dà ordine a un popolo di ucciderne un altro? La letteratura è ciò che si oppone alla guerra. La vera letteratura parla sempre del bisogno umano d’amore, non d’odio. Putin sta portando la “denazificazione” in Ucraina, ma questa guerra finirà con la “deputinizzazione” della Russia. Una volta i tedeschi sono già passati da questa ammissione di colpa di tutta la nazione. Solo dopo sono stati in grado di costruire un nuovo Stato a orientamento democratico. Ora tocca ai russi passare attraverso questa ammissione di colpa nei confronti dell’Ucraina. Nel 1945, i tedeschi furono portati nei campi di concentramento affinché vedessero cosa avevano fatto i nazisti in loro nome. La nuova nascita della Russia deve inevitabilmente iniziare con i russi che devono vedere le città distrutte dell’Ucraina e i cadaveri dei civili assassinati in nome del popolo russo. Tornerò nel mio paese, prima o poi. Tornerò in quel mio paese di cui ho scritto in una lettera aperta già nel 2013, prima dell’annessione della Crimea e dell’inizio di questa guerra contro l’Ucraina, quando mi rifiutai di rappresentare la Russia di Putin alle fiere internazionali del libro: «Voglio rappresentare e rappresenterò un altro paese, la mia Russia, libera dagli impostori, un paese con una struttura statale che difende non il diritto alla corruzione, ma i diritti dell’individuo, un paese di mass media liberi, di elezioni libere e di uomini liberi».

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