"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 21 marzo 2022

Lavitadeglialtri. 20 Dmitrij Muratov: «Le autorità russe non hanno solo invaso l'Ucraina; hanno anche invaso e distrutto la vita dei giovani russi».

Ha scritto Michele Serra in “Una cosa è l’Europa un’altra è la Nato”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 18 di marzo 2022: (…), nemmeno io lo so, che cosa si dovrebbe fare. Mi sento europeo fino al midollo ma è esattamente per questa ragione che diffido di una lettura ossificata della democrazia, con un Noi virtuoso che si oppone a un Resto del mondo ancora da civilizzare, da “convertire” al bene con le buone o con le cattive. Certo questo mio dubbio non riguarda la situazione in Ucraina, che vede un aggredito e un aggressore, un popolo che lotta per la vita e la libertà e un dittatore straniero che cerca di schiacciarlo. Ma prima e dopo questa orribile guerra esiste un assetto del mondo sul quale riflettere, e molto. (…), sono i Paesi ex sovietici che hanno chiesto di entrare nella Nato, per paura del loro minaccioso vicino. Ma Nato e Europa non sono la stessa cosa. Svezia e Finlandia sono nell’Unione, che è un’alleanza politica, ma non fanno parte della Nato, che è un’alleanza militare. Sono Paesi neutrali, definizione che con il passare degli anni sembra sempre più pallida e improbabile, ma come ognuno può capire ha un preciso significato etico e politico. Si è fatto abbastanza perché anche le tre Repubbliche baltiche si convincessero a seguire quella strada? Il principio dell’autodeterminazione dei popoli è fondamentale. Non è la Nato che si è annessa quasi tutti i Paesi ex sovietici, sono loro che hanno chiesto di entrare. Ma i Paesi membri della Nato, specie quelli europei, avrebbero forse potuto e dovuto valutare meglio le ricadute negative dell’allargamento a Est, senza escludere la possibilità di una fascia di Paesi neutrali, sul modello di Svezia e Finlandia. Questa è solamente un’opinione, ma è la mia, e dunque considero onesto ripeterla da quando questo macello è incominciato. Infine: (…), quando sogno, sogno un’Europa unita, forte e con una difesa autonoma, che non si accontenti di vivacchiare sotto la protezione armata degli americani. Il concetto di difesa, però, non può fondarsi solo sulla forza. Tra gli ideali che sentiamo a rischio, e che dobbiamo proteggere dall’urto della guerra, c’è anche la convivenza tra popoli differenti. Dialogo non è una parola “molle”, buona solo per i preti. È una parola fortissima, sulla quale si fonda la cultura classica, la cultura europea: che è dialettica. Di seguito, “La nostra battaglia di giornalisti russi contro le fake news”, intervista di Wiktoria Bieliaszyn a Dmitrij Muratov – direttore della “Novaya Gazeta” e collega della assassinata Anna Politkovskaja – riportata sul quotidiano “la Repubblica” del 19 di marzo ultimo: "Novaya Gazeta" ha raccontato molte guerre e conflitti. Adesso le autorità hanno tolto alla sua redazione questa possibilità. «Nonostante questo, pubblichiamo regolarmente eccellenti reportage dall'Ucraina, scritti da Lena Kostiucenko e da altri giornalisti che si trovano lì, i cui nomi non posso rivelare per motivi di sicurezza. Raccontiamo quindi la guerra adeguandoci alle disposizioni di legge in vigore. Nei testi segnaliamo che stiamo scrivendo "di ciò che le autorità non ci permettono di nominare", oppure sottolineiamo che la parte del reportage che riguarda, per esempio, le città ucraine sotto tiro, è stata tagliata come richiesto dalle autorità. Nell'edizione cartacea di Novaya Gazeta lasciamo anche vuota una pagina in cui normalmente pubblicavamo le notizie. Perché non possiamo pubblicare notizie. Né sulla carta, né online. Le autorità ci obbligano a descrivere la guerra soltanto attraverso gli occhi del ministero della difesa russo. Tuttavia progettiamo la pubblicazione delle notizie, anche se, per ora, non online».

Ma per questo si rischiano 15 anni di prigione. «Abbiamo un semplice metodo, vedremo se ci riesce di usarlo saggiamente. Intendiamo rivolgerci sempre al ministero della difesa della Russia chiedendo loro di prendere posizione riguardo alle informazioni che abbiamo reperito o ricevuto. Chiederemo che le confermino oppure smentiscano, ma motivando la loro decisione. Vedi le vesciche che ho sulle mani? Ho firmato la prima tornata delle domande. Presenteremo ai lettori sia il loro punto di vista sia il nostro, basato sulle relazioni dei nostri reporter o sulle nostre fonti».

State introducendo questo metodo quasi due settimane dopo l'introduzione della legge sulle cosiddette fake news. «Questa legge permette alle autorità di mettere in prigione ognuno dei nostri collaboratori. In un paese in cui non esistono tribunali liberi, questa norma uccide i media indipendenti. Le autorità possono asserire che nessuna notizia che non vogliono rivelare sia vera. Non importa che l'abbiamo ottenuta da più fonti, che l'abbiamo verificata o che ne abbiamo addirittura una registrazione. Se a giudizio delle autorità qualcosa è una fake news, per esempio le vittime civili della cosiddetta "operazione militare speciale" o dei soldati russi caduti, è impossibile provare che non è così».

Quale punto di vista si avvicina di più a quanto pensano i russi? Quello delle autorità o quello dei media indipendenti? «Esistono centri statali che studiano l'opinione pubblica. Uno di questi è WCIOM, Centro di ricerca sull'opinione pubblica russa controllato dalle autorità, il quale rileva che quasi il 70% della società appoggia la politica di Vladimir Putin, e, di conseguenza, la cosiddetta operazione militare speciale. Ma vi prego di notare che perfino lo statale WCIOM - ed è come se lo stato lo chiedesse a se stesso - dice che il 30% - e in Russia questi sono quasi 50 milioni di cittadini, - non la appoggia. A sua volta il Centro Levada, la più professionale istituzione sociologica in Russia, iscritta dalle autorità nel cosiddetto registro degli agenti stranieri, afferma che il 70% dei russi non appoggia questa "operazione militare speciale". E questo è molto importante».

Tuttavia in Polonia ora si parla di più dei russi che presumibilmente si pongono come un sol uomo dalla parte di Putin. «Forse in Polonia non tutti sanno che in Russia, quando si fanno sondaggi telefonici e si chiede: "Lei, Signore/Signora, appoggia la decisione di Vladimir Putin di condurre un'operazione militare speciale in Ucraina?", non molti decidono di dire "no". Perché ognuno sa bene che, visto che chi lo chiede conosce il tuo numero di telefono, probabilmente conosce anche il tuo indirizzo. La gente ha paura. C'è ancora un altro gruppo, ovvero coloro che si fidano della propaganda. La propaganda è come le radiazioni. Non è possibile stare vicino al blocco n. 4 della Centrale Nucleare di Chernobyl e non rimanere contaminati dalle radiazioni. Non si può vivere in Russia e sfuggire alla propaganda. Adesso sta diventando ancora più difficile, le autorità hanno bloccato almeno trenta redazioni indipendenti».

Fino a che punto la verità è necessaria ai russi? «Sono arrivato proprio adesso in redazione. Davanti all'entrata ho trovato una fila gigantesca, ho pensato che forse McDonald's si è deciso di riaprire, ma ho scoperto che era la fila per comprare la nostra rivista. L'ultima volta ho visto qualcosa di simile alla fine degli anni '80. Le persone comprano 100, perfino 200 copie ciascuno, per distribuirle poi ovunque, perché devo dire che le edicole hanno rinunciato a vendere Novaya Gazeta. Gli edicolanti volevano influire su ciò che mettevamo in copertina perché temevano rappresaglie. Non abbiamo voluto questa ingerenza. Quindi oggi hanno rifiutato di accettare la Novaya a causa della copertina dove abbiamo messo Marina Ovsyannikova, giornalista di Primo Canale che aveva protestato contro la guerra in diretta tv».

Chi è responsabile della censura e della chiusura o liquidazione dei media? Dopo tutto, non Roskomnadzor, il regolatore statale dei media e di Internet, che blocca i portali di notizie indipendenti. «L'amministrazione del presidente Putin. È quella che diffida così tanto dei russi da decidere oggi per loro ciò che possono leggere. Cosa sono i media nel nostro mondo? In un paese dove il parlamento non rappresenta gli interessi del popolo? In Russia, gli interessi del popolo, dei lettori, sono rappresentati dai media indipendenti. Ecco perché le autorità li stanno chiudendo».

Perché non ci sono proteste di massa che coinvolgono non migliaia ma centinaia di migliaia di persone? «Quando le persone sono scese in strada per protestare contro la detenzione di Alexei Navalny, sono state fermate in massa, picchiate, arrestate e condannate. La polizia segreta, o i funzionari del cosiddetto Centro E, che combatte l'estremismo ma è in realtà più simile ai servizi segreti, stanno ancora sorvegliando molte di queste persone. Se si viene fermati o anche solo notati, è difficile ottenere credito, andare all'università, partire. Le autorità cambiano il destino di queste persone. E la società si rende conto delle conseguenze. Gli adulti hanno paura per i loro figli, per i quali la partecipazione alla protesta può spezzare la vita, il destino, la biografia e la carriera. Non so se la protesta di massa è possibile oggi in Russia. Ogni autocrazia arma pesantemente il suo esercito e la sua polizia. Lo abbiamo visto in Bielorussia, dove davvero centinaia di migliaia di persone hanno protestato contro il signor Lukashenko. Questo ha portato ad arresti estremamente brutali, pestaggi, mutilazioni, stupri e torture nel centro di detenzione Akrescin di Minsk. Non posso e non voglio pretendere che dei civili disarmati e non combattenti si mettano contro la Guardia Nazionale Russa».

Cosa possono fare allora i russi per fermare la guerra in Ucraina? «Prima di tutto, non credere a quello che dicono le autorità. Esigere in tutte le petizioni un cessate il fuoco, uno scambio di prigionieri di guerra, uno scambio dei corpi dei caduti e la creazione di corridoi umanitari».

Uno degli azionisti della "Novaya Gazeta" è Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell'Urss, vincitore del premio Nobel per la pace... «È bene che ce lo ricordi. Gorbaciov ha reso il mondo più sicuro, ma ha anche aperto il mondo alla Russia e la Russia al mondo. Puoi credere di nuovo in Dio, imparare le lingue straniere, andare a Cracovia e non solo comprare i salamini di Cracovia. Il mondo è diventato accessibile, e questo è stato molto importante per la giovane generazione, la generazione che è stata educata in modo diverso, che non è stata presa a cinghiate sul culo. Per una generazione che sta studiando, interessata alla letteratura, al teatro e alle mostre. E che ha un'etica completamente diversa, che considera il suo corpo come uno stato con confini che non possono essere superati se non dicendo due volte "sì". E le nostre autorità hanno ora violato anche questi confini privati del popolo. Li hanno attraversati con una brutalità che non può essere paragonata all'occupazione di Praga nel 1945, ma solo a quella del 1968. Le autorità russe non hanno solo invaso l'Ucraina, per la quale ho grande simpatia, e mi hanno fatto arrabbiare perché è impossibile guardare con calma i filmati che documentano quello che sta succedendo lì; le autorità russe hanno anche invaso e distrutto la vita dei giovani russi».

Sono i giovani russi che criticano e condannano con più forza la decisione delle autorità russe, mentre da tempo sentono molta simpatia per l'Ucraina. «La nostra società si è divisa. I vecchi non godono più di autorità in Russia. Come possono i giovani rispettare i loro anziani che dicono loro, ripetendo dopo la propaganda, che in Ucraina l'esercito russo sta combattendo i nazisti? I giovani non ci credono, non si sono lasciati manipolare dalla televisione di stato. Siamo in uno stato di guerra civile generazionale. Quello che è successo significa che la mia generazione non potrà parlare con gli ucraini senza sentirsi in colpa. Senza sentire l'odio da parte loro. Qualcosa può cambiare solo tra i giovani; i ventenni di oggi hanno un'empatia diversa e sono categoricamente contrari alla guerra».

Questo conflitto generazionale interno può portare a qualche cambiamento a livello di potere? «No, perché non c'è conflitto a livello di potere. Ci sono molte teorie su Facebook che suggeriscono che dovremmo aspettarci presto un cambio di potere con un colpo di stato. Non ci credo. Poiché in Russia non c'è divisione nelle élite, queste persone sono unite oggi come mai prima. Non c'è mai stato un governo più leale in Russia. Queste persone sono così spaventate per se stesse, per le loro famiglie e per i loro figli che si sono riunite intorno al presidente russo e gli stanno vicino in una fila serrata».

Che idea del mondo ha Putin? «Mi ricorda le piramidi egizie. Nemmeno un rasoio può essere inserito tra le sue idee; è convinto della propria giustezza e infallibilità. Secondo lui, la Russia è una grande fortezza autosufficiente con molti nemici, il principale dei quali è l'Occidente».

Lei ha detto in un'intervista che Putin è un "partecipante alla seconda guerra mondiale". Che cosa intende? «Ho l'impressione che Vladimir Putin viva nel passato. Lui stesso non ha partecipato alla seconda guerra mondiale perché non era al mondo in quel momento, eppure mi sembra che oggi cerchi di ottenere una vittoria personale in questa guerra. Guardiamo come, a causa sua, la società si è militarizzata, e come le si dice che il patriottismo è legato alla marcia e all'indossare un'uniforme. Oggi, Putin vuole difendere e confermare i risultati che ritiene corretti. Vuole riportare la vittoria».

So che lei pensa che le élite politiche credano davvero nella propaganda. «Perché è vero. Le autorità commissionano la creazione di propaganda per il popolo. Poi anche i rappresentanti delle autorità la guardano e giudicano fino a che punto i propagandisti hanno gestito bene il compito loro affidato. Il problema è che le stesse autorità cominciano gradualmente a credere in ciò che hanno inventato per ingannare i russi. Anche in psichiatria c'è il fenomeno della cosiddetta autoinduzione, per cui si comincia a credere a ciò che si inventa, pretendendo che sia la realtà oggettiva. Questo è uno dei fondamenti principali, responsabile della quasi incredibile unità delle élite politiche. E le élite, credendo ai propagandisti, si erano convinte che il popolo dell'Ucraina avrebbe accolto l'esercito russo con un lancio di fiori, e che Vladimir Putin stava liberando Ucraina. Si sono ingozzate di propaganda al punto che ora la stanno vomitando su tutta la Russia». (…).

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