"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 26 marzo 2022

Dell’essere. 33 Enzo Bianchi: «Una rivoluzione inedita quella dell’ascolto, a tutti i livelli per una convivenza più umana e più bella».

 

Nello sciamare perverso e nefasto dei despoti che hanno oppresso i popoli nelle sterminate terre di Russia c’è stato anche un tale georgiano, a nome di Iosif Vissarionovič Džugašvili – in “arte” Stalin - dai baffoni spioventi, ossessionato dalla potenza militare del Papa. Fabio Mini, che è generale e quindi uomo d’arme, ha scritto un “pezzo” – “Quante divisioni ha il Pontefice” – per “il Fatto Quotidiano” di ieri, venerdì 25 di marzo 2022 – trentesimo giorno della invasione dell’Ucraina – non tanto per discettare della o sulla potenza militare del vescovo di Roma quanto per deplorare lo stato delle cose al tempo del Covid prima e della “distruzione e morte” dopo, laddove scrive che, venuta a mancare agli umani la forza dell’”ascolto” che dovrebbe regolare le controversie tra gli stessi non tanto per “l'udito duro” quanto per un "cuore indurito", si è pur spento «l’amore per gli "altri" in quanto “altri”» sostituito da un amore per "altri se stessi”. E sul “dono” dell’ascolto ne ha scritto Enzo Bianchi in “Ascoltami, è una rivoluzione”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 25 di ottobre dell’anno 2021: (…). Ascoltare, esercizio che ci accompagna fin dalla vita intrauterina, esercizio sempre in funzione, e per questo l’orecchio sta sempre aperto e non possiamo chiuderlo. È l’ascolto che ci rende capaci di parlare, che ci permette di collocare l’altro e di renderlo vicino, anche se lontano, anche se invisibile, che ci abilita al dia-logo, alla parola attraversata, alla relazione. Sembra che soprattutto oggi ci sia un rifiuto dell’ascolto direttamente proporzionale alla voglia, alla pretesa di parlare, di intervenire, di manifestarsi. A tutti i livelli. Dalla famiglia, dove risuonano spesso le parole «Ascolta! Mi ascolti? Non mi ascolti mai!», alla vita della società dove il primato è dato ai rumori, alle ossessive informazioni, alle tempeste di messaggi che ci raggiungono sonoramente anche sui social. Non c’è tempo per mettersi in ascolto, non c’è desiderio di ascoltare l’altro, e l’ascolto viene così rimosso da incombenti distrazioni e da impegni che ci chiedono di preferire l’essere attivi alla supposta passività dell’ascolto. Eppure l’ascolto non è passività, richiede un certo silenzio, un’attenzione alla parola che ci è rivolta; bisogna impegnare la mente e il cuore per ascoltare veramente. Chi sa ascoltare è consapevole che anche la postura del suo corpo può essere disposta all’ascolto oppure negare ogni accoglienza alla parola che viene da altrove. Penso anche come in una persona che voglia custodire la vita interiore sia necessario l’ascolto del silenzio stesso, e in esso la voce delle proprie profondità, della coscienza per ogni umano, di Dio per il credente… Ascoltare è un’operazione sempre da imparare e rinnovare ma è faticosa! A volte l’ascolto dell’altro non è interessante, addirittura è noioso. L’ascolto di chi è diverso ci destabilizza, l’ascolto di chi ci è nemico ci mette ansia, ci ferisce. Eppure solo nell’ascolto noi accendiamo relazioni, sosteniamo storie d’amore, percorriamo cammini di tolleranza e di riconciliazione, perché l’ascolto ci decentra, l’altro che ascolto è da me incorporato, sicché l’altro in me diventa un bene che mi abita nell’intimo. (…). Sarebbe una rivoluzione inedita quella dell’ascolto, ma è urgente a tutti i livelli per una convivenza più umana e più bella. Di seguito, quanto ha scritto Fabio Mini, l’uomo d’arme: I media obiettivi e democratici hanno accomunato Putin a Hitler, Lenin e Stalin. Tutto è lecito, ma Putin non è di certo Stalin almeno perché, diversamente da lui, sa benissimo quante divisioni ha il Papa e quali sono le sue armi. Il Papa, come Capo dello Stato Vaticano ha relazioni diplomatiche con tutti i Paesi del mondo meno 13, tra cui Cina, Arabia Saudita, Iran e Nord Corea. Nella sua qualità di vertice assoluto del Cattolicesimo esercita il comando pieno su tutte le forze. Tale tipologia di comando, nel lessico militare è la facoltà di stabilire la missione, gli scopi e assegnare le risorse. Può assegnare le schiere ai comandanti subordinati delegando il comando operativo o può distaccare proprie forze ad altri comandi anche esterni accettando che questi esercitino il controllo operativo su di esse. Gli alti co-mandi subordinati sono le 21 Chiese (di cui 14 greco-cattoliche) guidate da Cardinali, Patriarchi e Vescovi, i 13 Patriarcati e le Conferenze episcopali nazionali. Gli alti comandi intermedi equivalenti ai Corpi d'Annata e alle Regioni Militari sono quasi 6.000 fra diocesi, arcidiocesi, abbazie, ordinariati, vicariati, prefetture apostoliche ed esarcati. Da questi comandi dipendono le divisioni di fanteria e corazzate, e in termini più moderni, i "battle groups "e le task forces" costituiti in base ai compiti da svolgere. I quadri direttivi ed esecutivi in servizio permanente (anzi eterno) sono i 282.000 sacerdoti in tutto il mondo. Le truppe disposte a mobilitarsi seriamente sono decine e decine di milioni. Il Papa non dispone di aeronautica, ma dal Cielo è ampiamente coperto. Ha però forze speciali e corpi di spedizione in grado di penetrare in tutti i continenti: le comunità missionarie (33 maschili e 15 femminili), le congregazioni come quelle francescane o comboniane e gli istituti come la Compagnia di Gesù. Nei conflitti, queste forze non sono mai neutrali, anche predicando la pace, sono sempre dalla parte di qualcuno, spesso di chi sta al potere, meno spesso dalla parte delle vittime. Quasi sempre obbediscono alle direttive papali, ma ci sono anche eccezioni. Il problema che i papi hanno dovuto affrontare è stato quello di lasciar decidere da che parte stare alle singole comunità in relazione alle esigenze e costrizioni locali. Così non si vedrà una mobilitazione della chiesa greco-ortodossa di Kiev levarsi contro il governo ucraino o quella di Russia levarsi contro il Cremlino. Si vedrà più spesso quella statunitense prendere le parti della guerra e i cappellani militari di tutto il mondo benedire le armi delle proprie unità. Un peccato, perché basterebbe che un centesimo di queste forze si schierasse contro la guerra e mettessero i propri governi di fronte alle loro responsabilità per mutare il corso degli eventi. Il Papa è però realistico e sa che questo non avverrà. Nessuno nella Polonia cattolica o nella cattolicissima Italia impedirà che i governi accendano altri fuochi di guerra. Perciò ha cominciato a usare le proprie armi strategiche: quelle che incidono sulla coscienza collettiva e su quella individuale. Tra le prime, alcune hanno perduto efficacia in un mondo che è molto diverso da quello esaminato dai vari Concili. L’amore è una bella arma, ma se ne è perso il senso mistico enfatizzando quello materiale ed egoistico. L’amore per gli "altri" in quanto “altri” è sparito, al massimo sopravvive quello riferito ad "altri se stessi”. La Preghiera è potente, ma ormai prevale la forza auto ipnotizzante della litania e della giaculatoria Perché la preghiera serva deve essere sostenuta dalla Fede. E questa scarseggia da tempo anche nei quadri dirigenti. La Parola, accorata, umile, dissuasiva e persuasiva è un'altra grande arma Il problema della sua inefficacia non sta nella maggiore o minore espressione, ma nell'ascolto. E questo non dipende dall'udito duro, ma dal "cuore indurito" Le armi strategiche che incidono sulla coscienza individuale e sono forse le più efficaci perché sono dirette ai membri della Comunità Cattolica, alla quale dicono di appartenere anche vari "signori della guerra". E qui il Papa ha già usato la sua prima grande arma nucleare: la Dottrina Con un'affermazione perentoria ha spazzato via venti secoli di mistificazione sulla liceità della guerra. Due millenni di elucubrazioni e cavilli usati per giustificare e far passare per giusta la guerra. Ha messo in un angolo tutti i Dottori e i Padri della Chiesa (tutti santificati) condannando la guerra sempre e comunque e non si riferisce soltanto al pericolo degli ordigni nucleari, ma a tutte le guerre che ne prevedono l'impiego. E sono tutte. Ha implicitamente riabilitato i pochissimi che hanno espresso dubbi o si sono opposti a questa visione "cristiana", come Erasmo da Rotterdam tanto lucido e convincente da non essere stato nemmeno beatificato. Ha sottratto a tutti i cattolici i molti alibi per fare la guerra, predisponendosi così all'impiego dell'altro arsenale di cui dispone per eliminare i lupi dal gregge. E un arsenale di deterrenza e punizione (o "deterrenza per punizione") che può essere usato solo sui membri della comunità, ma vista la vastità della chiesa cattolica esso è in grado d'incidere anche su chi non vi appartiene. Nei riguardi della gerarchia cattolica, la prima sanzione è la sospensione dall'esercizio sacerdotale; nei riguardi di tutti fedeli la massima è la "scomunica" che non è solo l'esclusione dall'eucaristia, ma l'espulsione dalla comunità cattolica. Tale misura potrebbe non importare a Putin o Zelensky (che tuttavia sono molto attenti alle sensibilità religiose), ma dovrebbe impensierire tutti i leader cattolici di altrettanti cattolicissimi paesi. Dovrebbe impensierire il presidente Biden che a questa comunità dice di appartenere quando vuole accaparrarsi i voti dei cattolici. E basterebbe questo a togliere di mezzo il 99% delle guerre in atto. Dovrebbe impensierire la miriade di baciapile che in giro per il mondo, incluso il nostro Paese, incitano alla guerra e la alimentano anche soltanto aderendo a quel 99%. Forse nemmeno tali sanzioni servirebbero a fermare la guerra. Ma almeno potrebbero fare un po' di pulizia nell'ambito della Comunità che a forza di scandali e ambiguità si trova l'intero "arsenale strategico" tragicamente inutilizzabile.

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