"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 17 ottobre 2021

Paginedaleggere. 57 «Morale della favola. Pinocchio è lo specchio fedele e implacabile dei nostri attuali dilemmi».

 

Ancora su Pinocchio e sul fascino che ha esercitato e che continua ad esercitare. Non si vuole contrapporre al Pinocchio dello scrittore Fabio Stassi (riportato nel post del 14 di ottobre) il Pinocchio dell’antropologo Marino Niola – “Pinocchio facci crescere” – pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di luglio 2021. Poiché, nonostante tutto, Pinocchio ha aiutato a “crescere” tutti quei giovani e giovanissimi che abbiano avuto la fortuna di avvicinarlo e di conoscerlo. Sono convinto, e lo ribadisco, che non ci possa essere una contrapposizione tra la “lettura” di Pinocchio fatta dallo scrittore e la lettura del Pinocchio fatta dall’antropologo. Pinocchio è per tutti, Pinocchio è di tutti. E tale lo sarà sino a quando i sogni riempiranno le menti ed i cuori dei giovani e dei giovanissimi. Ha scritto Marino Niola: Ha centoquarant'anni ma sembra scritto ieri e ci aiuta a capire l’oggi. La storia del burattino più famoso del mondo, inventata da Carlo Collodi nel 1881, è diventata subito un bestseller e non ha mai smesso di esserlo. Compatibile con tutte le culture, al punto da essere stata pubblicata in 240 lingue. È, infatti, il libro più tradotto di sempre dopo la Bibbia e il Corano. E si contende con Cenerentola e la Sirenetta il primo posto nella hit parade delle fiabe. Anche se Pinocchio non è semplicemente un racconto per bambini, ma parla anche agli adulti. Di fanciullesco il figlio di Geppetto ha lo sguardo sul mondo, che mette a disposizione del lettore, un modo di affacciarsi alla vita sorgivo e al tempo stesso profondo, umanissimo e mai ingenuo. In questo senso aveva ragione Benedetto Croce a dire che il legno in cui è intagliato Pinocchio si chiama umanità. E sono proprio i segni e le venature di questo legno, che non tutti conoscono ma tutti riconoscono, a fare di Pinocchio un’icona universale. Forse nessuno lo ha capito quanto Carmelo Bene, il Maestro del non-io, che si “impinocchiava” segnandosi sul volto quelle venature e quei nodi. Trasformandoli in stralunate incarnazioni dei grandi nodi dell’essere.Il fatto è che Pinocchio ha in sé la potenza del mito, il che lo proietta al di là delle lingue e dei canoni estetici. Il suo corpo metamorfico e il suo naso rivelatore, sincero a sua insaputa, esprimono qualcosa di etologicamente umano, perché scritto sul soma. Mai affidato ai lambiccati incunaboli dell’interiorità. Ecco perché, come dicevano Giorgio Manganelli e Paolo Fabbri, non è possibile spiegare il successo del racconto collodiano solo con ragioni storiche, sociali, di mercato, come per molti grandi boom editoriali. Perché nel caso del nasuto, entra in gioco la misteriosa inattualità del mito e del rituale, che lo fanno essere di casa in tutte le epoche e in tutti i paesi. Passando indenne attraverso traduzioni e riduzioni, tradimenti e adattamenti.Le avventure del burattino, di fatto sono altrettante sequenze di un rito iniziatico, articolato in una serie di tappe che sono altrettanti colpi di sonda sulla genesi dell’umano. L’intaglio primordiale che lo fa venire al mondo. L’incontro-scontro con il grillo parlante. I raggiri del gatto e della volpe. Il duplice viaggio nel paese dei balocchi e in quello delle api industriose.La metamorfosi in somaro che richiama l’asino d’oro di Apuleio. L’esperienza nel ventre del pesce-cane che evoca l’episodio biblico di Giona nella pancia della balena e la Storia vera di Luciano di Samosata. La presenza costante della fatina iniziatrice. E infine l’umanizzazione del pezzo di legno, con l’ingresso nel mondo adulto. Che di fatto adultera il burattino. Spegnendo per sempre il lampo di quegli occhi indagatori e quelle domande senza veli, che in realtà fanno di ogni bambino un pinocchio in bilico tra l’illusione e la realtà.Proprio perché nel percorso iniziatico tutto è simbolo, le avventure e disavventure di Pinocchio si possono leggere alla luce del nostro presente, per rifletterci nelle mosse e contromosse della birba. Nei suoi smarrimenti e ravvedimenti, nelle sue fughe e nei suoi ritorni, nella sua fame di vita e nella sua riluttanza ad uscire dalla sua bolla ludica, nelle sue paure e nelle sue spavalderie. E in effetti la pandemia ci ha gettato come naufraghi in un mondo oscuro come un ventre di balena e che di quello precedente rappresenta la versione deformata.In fondo proprio come Pinocchio dobbiamo imparare a stare al mondo. Siamo in piena emergenza iniziatica. Sottoposti a mille prove. Lusingati dal gatto e dalla volpe, che dopo averci illuso con il miraggio della crescita infinita e del guadagno facile, ora girano come avvoltoi facendoci immaginare il recovery fund come il campo dei miracoli, dove gli zecchini crescono sugli alberi. Spaventati dalla malattia e al tempo stesso dalla medicina che la cura. In questo senso la nostra titubanza con il vaccino anti covid-19 somiglia al tiramolla di Pinocchio con la fata che vuole fargli prendere la pillola. Ma le similitudini con l’oggi non finiscono qui. L’attualità stringente di Pinocchio balza in primo piano nella frase di Geppetto, che nel ventre del grande pesce ha voluto leggere tutti i libri per vedere se è vero che c’è differenza tra quelli che sanno e quelli che non sanno, cioè gli ignoranti. Il che in un paese dove a sapere sono in pochi e a parlare in molti, dove spesso fra asini e dottori non si fa più differenza, indica un nervo particolarmente scoperto.Come dire che le iniziazioni non finiscono mai e servono a crescere, per i figli burattini come per i loro padri.Morale della favola. Pinocchio è lo specchio fedele e implacabile dei nostri attuali dilemmi. Diventare uomini dopo la prova cui siamo sottoposti, facendo uno sforzo per comprendere dove va il mondo, interpretare con saggezza il cambiamento. Come fanno quelli che riscoprono luoghi e tempi a misura d’uomo, si rimettono a studiare, immaginano una virata ecologica e se ne assumono la responsabilità, inventano cose nuove. Sapendo che non arriverà nessuna fatina con la bacchetta magica e che non esiste il paese dei balocchi dove, parola di Lucignolo, ti danno soldi da spendere come ti pare.L’alternativa è restare burattini, fantocci che non crescono mai, per dirla con la fata turchina. E continuare a mentire a sé stessi e agli altri. Così a crescere sarà solo il nostro naso. Mentre diventeremo sempre più ciuchi.

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