"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 9 ottobre 2021

Notiziedalbelpaese. 33 «Non dobbiamo per forza essere ammiratori di Lucano. Ma non possiamo neanche atteggiarci o essere suoi persecutori».

 

Ha lasciato scritto George Robert Gissing (Wakefield, 22 di novembre dell’anno1857 – Ispoure, 28 di dicembre dell’anno 1903) in “Sulle rive dello Jonio”: (…). Tutte le colpe degli italiani sono perdonate appena la loro musica risuona sotto il loro cielo. Ci si ricorda di tutto quello che hanno sofferto e di tutto quello che sono riusciti a fare malgrado i torti ricevuti. Razze brute si sono gettate, una dopo l’altra, su questa terra dolce e gloriosa; la sottomissione e la schiavitù sono state, attraverso i secoli, il destino di questo popolo. Dovunque si cammini, si calpesta sempre terreno che è stato inzuppato di sangue. Un dolore immemorabile risuona anche attraverso le eccitanti note della vivacità italiana. È un paese stanco e pieno di rimpianti, che guarda sempre indietro, verso le cose del passato; banale nella vita presente e incapace di sperare sinceramente nel futuro. (…). È legittimo condannare i dirigenti dell’Italia, quelli che s’incaricano di plasmare la sua vita politica e sconsideratamente la caricano di pesi insopportabili. “Dopo il caso Lucano in Calabria l’accoglienza è un delitto” a firma di Francesco Pellegrini del 2 di ottobre 2021, letto – su cortese segnalazione dell’amica Agnese A. - sul sito “icalabresi.it”: La condanna dell'ex sindaco di Riace non dove indebolire la nostra vocazione alla tolleranza e alla solidarietà. Eppure questo rischio esiste. La vicenda giudiziaria di Lucano in Calabria per il momento finisce qui. Con una sentenza «aberrante» quanto «abusare del potere discrezionale che la legge concede al giudice nel calcolo della pena è mostruoso. Cosi venivano puniti nel ‘500 gli Ugonotti e nel ‘600 i valdesi di Torre Pellice, cosi venivano massacrati gli eretici». Sono parole che traggo dall’articolo La giustizia rovesciata a firma di Francesco Merlo, su la Repubblica di venerdì 30 settembre. È, credo, tempo di fare alcune considerazioni che potrebbero o dovrebbero condividere i cittadini calabresi, senza distinzione di parti politiche. Perché sono essi, è la loro terra che viene segnata, marcata a fuoco da una giustizia “rovesciata”, ingiusta e apparentemente vendicativa. Un messaggio sbagliato. (…). …a Locri è stato pronunciato il “giudizio di Dio”, non una sentenza emendabile – lo è tecnicamente, non sostanzialmente – perché il messaggio che essa lancia, magari a dispetto della volontà dei giudici, è una specie di intimidazione a non praticare in alcuna forma l’accoglienza di poveri disgraziati, a non esercitare il culto della pietà, a non provare a mettere in campo un’esperienza come a Riace che è possibile solo violando le leggi. Quelle che perseguono l’obiettivo contrario, cioè di liberarsi una volta per tutte di questi nivuri che ci disturbano solo esibendo la loro condizione disgraziata. Timori legittimi. La giustizia non gode di una buona salute oggi. Il racconto deprimente che è uscito dal CSM ci obbliga a non considerare tutti i magistrati santi ed eroi. Ce ne sono, certo la maggioranza, di magistrati che servono i cittadini e la giustizia, ma non sono tutti. E di questi dobbiamo preoccuparci e aver timore. Lucano è la classica vittima sacrificale, un sovversivo agli occhi dei benpensanti, un esempio di arrogante indipendenza da chi è sacerdote corrotto della iniquità e della mediocrità. Le reazioni. Poiché Lucano si ritrova per una specie di eterogenesi dei fini ingiustamente vittima a causa di una sentenza aberrante, tutti noi calabresi, che siamo certo molto migliori di come ci rappresentano abusando di ignobili pregiudizi, dovremmo smetterla con le espressioni ingiuriose, false, banali con cui qualcuno ha accolto sulla rete le parole di sgomento, rabbia, sorpresa pronunciate da tanti e riproposte, all’indomani della sentenza, con ancora maggiore severità dai commentatori più autorevoli. No ai seminatori d’odio. Non dobbiamo per forza essere ammiratori di Lucano. Ma non possiamo neanche atteggiarci o essere suoi persecutori, perché quelli che lo hanno fatto con sentenze e pandette o con gazzette malefiche bastano e avanzano. Non possiamo essere più servi dei servi che oggi lucrano sulle disgrazie altrui, non possiamo inquinare la nostra vocazione alla tolleranza e alla solidarietà che è il vero patrimonio di cui andare fieri. Non è per fare un favore a Lucano – che pure di solidarietà avrebbe bisogno – ma per non confonderci con i seminatori di odio e di disprezzo. (…). 

“Comunicato dei e delle docenti di discipline giuridiche degli Atenei italiani a seguito della sentenza di condanna nei confronti di Mimmo Lucano” letto – su cortese segnalazione dell’amica Annamaria M. – sul sito www.adir.unifi.it: La sentenza di primo grado che condanna Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, a 13 anni e 2 mesi interroga il nostro senso di giustizia. Da giuristi e giuriste, e studiosi e studiose del diritto e delle istituzioni, attendiamo, prima di ogni valutazione nel merito, di leggere le motivazioni della sentenza e con fiducia pensiamo ai successivi gradi di giudizio come a momenti in cui maggiore chiarezza potrà essere fatta. Sin da subito, però, non possiamo esimerci dal sottolineare come il Tribunale di Locri abbia ritenuto, per i reati di associazione, truffa sulle erogazioni pubbliche e di peculato, ai cui singoli episodi è stata riconosciuta la continuazione, di applicare una pena estremamente elevata, a fronte di uno stimato danno erariale di meno di 800.000 euro di cui è stato comunque imposto il risarcimento. La sentenza irroga di conseguenza un ammontare complessivo di pena che raramente è stato disposto per reati analoghi anche in procedimenti in cui il vantaggio ingiusto era ben più consistente e rivolto a finalità ben più individualistiche di quelle attribuite a Mimmo Lucano. Basti pensare alle condanne inflitte, nell'ambito del cosiddetto processo "Mafia capitale", poi diventato "Mondo di mezzo", a Salvatore Buzzi e Massimo Carminati, che pur relative a sedici episodi corruttivi, sette di turbativa d'asta, uno di traffico di influenze illecite e uno di trasferimento fraudolento di valori, sono state di gravità inferiore a quella stabilita per l'ex sindaco di Riace. Questo lascia spazio a dubbi, stupore, e al timore legittimo di un accanimento verso un uomo e una vicenda divenuti simbolo di una visione dell'accoglienza in Italia mirata alla costruzione di percorsi inclusivi effettivi e non alla burocratica osservanza dei protocolli ministeriali. Ci meraviglia in particolare il fatto che il collegio non abbia ritenuto di applicare alcuna attenuante. Dichiariamo la nostra preoccupazione per un clima di ostilità che si respira a volte anche nelle aule giudiziarie nei confronti di chi, a vario titolo e in vari contesti, appartiene al mondo che esprime fattivamente solidarietà alle persone migranti, e la volontà di monitorare con tutti gli strumenti a nostra disposizione le fasi successive del procedimento aperto nei confronti di Mimmo Lucano.

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