Ha scritto Umberto Galimberti in “Non c’è alcuna sicurezza nelle cose d’amore”,
pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 2 di ottobre
ultimo: (…). Che cos’è una vita a due? Una combinazione di forze per sopperire
alla propria debolezza, un’opportunità per possedere una casa propria, una
modalità socialmente accettata per allontanarsi dai propri genitori, una fuga
dalla solitudine, un sacrificio dettato dalla compassione, un effetto indotto
dalla fascinazione o dall’ammirazione, un aiuto reciproco fondato sul denaro,
un’ascesa sociale garantita dal prestigio di un nome, un estremo rimedio contro
l’insonnia e contro la dispepsia, un’autorizzazione a procreare, un sedativo
contro l’eccesso passionale, una via d’accesso all’adulterio, un’anticamera
alla separazione, un patto di cameratismo, un espediente per sentirsi normali,
un modo per non destare sospetti e curiosità, una casa di riposo per la vecchiaia,
una casa di piacere, una camera di tortura? (…). Una volta individuato l’obiettivo
con un po’ di buona volontà si ha un buon margine di sicurezza. Se però non (ci) si
dà alcun obiettivo, allora può venir(e) in soccorso un altro
psicoanalista, Stephen Mitchell che, in “L’amore può durare?”, (…) invita a
chiedersi: “Se io ti do il mio amore, che cosa ti sto dando di preciso? Il mio
desiderio, la mia passione, la mia immaginazione, la mia idealizzazione, l’angoscia
della mia solitudine, la mia voglia di emancipazione? Chi è l’Io che sta
facendo questa offerta? E chi, per inciso, sei tu?”. La domanda è retorica. Segna
piuttosto un ribaltamento radicale circa il modo di considerare l’amore, quasi
sempre pensato, (…), come qualcosa in possesso dell’Io, qualcosa di cui l’Io
può disporre. Per questo nessuno crede fino in fondo all’altro quando dice: “Io
ti amo”. Amore non è una faccenda dell’Io. L’ultimo a ricordarcelo, in ordine
di tempo, è stato Freud quando ha detto che “L’Io non è padrone in casa propria”,
perché inconsce sono le forze che determinano quelle che l’Io considera sue
scelte. Ma prima di Freud a cogliere nell’amore ciò che viola l’integrità dell’Io
è stato Platone che nel Simposio (192 c-d) scrive: “Gli amanti che passano la
vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l’uno dall’altro. Non si può
certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una
passione così ardente a essere insieme. È allora evidente che l’anima di
ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con
vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio”. Amore appartiene
all’enigma e l’enigma alla follia che abita l’altra parte di noi stessi, e a
cui si può accedere non con le parole ordinate dalla razionalità dell’Io, ma
con il collasso dell’Io, che non oppone più resistenza all’irruzione di quel
passaggio trasfigurante la sua abituale dimora che è il passaggio di Amore. Per
questo Platone parla di “follia d’amore come della più eccelsa, la più divina”
(Fedro 265 b). È chiaro che la follia non rassicura, per questo non si fa l’amore
con tutti, ma solo con colui o colei che ha intercettato la nostra follia che
ci affascina e ci attrae, dal momento che la follia è la fonte di ogni nostra
espressione creativa. E come Virgilio accompagna Dante nella sua discesa nell’oltre-mondo,
così, accompagnati da chi ci ama e noi amiamo, possiamo scendere nel sottofondo
della nostra anima per conoscere la nostra follia, ed essere a un tempo “rassicurati”
di poter riemergere senza essere travolti e da essa trattenuti. Tratto
da “Ti ha lasciata? Ricomincia da te”
di Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la
Repubblica” di sabato 24 di ottobre dell’anno 2015: Di fronte a un amore che finisce,
non perdiamo l'occasione che il destino ci offre per giungere finalmente a una
maturazione e a una più approfondita conoscenza di se stessi. La passione non è
cieca come i più ritengono, ma, come scriveva Stendhal: «è visionaria». Se
l'amato non rientra nella visione, (…), nell'idealizzazione che l'amante appassionata
si è fatta di lui, l'abbandono o, come più comunemente lo s'intende, il
tradimento finisce per essere inevitabile. Di solito in occasione di un
tradimento le accuse sono rivolte al traditore e il tradito si raccoglie
incupito nelle sue fantasie di vendetta, che non emancipano la coscienza, ma la
restringono in fantasie di astiosità, impedendole di offrirsi libera ad altre
esperienze. Oppure si manifesta nella svalutazione dell'altro, a suo tempo
idealizzato, e la passione visionaria di un tempo, che non voleva vedere gli
aspetti umbratili dell'altro, si traduce in odio cieco che non alimenta l'anima
ma la ammala. O ancora, si cerca rifugio in un cinismo cosmico, per il quale
l'amore non esiste ed è solo l'inganno di un giorno. A questo punto si sbeffeggiano
i sentimenti vissuti nel tempo della passione per non vergognarsi di averli
provati, e se capita di riprovarli per un'altra persona si pretendono
dichiarazioni di fedeltà eterna, prove di devozione e giuramenti. Dimenticando
che amore e tradimento attingono alla stessa fonte, perché non si dà tradimento
se non all'interno di una fiducia accordata. E quando la fiducia è totale,
perché al suo interno ci sentiamo al sicuro, compresi, contenuti e contenti, il
tradimento brucia ancora di più. Ma in queste circostanze il tradito non chiede
mai a se stesso se alle volte il suo amore per l'altro non era troppo simile
all'amore incondizionato e alla fiducia che da bambino nutriva per i genitori,
da cui in fondo non s'è mai emancipato. (…). …un'altra via, quella dell'esame
di sé, che - se non assume i toni dell'autoaccusa o dell'autocritica troppo
crudele, ai limiti del masochismo, porta alla maturazione di sé che consente di
abbandonare la beata innocenza infantile della fiducia incondizionata, per acquisire
quella coscienza adulta. La quale, come diceva Nietzsche, sa «che il bene e il
male sono inanellati, il piacere si intreccia con il dolore, la maledizione con
la benedizione, la luce del giorno con il buio della notte, perché tutte le
cose sono incatenate, intrecciate, innamorate e insieme tradite, senza una
visibile distinzione, perché l'abisso dell'anima, che tutte le sottende, vuole
che così si ami il mondo». (…). …essere in una relazione d'amore non vuol dire
annullarsi nell'altro, perché la relazione non è una fusione che annulla la
nostra individualità, persa la quale finiamo col non sapere più chi siamo e,
abbandonati dal nostro sentimento, veniamo invasi dal risentimento che ci
acceca, quello sì, fino a far compiere a volte gesti atroci. (…). …la via
dell'auto-riconoscimento, (…), scopre che l'amore non è possesso, e che nella
vita a due che si rimpiange forse non si viveva l'amore, ma si cercava solo
tutela e sicurezza, da cui l'abbandono ci emancipa. Se non cadiamo nelle vie
più battute che sopra abbiamo descritto, è proprio l'abbandono che ci offre
l'opportunità di una vera conoscenza di sé, che ci evita di vivere una vita a
nostra insaputa. Sembra infatti che la vita preferisca chi ha incontrato se
stesso a chi ha evitato di farlo per vivere al sicuro in una casa protetta.
"Il dono più grande che un essere umano può fare a un altro è l'amore incondizionato. È l'unica cosa, in definitiva, che conta davvero".(Joy Gardner). "Non c'è forza più grande dell'amore puro incondizionato". (Wayne Dyer). "L'amore vero non è determinato da chi è amato, ma piuttosto da chi sceglie di amare". (Stephen Kendrick). "Il tuo vero essere fiorisce solo con l'amore incondizionato".(Osho). "La luce dell'amore incondizionato risveglia i semi dormienti dell'anima, aiutandoli a maturare, sbocciare e portare frutto, permettendoci di portare avanti i doni unici che possiamo offrire in questa vita". (John Welwood). "Conserva l'amore nel tuo cuore. Una vita senza amore è come un giardino senza sole,dove i fiori sono morti". (Oscar Wilde). "L'amore ha in sé la sua stessa ricompensa".(Thomas Merton). Certamente non tutto ciò che viene definito "amore" può essere considerato vero amore. L'amore, quello vero, è quanto di più puro possa esistere...È un sentimento profondo e sincero che può esistere solo in chi, impegnandosi con tutte le sue forze, è riuscito a liberarsi da tutti i capricci e le subdole esigenze dell'"ego". Grazie, Aldo, per aver condiviso questo post eccezionale, perché veramente ricco di numerose, importanti verità che mi hanno regalato una preziosa opportunità di proficue riflessioni. Buona continuazione.
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