A lato. "En plein air" (2021), acquarello di Anna Fiore.
Tratto da “Distinguere pubblico e privato è soltanto il sintomo di una falsa coscienza” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di febbraio dell’anno 2012:
Quando
si apre l'uscio di casa non si entra nella vita privata, per la semplice
ragione che nessuna vita è "privata". La nozione di "vita
privata" nasce come conseguenza del primato dell'individuo nei confronti
della società. Un primato fondato e diffuso in Occidente dal cristianesimo che,
dopo aver introdotto il concetto di "anima", intesa come principio
dell'identità individuale, assegna alla salvezza dell'anima, che si raggiunge
individualmente e non collettivamente, il primato rispetto a tutti gli altri
scopi della vita: "Porro unum est necessarium serbare animam (l'unica cosa
davvero necessaria è salvare l'anima)". Prima dell'avvento del cristianesimo,
come riferiscono gli antropologi, in tutte le popolazioni vigeva il principio
del primato della comunità rispetto ai singoli individui, primato che Platone e
Aristotele teorizzano sulla base del fatto che, essendo l'uomo un animale
sociale (zõon politikón), non si è uomini se non in quanto membri di una
comunità (pólis). Ciò comporta una perfetta coincidenza tra etica e politica
che verrà spezzata dal cristianesimo, per il quale i percorsi etici che
conducono alla salvezza dell'anima individuale non coincidono necessariamente
con le regole che una comunità si assegna. Si consuma così la separazione tra
individuo e società. All'individuo il compito di conseguire la propria salvezza
e alla società il compito di rimuovere gli ostacoli che si frappongono a questa
realizzazione. In realtà non c'è alcuna azione individuale che non abbia
effetti sociali. Quando un medico, ad esempio, appellandosi alla propria
coscienza individuale, fa obiezione di coscienza, si fa carico anche delle
conseguenze della sua scelta nei confronti del paziente a cui nega un atto
medico? Davvero la sua coscienza individuale è un tribunale supremo e
inappellabile? E che tipo di coscienza è, quella che limita la propria
responsabilità al nucleo di credenze a cui si aderisce? La possiamo ancora chiamare
"coscienza", quella che non si fa carico delle sorte che gli altri
subiscono come effetto delle azioni o delle omissioni promosse da quella
coscienza? L'interesse privato di chi non paga le tasse non ha forse ricadute
sull'interesse collettivo? Con le loro liti interminabili, i coniugi che si
separano o divorziano, con frequente strumentalizzazione dei figli, si fanno
carico di quell'azione che un giorno li ha portati a generare, oppure il loro
bisogno di autorealizzazione personale mette in secondo piano la responsabilità
della crescita serena dei loro figli? (…). …non c'è proprio nulla di
"privato" nella vita degli uomini, a meno di non intendere la libertà
personale come un diritto di revocabilità di tutte le scelte. Un concetto,
questo, oggi molto diffuso, che fa coincidere la libertà con l'assoluta
irresponsabilità nei confronti di tutte le decisioni di volta in volta assunte
nella vita. "Responsabilità" significa "rispondere" degli
effetti delle nostre azioni e non solo delle intenzioni che le hanno promosse,
perché le intenzioni sono strettamente personali e private, ma gli effetti
delle azioni promosse da quelle intenzioni sono inevitabilmente pubbliche e
sociali. E non rendersene conto, oltre agli effetti disastrosi che può
determinare, è comunque sintomo di una falsa coscienza.
"Al tiranno che è in noi, non si sottomette solo la nostra ragionevolezza, ma anche la nostra coscienza".(Friedrich Nietzsche). "Le persone infliggono dolore agli altri nel perseguimento egoistico della propria felicità e soddisfazione".(Dalai Lama). "La morale non è nulla più che la regolarizzazione dell'egoismo".(Jeremy Benthan). "L'egoismo si erige contro l'amore".(Richard Gutzwiller). "La forma di egoismo più intelligente è l'altruismo".(Jacques Attali). "In verità l'altro è il tuo io più sensibile, trasferito in un altro corpo".(Khalil Gibran). "La coscienza è la misura dell'onestà dell'egoismo. Ascoltala attentamente".(Richard Bach). Grazie, Aldo, per questo post che considero importantissimo e molto coinvolgente, in quanto particolarmente vicino alla sfera del mio sentire e delle mie scelte di pensiero e di vita... Ritengo, comunque, che la sensibilità, l'empatia, il cuore, forse più e meglio della ragione, possano aiutare l'individuo ad ascoltare la voce della coscienza, spezzando le catene del proprio "ego" e mettendo in moto quella forza di volontà che sicuramente gli consentirà di agire, facendo scelte responsabili e favorevoli, anche e soprattutto, al bene degli altri. Buona continuazione.
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RispondiEliminaSempre attuale e terapeutica la rilettura di questo post veramente singolare... Grazie.
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