Alla carissima amica A. M. che proprio stamane su WhatsApp
mi chiedeva del mio sostegno (?) al novello “salvatore” della italica terra,
rispondevo: “Il Draghi non mi ha mai entusiasmato e non mi entusiasma nella
occasione. Non dimentico il suo ruolo nella tragedia greca. È pur sempre l’ometto
della finanza internazionale. Donde… Ciao”. Giusto per ricordare chi sia stato
questo “salvatore” della italica terra, riporto quanto ha oggi scritto – per ricordarlo
agli immemori - il sociologo Domenico De Masi in “Con Draghi al governo diremo addio al welfare”, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano”: Il 23 febbraio 2012, mentre la Grecia era al collasso e il mondo intero
versava in una crisi globale, Mario Draghi dichiarò al Wall Street Journal: “Quel
che si profila in Grecia è un nuovo mondo che abolirà il vecchio regime e ci
libererà dei sepolcri imbiancati. All’esterno paiono belli ma dentro sono pieni
di ossa di morti e di ogni marciume. Lo stato sociale è morto”. Lo stato
sociale era quello inaugurato nel 1945 dal governo laburista inglese e
impostato tre anni prima dal sociologo William Beveridge, secondo cui “il
welfare aiuta a liberare la società da quattro mostri: bisogno, malattia,
ignoranza e squallore”. Sappiamo bene, purtroppo, come sia andata alla
Grecia. Tratto da “Mario santo subito:
mangia addirittura con sua moglie” di Selvaggia Lucarelli, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” di oggi venerdì 5 di febbraio 2021: Ricorderete forse l’agiografia
del leader delle sardine Mattia Santori, quella che “La sua presenza in
televisione, il suo tenere testa ai lupi della politica”, “i suoi occhi
stanchi”, “un senso di appartenenza a una dimensione sardinica”. Beh, se
eravate convinti che nulla potesse superarla per retorica e ridondanza, ho una
buona notizia da darvi: i titoli e gli editoriali su Mario Draghi, in questi
giorni, non solo battono il santino di Santori, ma sono roba da sbiadire
l’aureola pure a San Francesco D’Assisi. Si legge di tutto. Mi soffermerei, per
iniziare, dalle parole commoventi sulle sue origini, lette su un noto
quotidiano: “Mario Draghi un forte legame con il Veneto, in particolare con
Padova: proprio all’ombra del Santo, infatti, è nato il padre Carlo”. Cioè, il
padre non è nato semplicemente a Padova, ma proprio con Sant’Antonio che gli
faceva ombra, magari con un ombrellino cinese. E poi pensate, Mario non era un
ragazzo qualunque che giocava a basket, no, “la scintilla tra il Premier Mario
Draghi e il basket è scoccata sui banchi di scuola”. Un colpo di fulmine proprio.
A un certo punto ha dovuto scegliere tra Goldman Sachs e NBA. Giancarlo
Magalli, suo ex compagno di scuola al liceo, perseguitato da tutti i cronisti
da giorni perché fornisca prove della precoce santità di Mario, perché dica
qualcosa tipo: “A scuola moltiplicava banchi e matite”, farfuglia imbarazzato
“era simpatico e intelligente”. Poi, comprensibilmente, ieri sbotta: “Cosa
vogliono che dica? Sono passati 60 anni. Ora mi inventerò qualcosa, dirò che si
presentava in classe con un furetto sulle spalle che sapeva fare le
moltiplicazioni”. Ma la narrazione modesta, realistica dei cronisti si
arricchisce di altri imperdibili passaggi. La moglie, manco a dirlo, è
“defilata”, un passo indietro. Scrivono: “Nonostante gli importanti ruoli
ricoperti da Draghi nel corso della sua carriera, la coppia vive di semplicità:
virale, infatti, era diventato lo scatto — era il 2015 — dove i due si
scambiavano tenerezze tra gli scaffali di un negozio d’animali sull’Anagnina,
Roma sud, mentre compravano dei croccantini per il loro bracco ungherese.”. Ma
tu pensa. Nonostante Mario Draghi sia Mario Draghi, esce con la moglie, che
invece è chiaramente una perdigiorno. Si ricorda anche di nutrire il cane.
Magari pure due carezze ogni tanto. Che uomo semplice, Mario. La semplicità dei
grandi. E ancora, sempre sulla moglie: “Una volta allentò la rigidissima regola
del low profile, irrinunciabile per suo marito SuperMario” e “Lei è compagna
fiduciosa e discreta, mentre lui punta su studio e formazione”. Insomma, lui
laborioso, lei fancazzista. Ma attenzione, perché la signora Draghi, secondo i
giornali, si riprende prepotentemente la scena nel 2018. Secondo un quotidiano,
che riporta fedelmente l’irresistibile aneddoto, in quell’anno rispose a un
cronista: “Mio marito non farà un governo, non è un politico”. E fin qui. A
quel punto, racconta il cronista, arrivò il marito e la interruppe: “Dai, sta’
zitta”. Che uomo, che maschio alfa. Che aneddoto indispensabile. Poi c’è il
giudizio di Matteo Renzi, che ieri alla Cnbc diceva con il suo impareggiabile
inglese: “Draghi premier? He’s the bAst, the bAst, the bAst”, sottintendendo
“after me”, ovviamente. E poi i titoli, da “Mario Draghi avrà un bravo
portavoce: sé stesso” a “Le bimbe di Mario Draghi”, con tanto di commento sulle
sue fan adoranti così descritte: “per il momento con circa un migliaio di
follower, già ‘innamorate’ delle ‘rughette’ dell’ex presidente della Bce!”.
Delle deficienti, insomma. Ma SuperMario è schivo, non ama i social, e allora
ecco lì il titolo: “Il mondo del web lo reclama: ‘Whatever it takes’”. Infine,
una testimonianza di quelle che cambiano la storia: Alvise Cappello, cugino di
Maria Serenella e dentista “di fiducia” di Mario Draghi, viene interpellato in
quanto parente della moglie, appunto. E lui: “Com’è nella vita privata?
Scherzando mi viene da dire che è il prototipo del banchiere centrale in quanto
persona pacata e riservata, ma posso assicurarvi che è piacevolissimo passare
anche solo una serata insieme a lui”. La dichiarazione viene mandata subito in
stampa, roba da far accapponare la pelle. SuperMario, a tavola, è piacevole.
Non rutta, non tira su il brodo col fischio, non si passa il coltello tra i
denti, consente perfino alla moglie di mangiare in sua presenza. Come direbbe
Renzi: shock.
Nessun commento:
Posta un commento