"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 15 giugno 2023

MadreTerra. 10 Luca Tortolini: «A che cosa serve un albero? A nulla, un albero non serve a nulla».


Ha scritto il meteorologo Luca Mercalli in “Questa nuova siccità calda” pubblicato sul periodico mensile “Millennium” del mese di maggio 2023: Dai Pirenei alle Dolomiti la carta della siccità Europea del servizio satellitare Copernicus mostra una fascia di colori giallo-rossi. È dalla fine del 2021 che su questa regione piove pochissimo. Il polo del secco in Italia è il Piemonte.

A Torino, dove disponiamo di una delle più lunghe serie nazionali di misura delle precipitazioni iniziata nel 1802, sono caduti nei 17 mesi da dicembre 2021 ad 'aprile 2023 solo 367 millimetri, il 32 per cento della media per lo stesso periodo che dovrebbe essere di 1150. È la siccità peggiore in duecentovent'anni, e spazza via il record precedente sullo stesso intervallo di 17 mesi, pari a 542 millimetri nel 1816-18, causa della "carestia che aveva ridotto a miserevole stato il Piemonte", come narra don Giovanni Bosco nelle sue Memorie biografiche. Ma allora si trattava di siccità fredde, quelle di oggi sono siccità calde. Sempre a Torino, ma è così pure in tutta Europa occidentale, la temperatura media del 2022 è stata la più elevata di sempre generando il record assoluto di annata caldo-secca. Il 1817 ebbe invece una temperatura media di 2,4 gradi inferiore al 2022. Più fa caldo più l'acqua evapora in fretta dai suoli e dalla vegetazione e meno dura la neve in montagna. Quindi lo stress idrico per l'agricoltura e le attività umane a parità di pioggia peggiora con l'aumento della temperatura. Di neve sulle Alpi ne è caduta pochissima sia nell'inverno 2021-22 sia nel 2022-23, con il risultato che la riserva idrica disponibile per i mesi estivi è stata minima; a metà aprile 2023 il deficit sulle Alpi era del 66 per cento e solo sulle Alpi Giulie nevicate di primavera hanno portato il manto nevoso a superare i tre metri. Ed è così che il Po ha visto già nel luglio 2022 la sua portata minima storica di 104 metri cubi al secondo, circa un decimo del normale, il che ha permesso alle acque salate dell'Adriatico di penetrare nelle terre del delta fino a 40 chilometri, il cosiddetto "cuneo salino" che ha reso salmastri pozzi e canali, disturbando agricoltura e acquedotti tra Rovigo e Ravenna. Ci sono dunque tutti i presupposti per una seconda estate di carenza idrica su Alpi e pianura padana, mentre al contrario il centro-sud Italia è stato interessato da piogge invernali e primaverili che hanno riempito gli invasi e rimpinguato le falde. L'attribuzione di questa situazione meteorologica anomala ai cambiamenti climatici generati dalle attività umane è complessa. Da un lato l'aumento della temperatura è un sintomo inequivocabile del riscaldamento globale e rende pertanto inedita la situazione combinata di "siccità calda" a scala plurimillenaria. Invece dal punto di vista della durata del periodo senza piogge significative è più difficile avere un riferimento certo precedente alle misure pluviometriche. Esistono numerose cronache qualitative, ma si sa che la descrizione soggettiva in mancanza di strumenti di osservazione può risultare ambigua. Prendiamo di nuovo la siccità del 1816 per la quale abbiamo sia i dati pluviometrici sia la cronaca del don Bosco nelle contrade astigiane: "I raccolti dell'annata andarono falliti per il gelo sopravvenuto fuori di stagione e per una terribile ed ostinata siccità. I campi, ove erano state seminate le biade, i prati, gli alberi di frutta, presentavano al riguardante uno spettacolo di desolazione. [...]. Si trovarono persone morte nei prati colla bocca piena di erba, con cui avevano tentato di acquetare la rabbiosa fame". Ebbene, pur essendo la siccità 2022-23 ancora più drastica sul piano meteorologico, gli effetti economici e sociali sono stati immensamente meno drammatici rispetto a due secoli prima, grazie alla tecnologia e all'energia fossile: potenti pompe elettriche e trattori a gasolio hanno sostituito i pozzi con i secchi sollevati a mano, dighe e canali hanno portato l'acqua dove era scarsa, i mulini e i magli vanno ora a elettricità e non più a forza idraulica, i commerci a vasto raggio hanno sopperito alla diminuzione locale di raccolti, così non c'è stata ombra di carestia, soltanto flessioni economiche nei comparti agricoli. Andiamo alla siccità più lunga ancora del 1733-34, una delle più citate in Italia nord-occidentale. Padre Arcangelo da San Giorgio, guardiano al convento di San Francesco del Sacro Bosco di Ozegna, tra Torino e Ivrea, riferisce: "Abbiamo passato nove mesi e mezzo senza mai vedere pioggia, e cioè dal principio di agosto del 1733 sino al dodici di maggio 1734 [...]. Ridotti in stato di estrema penuria erano questi miseri popoli, non sapendo più ove dare del capo per provvedersi da vivere, per non morirsene di fame. Alcuni facevano bollire il fieno secco, e di questo, non altrimenti che bestie, si alimentavano ... ". Padre Arcangelo specifica che l'autunno del 1733 fu "sereno, secco e freddo", e fu seguito da un inverno "lungo e ancora più rigido, senza pioggia o neve", così che "si camminava sempre per polvere". Difficile stabilire se siano stati nove mesi completamente privi di precipitazioni o se la descrizione abbia sorvolato su episodi modesti che oggi non sfuggirebbero agli strumenti. (…). Di seguito, “Ma a cosa servono gli alberi?”, racconto di Luca Tortolini pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di giugno ultimo: A che cosa serve un albero? Mi è stato chiesto qualche tempo fa. Nel rispondere non avevo dubbi. Un albero non serve a nulla. Spero di non essere frainteso: non possiamo vivere senza alberi. Era posta male la domanda. L'albero non dovrebbe essere al servizio di niente e nessuno. L'albero è. Vive attivamente, e nel suo vivere e vegetare tutti noi ne riceviamo beneficio. Dico albero ma intendo gli alberi. Oltre al beneficio (assorbono anidride carbonica e producono ossigeno, regolano il clima abbassando la temperatura) dall'albero riceviamo altre cose: il materiale da costruzione, una fonte di energia, la cellulosa per farci la carta. Sembra che non si possa vivere senza un qualche tipo di sfruttamento (vegetale, animale e minerale). Allora forse bisognerebbe pensare a uno sfruttamento sostenibile, se questo voglia dire qualcosa, nel senso che sia veramente fattibile. Qualche anno fa, eravamo di ritorno dal Festival Europeo del Libro per Ragazzi di Saarbriicken in Germania, e abbiamo fatto scalo a Monaco. Per qualche ora, siamo andati a visitare la città, io e una amica illustratrice. Abbiamo girato tutto velocemente con una persona del posto che ci diceva questo e quello (lì Hitler ha fatto la sua prima conferenza, da quella finestra Michael Jackson ha mostrato il suo bambino alla folla), avevo un mal di testa incredibile, facevo fatica a camminare. Ci ha portati poi in un giardino, allo Hofgarten, e fin da subito ho avvertito un sollievo. La schiera di alberi, con il loro gioco di luce e ombra, gli odori, i rumori mi hanno immediatamente fatto sentire meglio. Effetto Brufengarden l'ho chiamato. Rettifico la mia risposta. A che cosa serve un albero? A curare il mal di testa. Ho vissuto a Roma per tanti anni. E ho cambiato diverse abitazioni. In una mi affacciavo su un altro palazzo. Uscivo sul terrazzo e vedevo un palazzo a destra e uno a sinistra. Cercavo di scorgere non solo la vita dietro ai vetri delle abitazioni, ma anche le piante e i fiori. Ce n'erano pochi. Di alberi nemmeno l'ombra. Qualche piantina da davanzale e da terrazzino. Be', mi sentivo soffocare. Dovevo uscire e andare a Villa Pamphilj o a Villa Borghese. Ritrovavo l'energia. A che cosa serve un albero? A farti respirare e ritrovare energia. A Villa Borghese ci andavo anche in compagnia. Oppure ci davamo appuntamento lì. C’erano due posti, sopra al galoppatoio e vicino al laghetto, dove sotto la chioma di un grande pino domestico e di un altro albero di cui non saprei indicare il nome mi son baciato con più di una ragazza. A che cosa serve un albero? Serve per baciarti con chi vuoi. Ora vivo a Macerata. Vado spesso alla vicina Abbadia di Fiastra. È un edificio monastico completato nel 1200 dai monaci cistercensi. Tutto intorno si estende la riserva naturale. Ci sono alcuni dei miei alberi preferiti sotto i quali mi siedo per lavorare o leggere. A che cosa serve un albero? Serve per lavorare meglio e leggere un libro. C'è una scena nel romanzo Il soccombente di Thomas Bernhard dove Glenn Gould, il genio del pianoforte, esce di casa, prende un'ascia e una sega e abbatte un frassino di mezzo metro di diametro, da solo. Lo sega a piccoli pezzi e lo accatasta contro il muro della casa. Perché lo fa? Perché dice che gli impedisce di suonare. Più tardi, tornato al pianoforte, comunica ai suoi due coinquilini che poteva fare a meno di abbatterlo, bastava tirare le tende e abbassare la serranda. Il genio, fa dire Bernhard al narratore del romanzo, elimina immediatamente l'ostacolo che ha davanti, con forza e risolutezza. Non viene detto perché l'albero impediva a Glenn Gould di suonare. Ho provato a spiegarmelo: perché un albero, il frassino di Glenn Gould, è di una bellezza e perfezione difficilmente raggiungibile. La presenza di un albero può creare disagio. La sua vita lenta e apparentemente eterna non è toccata dalle inquietudini del nostro vivere quotidiano: il problema dei rapporti umani, le complicazioni dell'amore e del lavoro, della malattia e della morte. La presenza di un gigante vegetale può farti provare la precarietà della propria condizione umana. L'inutilità di ogni faticosa ambizione artistica o il raggiungimento di qualsiasi posizione di potere. Ci dicono che siamo brutti e belli. Ci dicono che siamo fragili e passeggeri. E nel dirlo ci riposizionano. Per questo, quando facciamo una passeggiata tra gli alberi il nostro cuore si calma, le preoccupazioni si alleviano, i livelli di serotonina si alzano. Ritorniamo in pace con gli altri e il mondo. Per lo meno fino a quando siamo tra gli alberi. Ma vivere in città è un altro discorso. Gli alberi dobbiamo proteggerli, dobbiamo prendercene cura e recuperare un rapporto con la natura. A che cosa serve un albero? A nulla, un albero non serve a nulla.

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