“Il pelo, non il vizio”, favoletta politicamente scorretta di
Andrea Camilleri: In Iliata ci fu un Cavaliere che, in pochi anni, accumulò una fortuna
immensa. Un giorno alcuni magistrati cominciarono a interessarsi dei suoi
affari. E cominciarono a piovergli addosso accuse di falso, corruzione,
concussione, evasione fiscale e altro ancora. Arrivarono le prime sentenze di
condanna. Il Cavaliere, attraverso i suoi giornali, le sue televisioni, i suoi
deputati (aveva fondato un partito), scatenò una violenta campagna contro i
magistrati che indagavano su di lui accusandoli d’esercitare una giustizia di
parte. Lui stesso si definì un perseguitato politico.Tanto
fece e tanto disse che molti iliatesi gli credettero.Poi
un giorno (come capita e capiterà a tutti), morì.Nell’aldilà venne fatto trasìre
in una càmmara disadorna. C’era un tavolino malandato darrè il quale, sopra una
seggia di paglia, stava assittato un omino trasandato.«Tu
sei il Cavaliere?», spiò l’omino.«Mi consenta», fece il Cavaliere irritato
per quella familiarità. «Mi dica prima di tutto chi è lei».«Io
sono il Giudice Supremo», disse a bassa voce l’omino.«E io
la ricuso!», gridò pronto il Cavaliere che aveva perso tutto il pelo, la carne,
le ossa, ma non il vizio.
Di seguito, “Il bunga bunga e la fine di un regno” di Eugenio Scalfari
pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 31 di ottobre dell’anno 2010: Le
recenti cronache dell'Italia berlusconiana che raccontano l'ennesimo scandalo
ormai generalmente etichettato "bunga bunga" mi hanno lasciato al
tempo stesso indifferente e stupefatto. L'indifferenza deriva dal fatto che
conosco da trent'anni Silvio Berlusconi e sono da tempo arrivato alla
conclusione che il nostro presidente del Consiglio rappresenta per molti
aspetti il prototipo dei vizi italiani, latenti nel carattere nazionale insieme
alle virtù che certamente non mancano. Siamo laboriosi, pazienti, adattabili,
ospitali. Ma anche furbi, vittimisti, millantatori, anarcoidi, insofferenti di
regole, commedianti. Egoismo e generosità si fronteggiano e così pure
trasformismo e coerenza, disprezzo delle istituzioni e sentimenti di
patriottismo. Berlusconi possiede l'indubbia e perversa
capacità di aver evocato gli istinti peggiori del paese. I vizi latenti
sono emersi in superficie ed hanno inquinato l'intera società nazionale
ricacciando nel fondo la nostra parte migliore. È stato messo in moto un vero e
proprio processo di diseducazione di massa che dura da trent'anni avvalendosi
delle moderne tecnologie della comunicazione e deturpando la mentalità delle
persone e il funzionamento delle istituzioni. Lo scandalo "bunga
bunga" non è che l'ennesima conferma di questa pedagogia al rovescio.
Perciò non ha ai miei occhi nulla di sorprendente. Da quando avviò la sua
attività immobiliare con denari di misteriosa provenienza, a quando con
l'appoggio di Craxi costruì il suo impero televisivo ignorando le ripetute
sentenze della Corte costituzionale, a quando organizzò il partito-azienda
sulle ceneri della Prima Repubblica logorata dalla corruzione diventata sistema
di governo. A sua volta, su quelle ceneri, il berlusconismo è diventato sistema
o regime che dir si voglia: un potere che aveva promesso di modernizzare il
paese, sburocratizzarlo, far funzionare liberamente il mercato, diminuire
equamente il peso fiscale, sbaraccare le confraternite e rifondare lo Stato. Il
programma era ambizioso ma fu attuato in minima parte negli otto anni di
governo della destra ai quali di fatto se ne debbono aggiungere i due
dell'ultimo governo Prodi durante i quali il peso dell'opposizione sul paese fu
preponderante. Ma non solo il programma rimase di fatto lettera morta, accadde
di peggio. Accadde che il programma fu contraddetto. Il sistema-regime è stato
tutto fuorché una modernizzazione liberale, tutto fuorché una visione coerente
del bene comune. Per dieci anni l'istituzione "governo" ha perseguito
il solo scopo di difendere la persona di Berlusconi dalle misure di giustizia
per i molti reati commessi da lui e dalle sue aziende prima e durante il suo
ingresso in politica. Nel frattempo l'istituzione "Parlamento" è
stata asservita al potere esecutivo mentre il potere giudiziario è stato
quotidianamente bombardato di insulti, pressioni e minacce che si sono anche
abbattute sulla Corte costituzionale, sul Csm, sulle Autorità di garanzia e sul
Capo dello Stato. Il "Capo" e i suoi vassalli hanno tentato e tentano
di costruire una costituzione materiale incardinata sul presupposto che il Capo
deriva la sua autorità dal voto del popolo ed è pertanto sovra-ordinato
rispetto ad ogni potere di controllo e di garanzia. Questa situazione ha avuto
il sostegno di quell'Italia che la diseducazione di massa aveva privato d'ogni
discernimento critico e che vedeva nel Capo l'esempio da imitare e sostenere. Il
cortocircuito che questa situazione ha determinato nel carattere di una certa
Italia ha fatto sì che Berlusconi esibisca i propri vizi, la propria ricchezza,
la sistematica violazione delle regole istituzionali e perfino del buongusto e
della buona educazione come altrettanti pregi. Non passa giorno che non si
vanti di quei comportamenti, di quella ricchezza, del numero delle sue ville,
del suo amore per le donne giovani e belle, dei festini che organizza "per
rilassarsi", degli insulti e delle minacce che lancia a chi non inalbera
la sua bandiera. E non c'è giorno in cui quell'Italia da lui evocata e imposta
non lo ricopra di applausi e non gli rinnovi la sua fiducia. Lo scandalo
"bunga bunga" è stato l'ennesima riprova di tutto questo. La
magistratura sta indagando sugli aspetti tuttora oscuri di questa incredibile
vicenda della quale tuttavia due punti risultano ormai chiari e ammessi dallo
stesso Berlusconi: la sua telefonata al capo gabinetto del Questore di Milano
nella quale chiedeva il pronto rilascio della minorenne marocchina sua amica
nelle mani "sicure" di un'altra sua amica da lui fatta inserire da
Formigoni nel Consiglio della Regione lombarda, e l'informazione da lui data
alla Questura che la minorenne in questione era la nipote del presidente
egiziano Mubarak. Queste circostanze ormai acclarate superano ogni
immaginazione e troverebbero adeguato posto nell'ultimo romanzo di Umberto Eco
dove il protagonista ricalca per alcuni aspetti "mister B" per le sue
capacità d'inventare il non inventabile facendolo diventare realtà. La cosa
sorprendente e stupefacente non è nella pervicacia con la quale Berlusconi
resta aggrappato alla sua poltrona e neppure la solidarietà di tutto il gruppo
dirigente del suo partito e della sua Corte, che fa quadrato attorno a lui ben
sapendo che la sua uscita di scena sarebbe la rovina per tutti loro. La cosa
sorprendente è che - sia pure con segnali di logoramento e di sfaldamento - ci
sia ancora quella certa Italia il cui consenso nei suoi confronti resiste di
fronte alla grottesca evidenza di quanto accade. Questo è l'aspetto
sorprendente, anzi sconvolgente, che ci dà la misura del male che è stato
iniettato e coltivato nelle vene della società e questo è il lascito, il solo
lascito, di Silvio Berlusconi. Sua moglie Veronica, in una lettera pubblicata
un anno e mezzo fa, lo scolpì in poche righe, stigmatizzò l'uso che il marito
faceva del potere e delle istituzioni, i criteri di reclutamento della
"sua" classe politica imbottita di "veline" e di attricette
che avevano "ceduto i loro corpi al drago" e concluse scrivendo:
"Mio marito è ammalato e i suoi amici dovrebbero aiutarlo a curarsi
seriamente". Quello che sta accadendo lo dimostra e lo conferma:
quest'uomo è gravemente ammalato, l'attrazione verso donne giovani e
giovanissime è diventata una dipendenza che gli altera la mente e manda a pezzi
i suoi freni inibitori. Dovrebbe esser seguito da medici e da psico-terapeuti
che lo aiutassero a riprendersi; ma sembra di capire che sia seguito da persone
reclutate con tutt'altro criterio: quello di immortalare le apparenze della sua
giovinezza in tutti i sensi. Ma così non fanno che aggravare il male. È ormai
evidente agli italiani normali e normalmente raziocinanti, il cui numero sta
fortunatamente aumentando, che questa situazione non può continuare. In
qualunque altro paese dell'Occidente democratico sarebbe terminata da un pezzo
per decisione dello stesso interessato e del gruppo dirigente che lo attornia.
Ma qui le cose vanno in un altro modo e sappiamo perché. Tra lui e i suoi
accoliti, uomini e donne che siano, esistono vincoli che non si possono
sciogliere perché ciascuno di loro (quelli che contano veramente) ha le sue
carte sul Capo e lui ha le sue carte su tutti gli altri. Così per Previti, così
per Dell'Utri, così per Scajola, così per Verdini, così per Brambilla ed altri
ancora. A questo punto tocca a tutti coloro che ritengono necessario ed urgente
porre fine al "bunga bunga" politico, costituzionale e istituzionale,
staccare la spina. Presentare una mozione di sfiducia che vada da Bersani a
Fini e da Casini a Di Pietro, che abbia la funzione che in Germania si
chiamerebbe "sfiducia costruttiva". Esponga cioè il programma che
quell'arco di forze vuole attuare subito dopo che la sfiducia sia stata
approvata (…). Uno sbocco di questo genere sarebbe estremamente positivo per il
paese e dovrebbe essere guidato da qui alla fine naturale della legislatura da
un "Mister X" che abbia le caratteristiche e la competenza necessaria
al recupero dei valori etici e politici che la Costituzione contiene nella sua
prima parte, ammodernandola nella seconda in conformità alle esigenze che una
società moderna richiede. Noi riteniamo che questo percorso vada intrapreso al
più presto anche per riconciliare con le istituzioni un paese stanco e
disilluso dal tristissimo spettacolo che è sotto gli occhi di tutti. Non si
tratta di utilizzare lo scandalo della minorenne marocchina strumentalizzandolo
per fini politici. Si tratta invece di metter fine ad una rovinosa gestione
governativa del "non fare" e del "malfare", che non è
riuscito ad aprire un cantiere, a sostenere i consumi e il potere d'acquisto, a
recuperare un centesimo di avanzo nel bilancio delle partite correnti, ad
invertire il trend negativo dell'occupazione, a fare un solo passo avanti nella
buona riforma della giustizia e del federalismo. Infine a smantellare la
"cricca" che da quindici anni non fa che rafforzarsi prendendo in
giro i gonzi con il racconto d'una improbabile favola a lieto fine. La storia
italiana ha visto più volte analoghe "cricche" al vertice del paese.
Quando ciò è accaduto, la favola è sempre terminata male o malissimo. L'esperienza
dovrebbe aiutarci ad interrompere questo percorso in fondo al quale c'è
inevitabilmente la rovina sociale e il degrado morale.
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