"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 27 settembre 2022

Notiziedalbelpaese. 98 «Renato Schifani, ovvero uno dei campioni di quel centrodestra che, dai posti di comando, decennio dopo decennio ha prodotto l'astensionismo siciliano».

 

A lato. "Santuario di Capo d'Orlando" (2022), acquerello di Anna Fiore.

Sivoltipagina”. Se oggigiorno, con la Sicilia ha battuto qualsivoglia record nell’astensionismo elettorale (ben oltre il 50%), si volesse conoscere un po’ della astensionista regione, quel po’ che fuoriesca però dai patinati depliant turistici, farebbe bene, se ancora in possesso, rileggere la brevissima “cronaca” che di seguito si riporta - “A Milazzo c’è un fantasma” - scritta da quel viaggiatore professionale ed incallito che risponde al nome e cognome di Bernardo Valli, pubblicata sul settimanale “L’espresso” del 13 di agosto dell’anno 2017.

Fatti i calcoli, un quinquennio o lustro - che dir si voglia - addietro. Da quel tredici di agosto cosa mai sarà cambiato? Le “cronache” incendiarie e non di questa ultima torrida stagione non lasciano speranza alcuna. In tutte le estati della gattopardesca terra roghi e quant’altro hanno fatto da degna cornice ad una terra imperturbabile nelle sue genti ed immobile. Ha scritto Bernardo Valli: Appena arrivi in Sicilia, superata Messina, capiti in una stazione fantasma. Vale a dire deserta. Disertata. Non un’anima viva. Persino le voci degli altoparlanti sembrano registrate. Suonano meccaniche. Sono di origine misteriosa, poiché nulla si muove nell’edificio massiccio e accecato, un tempo forse animato da capistazione, vice capistazione, ferrovieri e impiegati. Tutti fuggiti, licenziati, dispersi. La loro sorte mi è sconosciuta. Una volta c’era anche un bar, nel quale sostavano i passeggeri discesi dai treni in arrivo da Roma, da Napoli, con l’obiettivo di raggiungere le spiagge siciliane o le Eolie. Da Milazzo, dove è la stazione fantasma, partono gli aliscafi diretti nell’arcipelago delle sette isole: Vulcano, Lipari, Panarea, Alicudi... Promosse dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma private di una normale, civile stazione ferroviaria nell’attigua isola madre, che è la loro terra ferma. Impossibile dissetarsi. Sulle porte chiuse dello spaccio ci sono ancora, un po’ ingiallite, le pubblicità dei gelati un tempo in vendita. Non un giornale. Non un francobollo. All’arrivo come alla partenza non c’è un portabagagli che ti aiuti a salire e a scendere le scalinate ripide del sottopassaggio. Non c’è un autoctono o un immigrato in buona salute che abbia bisogno di un’occupazione, e che potrebbe essere di dignitoso e grande aiuto agli anziani e a chi ne ha bisogno. Le valigie diventano le croci di un incruento calvario. La provincia conosce dunque il pieno impiego, nonostante le statistiche e i giovani che tendono la mano nel vicino centro di Milazzo. Un’autorità misteriosa vieta qualsiasi attività nella stazione. La discesa nel sottopassaggio e poi la risalita assomigliano a una penitenza per villeggianti provenienti da un altro mondo, dove le stazioni hanno ascensori e scale mobili. La stazione degli spettri annuncia da Milazzo una Sicilia deserta che non esiste. È il residuo della scena di un thriller. È un frammento di Sicilia abbandonato anche dalla polizia. Non un agente in vista. Anche se un altoparlante risuona puntuale, notte e giorno, avvertendo i viaggiatori che un’invisibile polizia ferroviaria veglia sulla loro sicurezza. Il “grande fratello” annidato in chissà quale ufficio, distante chilometri da Milazzo, è generoso in consigli: non perdete di vista i bagagli. Quando prendi un treno per il Nord o per Palermo a tarda sera guardi il buio vuoto in cui sei immerso con una certa preoccupazione. Le lontane luci di una raffineria diventano sinistri segnali. Potrebbero essere fuochi fatui. Mi dicono che in giornata la stazione sia terreno di caccia per una fauna abituale e spesso molesta, soprattutto con le ragazze non accompagnate e con i turisti stranieri. Avevano promesso di fare il ponte sullo Stretto di Messina. L’avevano già disegnato. E avevano assunto un certo numero di personale tecnico. L’avanguardia di una grandiosa realizzazione. L’ennesimo progetto si è sgonfiato. È invece prevalso un altro programma. Più semplice, meno costoso e meno faticoso. Hanno svuotato una stazione a qualche chilometro, sulla sponda siciliana. Ne hanno fatto un desolato ingresso nell’isola in cui rassegnazione e indignazione convivono. Il megaponte, in competizione per lunghezza con quello di Nanchino, è finito tra le fandonie della politica nazionale. La realtà è la stazione fantasma. Nell’attesa di un treno, a Milazzo, mi capita di pensare a Guido Morselli, autore di “Roma senza papa”, uno scrittore che abbiamo amato quando era ormai morto. Da vivo non aveva trovato un editore disposto a pubblicare i suoi romanzi. Morselli racconta che nell’Italia in cui il pontefice ha abbandonato il Vaticano per rifugiarsi a Zagarolo, si pensa che per sviluppare il Meridione bisogna affidarsi ai gesuiti. I quali, per creare l’atmosfera favorevole a una crescita economica, piantano pinete, campi di tulipani, e tanti altri prodotti della flora nordica nelle contrade del Sud. E riescono nell’impresa. I gesuiti di Morselli avrebbero importato nella stazione di Milazzo capistazione, ascensori, scale mobili e agenti della polizia ferroviaria. Orbene, tornando alla Sicilia “immobile” il giorno appresso allo sfoglio delle elezioni regionali, con quel po’ po’ di astensionismo registrato, salta evidente all’attenzione dei più quel titolo che appare in alto, sulla prima pagina di oggi de’ “il Fatto Quotidiano”, che stentoreamente proclama: «In Sicilia le urne riportano indietro le lancette a 30 anni fa. Schifani è “il nuovo” (che avanza n.d.r.) presidente e ringrazia i vecchi amici: B., Saverio Romano, Cuffaro e Lombardo». Ci sarebbe da obiettare al valido titolista del quotidiano di Marco Travaglio che la Sicilia non si è mai mossa, stante alla “cronaca” dianzi proposta di Bernardo Valli che risale solamente ad un lustro addietro. La Sicilia è “immobile”, ma proprio “immobile” (basterebbe percorrere le sue fatiscenti autostrade, senza menzionare, per umana pietà, le condizioni delle sue strade statali e di quant’altro di suo attiene al decoro del cosiddetto bene comune) lo sarà “ab aeterno” per volontà propria dei sedicenti politici e per l’elettorato in generale.  Ha scritto a Michele Serra il lettore S. G. - del settimanale “il Venerdì di Repubblica”, sul numero del 23 di settembre ultimo - in “Perché la Sicilia è devota al cavaliere”: “Caro Serra, ho letto con grande sconcerto e senso cli vergogna, in quanto siciliano, la notizia che il signor Berlusconi ha candidato Marta Fascina a Marsala. E perché non in Lombardia? Evidentemente Berlusconi ha individuato nei marsalesi la comunità più servile e prona per fare eleggere la sua badante. Ma la cosa più sconcertante è che non ho letto né sentito reazioni indignate da parte dei marsalesi: evidentemente Berlusconi ha visto giusto”.  Ha così risposto a quel lettore Michele Serra: Caro G**, sì, Berlusconi ha visto giusto. Ma non se la prenda solo con i poveri marsalesi. La Sicilia nel suo complesso, in buona maggioranza, è devota al Cavaliere e alla destra in genere. C'è, nel nostro Mezzogiorno, una tradizione poco dignitosa, e anche molto dolorosa, di vassallaggio e di infeudamento, l'uomo ricco e potente piace perché dispensa favori e solleva dalla fatica di sentirsi una comunità di uguali, con pari diritti e pari doveri. Ma pensi, a proposito di dignità, anche a quanti meridionali hanno votato per la Lega, dopo tutti gli insulti e i "Forza Etna"... Ignoro quale sia il nesso tra la signorina Fascina e il collegio che, sicuramente, la eleggerà senza fare una piega. Ai siciliani come lei, amareggiati da una così insulsa e assurda candidatura, non resta che continuare a essere una minoranza orgogliosa. È da quella minoranza che sono usciti i Pio La Torre, i Peppino Impastato, i Pippo Fava, i Piersanti Mattarella, tutti nomi che la candidata di Marsala probabilmente ignora. Il collegio elettorale di Marsala ha approvato a pieni voti ed ha eletto parlamentare tale “signorina Fascina”. Brevissimamente, “cronaca elettorale” riportata sul quotidiano “la Repubblica” di oggi – nella edizione di Palermo – a firma di Marco Patucchi – “Il tracollo e la traversata del deserto” -: Cè un vincitore indiscusso di questa tornata elettorale nell'Isola, con percentuale stratosferica superiore anche alla media nazionale: 51,18%. È il partito dell'astensione, vale a dire quasi 2 milioni e 360mila siciliani. Alle precedenti Regionali avevano disertato i seggi ancora più persone (53,25%), ma nel 2017 non c'era il traino delle elezioni politiche nazionali che, per dire, c'era invece nell' election day del 2008 quando, infatti, l'astensione si fermò al 33%. Nessuno potrà far finta di niente di fronte a questo dato, a cominciare da Renato Schifani, ovvero uno dei campioni di quel centrodestra che, dai posti di comando, decennio dopo decennio ha prodotto l'astensionismo siciliano. Stesso discorso per l'outsider De Luca e per i 5Stelle che, numeri alla mano, non hanno intercettato per intero il voto di protesta di un territorio messo in ginocchio dalla crisi sociale ed economica. Ma è soprattutto il centrosinistra a trazione Pd a dover fare i conti con il convitato di pietra dell'astensionismo, oltre che ovviamente con la tregenda di un risultato elettorale prossimo all'estinzione. La maggior parte di quei 2,3 milioni di siciliani sono gli "ultimi", le famiglie in difficoltà, i dimenticati che non hanno neanche più il tempo e la forza di interrogarsi sul perché nessuna politica li rappresenti. Un non-voto di rassegnazione più che di protesta. Ecco, sta alla sinistra rigenerare questa comunità e, dunque, rigenerare se stessa come punto di riferimento per il riscatto. Magari affrancandosi dalla postura, diventata ormai mania, di cercare consensi nell'araba fenice del centro. Ai dem si prospetta una lunga traversata del deserto, ed è ora di mettersi in cammino per costruire, a dirla con Ken Loach, «una società migliore in cui tutti possano vivere in sicurezza e dignità, con un buon lavoro, un salario equo e buoni servizi pubblici». Niente di più e niente di meno. “Sivoltipagina”. Impossibile! Poiché non piace ai siciliani di quel 50% e più.

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