“Promemoriaelettorale”. Ha scritto Stefania
Rossini in “Sospetto” pubblicato sul
settimanale “L’Espresso” in edicola da ieri 18 di settembre 2022: Chi
tra pochi giorni voterà a cuor sereno? Chi si affiderà senza riluttanza ad
alleanze politiche tardive e improvvisate? Chi approverà l'ultimo scalo di
Calenda, i falsi sorrisi tra Meloni e Salvini, l'ammucchiata intorno a Letta?
Probabilmente tutti, perché tutti sono ormai muniti dell'unica arma che tutela
dalla delusione: il sospetto. Meno faticoso del dubbio, più prudente- della
fiducia, il sospetto consente di immaginare ogni nefandezza (raramente qualche
virtù) eliminando la fatica di scegliere. Così un candidato avrà qualche pecca
nel passato, un altro progetti nefasti per il futuro e nessuno sarà
insospettabile. Certo, in politica il sospetto ha fatto addestramento su
bersagli maestosi come Andreotti e ora deve esercitarsi su piccole stature, ma
a soccorrerlo interviene l'aiuto complottista dei social di tutta la potenza di
internet. È da lì che il sospetto si diffonde a macchia d'olio, si incontra con
le difficoltà reali delle persone e contribuisce ad alimentare la rabbia
sociale. Specialmente quando si impegna a trovare facili colpevoli come, ad esempio,
i cinesi che avrebbero inventato volutamente il Covid, a dimostrazione che, per
chi vive di sospetti, una risposta falsa è più rassicurante di una verità
scomoda. Chissà che penserebbero di questi nostri tempi quei tre grandi, Marx,
Nietzsche e Freud, che sono stati chiamati "i maestri del sospetto"
proprio perché, ciascuno a suo modo, hanno osservato senza illusioni la propria
epoca? Il primo sospettò e svelò che il vero obiettivo delle ideologie a lui_
contemporanee era quello di preservare gli interessi della classe dominante, il
secondo mostrò come fossero fragili le verità umane affidate alla coscienza, il
terzo ipotizzò la presenza di una forza che domina le azioni dell'uomo al di là
della sua volontà. Ma non dobbiamo dimenticare che il sospetto mostra la sua
faccia più emotiva nell'amore di coppia e nel timore del tradimento, animando
da sempre la grande letteratura, da Shakespeare a Diìrrenmatt, e il cinema più
o meno grande. Valga per tutti proprio "Il sospetto" di Hitchcock,
film imperdibile di 80 anni fa, del quale però sarebbe un delitto fare qui lo
spoiler. Sempre dal settimanale “L’Espresso” di ieri 18 di settembre «Quei
“moderati” che non decidono» di Massimo
Cacciari: Molti si chiederanno nel corso di questa incredibile competizione
elettorale come mai, se corriamo pericoli così esiziali, coloro che ce ne
avvertono ininterrottamente non abbiano dato vita, come sarebbe stato dovere, a
forti coalizioni. Le risposte, temo, non possono essere che le seguenti: o si
tratta di gente irresponsabile, oppure l'allarme per l'abisso in cui
precipiteremmo se il "nemico" vincesse è pura propaganda, oppure
ancora non si disponeva di alcun programma, di alcuna idea su cui fondare
l'indispensabile unità delle forze antipopuliste, antisovraniste, ecc.ecc.
Rimaneva l’anti-, come fu, per tanti versi, anche nei lunghi anni del confronto
con Berlusconi. Ancor più paradossale suona il fatto che, da un lato, si
ricorra alla retorica degli "anni decisivi", e, dall'altro, ci si
affanni ad apparire e rappresentare "i più moderati". Se l'epoca impone decisioni - il termine significa,
letteralmente, "dare un taglio'' - è evidente che il moderatismo non
funziona e occorre piuttosto preparare "salti" politici e
istituzionali. Se l'ora presente è "decisiva" si è alla sua altezza
non certo ricorrendo a vie di mezzo capaci al più di tenere in piedi questo o
quel pezzo dell'edificio. Se la crisi che attraversiamo è di sistema, non sarà
"moderando" i programmi di riforma che essa verrà affrontata. E
tantomeno con governi di "salute pubblica", deresponsabilizzanti per
loro natura. Sotto traccia, nell'infuriare di accuse demonizzanti da una parte
e dall'altra, è questa intenzione che spesso invece balena, una sorta di
inconfessabile nostalgia per governi di tutti e di nessuno, come gli unici in
grado di evitare che una parte sola sia costretta ad assumere l'onere e l'onore
di governare una situazione già drammatica e destinata a diventarlo ancora di
più. I nodi che oggi le nostre forze (sic) politiche sarebbero chiamate a
decidere risultano molto semplici da definire. Il problema ha alcune variabili
note e insindacabili: esse riguardano i vincoli posti da ordinamenti e accordi
comunitari per sostenere i nostri conti. (…). Le discussioni intorno all'ovvio
sono risibili depistaggi dell'opinione pubblica dal problema che tocca invece a
noi, al governo italiano: con quali misure fiscali, con quali politiche di
spesa e distribuzione del reddito si intende far fronte al vertiginoso aumento
del debito? Come combattere la crescita delle disuguaglianze? Come non continuare
a scaricare sul futuro dei giovani il peso della crisi? Qui occorre dare i
numeri. Riforme senza spesa non esistono. Esistono riforme che si devono
finanziare, o con riduzioni di spesa per altri settori o con politiche fiscali
adeguate. O, meglio, attraverso entrambe le vie. Dove i nostri eroi intendono
tagliare (per decine di miliardi, se la cosa ha un senso)? E quali interventi
in materia fiscale, così da poter "distribuire" a favore della
scuola, del diritto allo studio, della promozione di giovane imprenditoria?
Sulle rendite da capitale? Sul patrimonio immobiliare? Sulle tasse di
successione? Si ritiene che una patrimoniale sia pura bestemmia, oppure si
pensa che nella drammaticità della crisi essa sia, come in altri momenti della
nostra storia, praticabile? Che quegli interventi, e tutti gli altri
assolutamente necessari per difendere i ceti più deboli da inflazione e
recessione, si possano sostenere con aiuti comunitari o con l'aumento ulteriore
del debito, è criminale anche solo lasciarlo intendere. Di questo si dovrebbe
discutere in una seria campagna elettorale; queste le decisioni che davvero
starebbero a noi. Ma "i moderati" si guardano bene dall'affrontarle.
Noi stiamo saldi nel mezzo, prudenti, in attesa che "i tecnici" ci soccorrano,
chiamati dal Presidente della Repubblica, nel mezzo anche lui, da decenni
ormai, tra una forma di parlamentarismo che non funziona più e un
presidenzialismo occasionale e surrettizio, che non potrà mai funzionare.
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