"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 23 settembre 2022

Notiziedalbelpaese. 94 «Il povero Letta, ultimo giapponese che continua a ripetere il mantra: “Noi gli unici con Draghi”».

Storiedelieriedeldomani”. “Letta o non letta” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 10 di settembre 2022: (…). I giornaloni – che scambiano sempre i loro padroni, cioè tutti i poteri interni e internazionali, per il popolo italiano – raccontavano che il governo Draghi doveva durare per sempre perché così voleva la gente, e pazienza per quel piccolo inciampo delle elezioni: non si accorgevano che quel governo così amato ingrassava la Meloni, unica opposizione, e decimava i soci di maggioranza. Siccome Conte faceva notare che a settembre sarebbe arrivato lo tsunami e bisognava fare qualcosa, tutti dissero che quel disturbatore della quiete pubblica andava espulso dal consesso civile per creare i “veri 5Stelle” al seguito di Di Maio, lui sì ben sintonizzato con l’opinione pubblica, che draghianamente non pensa a cazzate tipo caro bollette, aziende che chiudono, gente che perde il lavoro o lavora in schiavitù. Il popolo – basta entrare in un bar o salire su un autobus e tendere l’orecchio – vuole nell’ordine: Draghi per sempre, qualunque cosa non faccia; Agenda Draghi; Metodo Draghi; atlantismo senza se e senza ma; sanzioni a Putin che sanzionano noi; 10 o 20 anni di guerra fino alla riconquista della Crimea; 2% di spesa militare; Grande Centro con Calenda. E teme sopra ogni cosa: populismo, sovranismo, pacifismo, reddito di cittadinanza, salario minimo, Superbonus, taglio dei parlamentari. Fu così che, dietro la promessa di collegi sicuri da parte di Letta, con la benedizione di Draghi e dei giornaloni, Di Maio si scisse dal M5S per svuotarlo, rafforzare il governo e fondare i “veri 5Stelle”: ciò che restava era il “partito di Conte”, votato all’estinzione perché notoriamente sta sulle palle a tutti gl’italiani (anche se curiosamente nei sondaggi è sempre il leader più gradito). Così rafforzato, Draghi cadde: Lega e FI non volevano più governare col M5S; il M5S voleva che facesse qualcosa per lo tsunami di settembre; e Draghi non voleva più governare con nessuno perché non sapeva che fare contro lo tsunami di settembre. In campagna elettorale, i giornaloni spiegarono subito che Conte, avendo osato far sanguinare il Sacro Cuore di Mario, era morto: stavano arrivando Grillo, Raggi e Di Battista a rimuoverne il cadavere. Letta, come sempre, ci credette e si alleò con Calenda, facendosi pure baciare, avendo letto che gl’italiani morivano dalla voglia di un Grande Centro, anzi un Terzo Polo, dato almeno al 15%. Bastava evocare il Sacro Draag e il gioco era fatto: Meloni avrebbe pagato l’opposizione al Santo, oltre alla simpatia per Orbán (altro tema in cima ai pensieri della gente). Conte, Salvini e FI sarebbero stati puniti per averGli negato la fiducia. Di Maio, con i “veri 5Stelle” contro l’estinto “partito di Conte”, li avrebbe riportati ai fasti dei bei tempi. Insomma, la maggioranza assoluta al governo CaLetta atlantista, armato fino ai denti, antipopulista e antisovranista era un gioco da ragazzi. Poi, purtroppo, la realtà s’è permessa di smentire i giornaloni. Forse perché gli italiani non li leggono, o li leggono per fare l’opposto. Calenda ha mollato Letta e sta al 5-6%, sebbene stia con Renzi o forse proprio per questo. Si rimangia l’abolizione del Rdc e invoca lo scostamento di bilancio, che quando lo chiedeva Conte era “populismo” sfascia-conti, mentre ora che lo chiede lui è un dispetto ai “populisti filo-Putin”. Letta&C. chiedono agli italiani di votare Pd e non M5S per difendere le leggi volute dal M5S e osteggiate dal Pd (Rdc, salario minimo) e cancellare quelle volute dal Pd e osteggiate dal M5S (Jobs Act, Rosatellum). E accusano Conte d’incoerenza per aver governato con la Lega e col Pd, mentre rimpiangono il governo Draghi in cui governavano (anzi governano) con la Lega e FI. Anche B. difende il Reddito e Salvini ha smesso di dire che lo abolirà. Di Maio con i “veri 5Stelle”, detti prima Insieme per il Futuro e poi Impegno Civico, veleggi intorno allo zero virgola qualcosa. E i falsi 5Stelle dell’estinto Conte? Per esser morti e rimorti diverse volte, hanno una discreta cera: i sondaggi li danno in rimonta, al 14% o chissà; tutti invocano i loro punti programmatici, ambientalismo compreso, fingendosi grillini fuori tempo massimo; il famigerato Giuseppi, detto anche “sotto la pochette niente”, quello che – stando ai giornaloni – riusciva a essere contemporaneamente servo di Putin, di Trump e di Xi Jinping – è sempre il primo leader di partito per consensi. E La Stampa, dopo averlo massacrato e seppellito, riconosce che “la sua strategia paga” per quello che gli esperti (quelli veri) chiamano “effetto Churchill”: “Vince chi si distanzia dal governo uscente”. Non da Churchill, che almeno aveva vinto la guerra mondiale, ma da Draghi, che ha fatto pochino, infatti porta sfiga a chi lo ama e lo nomina. L’unico che non l’ha ancora capito è il povero Letta, ultimo giapponese che, non bastando i disastri fin qui collezionati, continua a ripetere il mantra: “Noi gli unici con Draghi” e si fa fotografare con la Bonino, altra sfolla-urne scambiata per idolo delle masse. Quando smetterà di leggere i giornaloni, o almeno di crederci, sarà sempre troppo tardi. Di seguito, “Anche sua eccellenza Meloni farà cose buone” di Antonio Padellaro pubblicato sul mensile “Millennium” del mese di settembre: Fu venerdì 30 settembre 2022 che Giorgia Meloni salì al Quirinale per ricevere l'incarico di formare il nuovo governo. Dal punto di vista formale per Sergio Mattarella fu tutto abbastanza semplice poiché la maggioranza assoluta, conquistata nel nuovo parlamento dal blocco di centro-destra, consentì un rapido giro di consultazioni. Al termine del quale il segretario generale della Presidenza, Ugo Zampetti, poté annunciare che, per la prima volta nella storia repubblicana, una donna veniva chiamata alla guida del Paese. Era anche la prima volta che stava per prendere possesso di Palazzo Chigi la leader di un partito, Fratelli d'Italia, erede diretto (la Fiamma tricolore nel simbolo) di quel Movimento Sociale Italiano fondato dai reduci del fascismo e della Repubblica di Salò. Per festeggiare lo storico evento circa un migliaio di persone aveva gremito la piazza del Quirinale: inneggiavano a “Giorgia, Giorgia” (qua e là qualche saluto romano e qualche “Duce, Duce", subito però azzittito). Fedele a uno stile giovanile ed energico la nuova premier già il lunedì successivo si presentava davanti alle Camere, festanti, alla testa di un governo che definì "di unità patriottica e ispirato ai valori cristiani e occidentali". Punta di lancia dell'esecutivo il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Interni Matteo Salvini. Il quale, ottenuta la trionfale fiducia, volò a Lampedusa per guidare "personalmente e senza indugio alcuno" (come da comunicato a reti unificate) lo "sgombero dell'indecente rifugio dell'illegalità clandestina, tollerata dalla sinistra sconfitta favorevole alla sostituzione etnica degli italiani". Dopodiché, dalla tolda di un caccia-torpediniere (simpaticamente ribattezzato dai leghisti "Ruspa del mare") diede ordine di pattugliare le acque territoriali, da Trapani a Otranto, onde scoraggiare l'avvicinamento di qualsiasi imbarcazione sospetta. Nel frattempo, a Roma, il capo del governo avviava "sollecitamente" la riforma costituzionale del presidenzialismo che avrebbe portato alle inevitabili dimissioni di Mattarella, sostituito nelle funzioni di Capo dello Stato da Silvio Berlusconi, eletto direttamente dal popolo. Intanto, Enrico Letta, processato dal Pd per aver agevolato il successo della destra, dopo il no al patto elettorale con i 5Stelle, ritornava alla Sorbona per approfondire gli amati studi di diritto fallimentare. Negli stessi giorni la coppia del terzo polo, Calenda&Renzi firmava a quattro mani il manifesto della "pacificazione nazionale" le cui prime parole saranno: "Anche sua eccellenza Giorgia Meloni farà cose buone".

Nessun commento:

Posta un commento