“Promemoriaelettorale”. Ha scritto Marco Travaglio in “Rovinati dalle magie” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 4 di
settembre ultimo: (…). Tornano in mente le migliaia di articoli e interviste a politici
ed “esperti”, i quali giuravano che dans l’espace d’un matin le astute sanzioni
avrebbero portato la Russia al default, rovesciato Putin (sempreché non
crepasse prima per una delle sue 80 malattie mortali), costretto l’armata russa
alla resa e restituito a Zelensky l’intera Ucraina (Crimea inclusa). Sembra
ieri che Letta oracolava al Corriere: “Le sanzioni sono le più dure mai
comminate… veramente devastanti… e in qualche giorno porteranno al collasso
l’economia russa, che finirà in ginocchio. Gli effetti stanno già arrivando”
(5.3). In qualche giorno, come no: dopo sei mesi, gli unici a rischiare il
collasso sono Germania e Italia. Il 6.4 i portavoce di Draghi passavano una
velina ai giornalisti, perché non lo aggredissero troppo in conferenza stampa:
il Financial Times aveva scoperto che “è stato Draghi a prendere l’iniziativa
contro la banca centrale russa con le sanzioni per congelare le riserve in
valuta estera, cogliendo alla sprovvista Mosca e usando la sua magia con
l’americana Yellen”. Una magia che avrebbe portato all’immediato default russo,
poi purtroppo rinviato a data da destinarsi. “Le sanzioni sono un successo
completo che non penalizza l’Italia”, giurò il mago Mario il 31.5: “Il momento
di massimo impatto delle sanzioni sarà dall’estate”. Infatti stanno impattando
un casino, ma contro l’Ue che si sanziona da sola. Il 21.6 l’oracolo di Città
della Pieve vaticinò: “La strategia dell’Italia, in accordo con Ue e G7, si
muove su due fronti: sosteniamo l’Ucraina e sanzioniamo la Russia perché cessi
ostilità e accetti di sedersi al tavolo dei negoziati. Le sanzioni funzionano”.
Parole sante, scolpite nell’Agenda Draghi. Praticamente la Smemoranda. Di
seguito “Non ce lo meritiamo Draghi. E
l’ingiustizia sì?” di Valentina Petrini pubblicato sul mensile “Millennium”
di agosto 2022: (…). Noi popolo becero che vota male, non ci meritiamo il presidente
del Consiglio della seconda Repubblica più amato dalle élite. Quelle stesse
élite che davanti alla caduta del re hanno sofferto e imprecato come non mai.
Io ancora oggi non mi capacito. Davanti a Mario Draghi non c'è terzietà che
tenga. Ma cosa significa esattamente che Draghi non ce lo meritiamo? Perché ci
meritiamo la povertà, la precarietà, la guerra, l'ingiustizia sociale? Al di là
delle preferenze politiche personali è proprio la locuzione "non ce lo
meritiamo" che non mi va giù. L'ho pensato e l'ho scritto ovunque. Mi sono
beccata una valanga di critiche social. «Valentina da te non me l'aspettavo».
«Ci ha salvati dal disastro sicuro e i presuntuosi continuano con l'arroganza
di sempre! Tu non lo meriti». «Forse significa che ci meritiamo l'orribile
destra che vincerà alle prossime elezioni?» «E Conte te lo meriti tu!». Mario
Draghi è un'eccellenza italiana nel mondo. Il problema non è lui, ma la
democrazia rappresentativa così come ormai è declinata dal sistema di leggi in
vigore. Il problema non è Draghi ma questa affezione - anche giornalistica - verso
un uomo solo, salvifico e in grado di fare tutto, con dei super poteri. Ci
meritiamo forse Calenda, Conte, Salvini, Meloni, Letta, Berlusconi? Non abbiamo
scelto noi, soprattutto le generazioni più giovani, di vivere in un Paese
affossato dai debiti, bloccato dall'aumento delle diseguaglianze, condannato
dalla crisi climatica, affogato dalla precarietà, destinati a una vecchiaia
infame senza pensione. Non siamo stati noi a far cadere i governi, a bloccare
le riforme più innovative, a legarci mani e piedi al gas di Putin. Non siamo
stati noi a rendere zoppicante il nostro sistema elettivo. Non ci meritiamo questa
Italia, eppure la subiamo. C'è sempre - guarda caso - una crisi di governo a
cui addossare la colpa di non aver varato le riforme più urgenti contro lo
sfruttamento, come il salario minimo o altri provvedimenti sociali strutturali
in favore degli oltre 4 milioni di italiani che vivono con meno di 1000 euro al
mese. Non ci meritiamo nemmeno la composizione precisa di questo Parlamento e
del prossimo, perché non eleggiamo noi i singoli parlamentari. Non li eleggiamo
perché per la quota proporzionale le liste sono bloccate senza possibilità di
esprimere preferenze mentre per i seggi con collegio uninominale non è
garantito agli elettori il voto disgiunto. Insomma, siamo noi a non meritare
tutto questo. Eppure non mi pare di aver letto: non vi meritate l'Italia, gli
italiani e i loro sacrifici. Il problema non è Mario Draghi, il problema sono
le élite: "La superiorità del piccolo numero" (per dirla con Max Weber).
Il problema è la frattura tra le élites politiche e la moltitudine, la massa
(Zygmunt Bauman). Il problema è l'angoscia, la fragilità, le disuguaglianze e
la povertà crescente. Il problema è che i diritti non sono più considerati
nemmeno lusso o non lusso, "ma se ne misura la compatibilità con la logica
dell'economia" (2013, Stefano Rodotà). Ecco noi forse Draghi non ce lo meritiamo,
ma non ci meritiamo nemmeno la distruzione del sistema della rappresentanza
democratica. E allora piuttosto che leggere Draghi non ce lo meritiamo, io
avrei voluto che fosse dato risalto alla proposta di Marco Cappato, della sua
richiesta a Mattarella e a Draghi di consentire la raccolta firme per
candidarsi tramite Spid. Già europarlamentare, tesoriere dell'Associazione Luca
Coscioni e co-presidente del movimento Eumans, Cappato ha annunciato di volere
presentare una lista per le prossime elezioni del 25 settembre, peccato che le
regole del gioco siano per pochi intimi, i soliti noti, e che senza una
semplificazione nelle modalità di raccolta delle firme uno come lui resti
fuori. E invece la sua proposta non ha avuto nessun eco in tv e sui giornali.
Nemmeno dai suoi ex compagni di partito. Si possono condividere o no le sue
battaglie, ma se Draghi non ce lo meritiamo, non ci meritiamo nemmeno i
Cappato. Gente che fa politica in strada, su temi concreti, che non si tira
indietro, che attraverso proposte di leggi di iniziativa popolare e referendum
cerca di riaccendere l'amore per la partecipazione. L'antidoto migliore
all'antipolitica è la buona politica. Ce la meritiamo. Speriamo!
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