“Elezioni&Corruzione”. Ha scritto Peter Gomez in “Questo voto svelerà quanto contano
legalità e antimafia” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di agosto
2022: Il 26 settembre sapremo quanto ancora contano in Italia parole come legalità,
antimafia e anticorruzione. Le posizioni
della coalizione di destra sono note: Matteo Salvini vuole abolire lo scioglimento
dei comuni per mafia; assieme a Forza Italia ha tentato di cancellare via
referendum la custodia cautelare in caso di pericolo di reiterazione del reato
e con Fratelli d'Italia propone il forzista Renato Schifani come presidente
della Regione siciliana. Il fatto che Schifani sia attualmente imputato per
violazione del segreto o che la sua indagine per concorso esterno in associazione
mafiosa sia finita in archivio con motivazioni poco lusinghiere, non scompone
la destra. Nessuno da quelle parti rilegge le parole di Paolo Borsellino, il
magistrato trucidato da Cosa Nostra collocato da Giorgia Meloni nel pantheon di
Fratelli d'Italia. Secondo Borsellino spetta alla politica selezionare ed escludere
dalle istituzioni non solo chi viene condannato, ma anche chi ha avuto rapporti
sospetti con gli uomini legati ai clan (nell'archiviazione di Schifani si
legge, tra l'altro, "sono emerse talune relazioni con personaggi inseriti
nell'ambiente mafioso o vicini a detto ambiente nel periodo in cui questi era
attivamente impegnato nella sua attività di legale civilista". Che però
"non assumono un livello probatorio minimo per sostenere un'accusa in
giudizio"). Carlo Calenda e Matteo Renzi su giudici, reati e processi la
pensano come la destra, tanto che il loro programma è stato scritto da Enrico
Costa un tempo corifeo di Silvio Berlusconi. Il Pd invece non è pervenuto. Dopo
aver appoggiato senza se e senza ma la riforma del processo penale voluta da
Marta Cartabia, la questione legalità è finita nel dimenticatoio. Nessuno tra i
Dem ha battuto ciglio quando la commissione Europea, nel suo rapporto annuale
sullo stato del diritto nella Ue, ha preso a schiaffi le nuove norme che a
detta di Bruxelles mettono in pericolo l'indipendenza della magistratura e che,
senza "un attento monitoraggio", rischiano di mandare in fumo in
appello i processi per corruzione. Tutti hanno poi taciuto quando tra i nomi
dei candidati non è comparso quello dell'ex presidente del Senato, Piero
Grasso, che più volte aveva messo in guardia da quella riforma. Grasso, è vero,
non aveva chiesto di essere ripresentato, ma nessuno nel partito ha nemmeno
pensato di domandarglielo. Ci sono infine gli alleati dei Dem di Più Europa,
che sulla giustizia la vedono come Calenda e Berlusconi, e quelli di Sinistra
Italiana e Verdi hanno come core business ambiente e giustizia sociale. Viene
allora da chiedersi se il silenzio pressoché assoluto dei partiti sul tema
legalità non possa finire per favorire il Movimento 5 stelle. I nomi dell'ex
pro-curatore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho e dell'ex procuratore
generale di Palermo, Roberto Scarpinato, candidati nel listino di Giuseppe
Conte, marcano una grande differenza tra il Movimento e le altre forze
politiche. È però tutto da valutare quale potrà essere l'interesse dei
cittadini. È possibile che la rinnovata battaglia e il calibro dei personaggi
messi in capo spinga tanti elettori pentastellati delusi a non rifugiarsi
nell'astensione. Regola base di ogni campagna elettorale è del resto quella di
rivolgersi a chi in passato ti ha già votato. Ma cosa faranno invece i
potenziali elettori degli altri partiti? Per questo a settembre le urne non ci
diranno solo chi governerà il paese. A seconda dei risultati e delle
percentuali ci diranno anche quanto pesa ancora in Italia la questione morale. È
tornato a scriverne, di “Elezioni&Corruzione”, Peter Gomez in “La questione morale non è moralismo”
pubblicato sul mensile “Millennium” di settembre: No, il nostro degrado non lo
raccontano la protervia di chi dice che per far funzionare la giustizia bisogna
reintrodurre l'autorizzazione a procedere o i nomi degli oltre 60 candidati
messi in lista dai partiti sebbene siano condannati, imputati, indagati o
salvati dalla prescrizione. A descrivere il degrado ci pensano invece le bugie
e il silenzio. A luglio, quando la Commissione europea ha diffuso i nuovi
preoccupanti dati dell'Eurobarometro sulla percezione della corruzione in
Italia, l'unica reazione è stata l'omertà. La ricerca dell'Unione europea (…)
evidenziava come un terzo dei nostri concittadini reputasse accettabile fare
regali, favori o dare denaro per ottenere servizi pubblici e come addirittura
1'89% ritenesse la corruzione molto diffusa. Nessuno però si è stupito. Anzi,
di fatto, nessuno lo ha detto. La notizia è stata riportata qua e là solo in
poche righe. I talk show non ne hanno parlato anche se, stando all'indagine,
1'87% degli elettori reputa corrotte le istituzioni politiche, tre quarti
pensano che i potenti godano d'impunità e il 58% giudica inefficace l'impegno
del governo contro le tangenti. Curioso, vero? L'Italia corre a perdifiato
verso le elezioni. Tutti ripetono che gli oltre 200 miliardi di euro del Pnrr
sono l'ultima spiaggia per salvare la nazione dal declino. I politici invadono
da mattina a sera ogni programma televisivo, ma non accade mai che qualcuno
chieda: scusi onorevole, visto che gli elettori (magari sbagliando) vi considerano
sostanzialmente dei ladri, cosa intendete fare per garantire che i miliardi del
Pnrr non verranno rubati? Conosciamo l'obiezione: questo è populismo,
demagogia, giustizialismo! Eppure, se si ragiona a mente fredda, non è
difficile rendersi conto che non c’è nulla di moralistico nella questione
morale. Sollevarla, come fece per la prima volta nel lontano 1981 Enrico
Berlinguer, non significa essere bacchettoni, fanatici o giustizialisti. Non
vuol dire amare le manette o le punizioni. Significa invece rispettare la
Costituzione, i cittadini e soprattutto la loro intelligenza. Perché chi viene
eletto ha tra i suoi compiti quello di stabilire come debbano essere spesi i
soldi dei contribuenti. È ovvio e giusto che ogni elettore pretenda che il
proprio denaro venga impiegato bene e non razziato. Ecco allora perché tutti
(tranne i ladri e gli incoscienti) dovrebbero augurarsi che prevalga quel
principio di elementare prudenza che porta, nelle democrazie mature, a
escludere ed emarginare chi ha amicizie discutibili, chi tiene comportamenti
non trasparenti. Rappresentare gli elettori non è un semplice diritto: è un
onore, ma anche un onere. Il garantismo deve sempre valere nelle aule di
tribunale, dove l'imputato va condannato solo se è colpevole al di là di ogni ragionevole
dubbio. In politica invece deve prevalere il buon senso. Tra chi è specchiato e
chi ha addosso una macchia, candido il primo, non il secondo. Dire, come spesso
si fa di un amministratore pubblico, "però l'hanno votato", non ha
senso. La scelta andava fatta prima, nei partiti, nelle sezioni, nelle
segreterie. E lo ha ancor meno adesso, da quando è in vigore una legge
elettorale liberticida che impedisce ai cittadini di scegliere i propri
parlamentari e li obbliga a fare una croce esclusivamente sul simbolo di un
partito. Spiegava quarant'anni fa Berlinguer: "La questione morale esiste
da tempo, ma ormai è diventata la questione politica prima ed essenziale perché
dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la
effettiva governabilità del Paese e la tenuta del regime democratico". Era
vero quarant'anni fa ed è vero anche adesso. Purtroppo.
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