"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 30 settembre 2022

Virusememorie. 94 Michele Serra: «La vera destra fa della Tradizione il suo motore ideologico e spirituale: dopo la siccità, pioverà, inutile fare tutta questa cagnara».

UomoVirusdellaTerra”. Ha scritto Michele Serra in “Quello che i fiumi ci dicono” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 20 di settembre 2022: "Siamo cattivi e forse la natura già da tempo ci dà un segnale che non vogliamo cogliere”, (…). Ma no, non siamo cattivi. Siamo cretini. Ed è molto diverso, perché la cattiveria (che pure non ci fa difetto) indica un deficit etico. La cretineria, un deficit intellettuale. Non è (solo) la legge morale che ci manca. È la logica, è la percezione e il rispetto delle leggi fisiche e biochimiche che regolano l’universo, con le quali la natura, a differenza di noi, è in piena sintonia, essendone al tempo stesso l’artefice e il risultato. Deus, sive natura, niente può essere levato o aggiunto alla sintesi di Spinoza. Basta il sorvolo di un drone per capire tutto, o quasi. Si vede il fiume Burano che discende lungo il borgo di Cantiano. Tirava diritto, da millenni, lungo il suo alveo. L’uomo lo ha deviato verso sinistra, erigendo un assurdo muro che ne interrompe il corso e scavando un tunnel per farlo defluire altrove. Lo scopo era costruire nell’ex alveo; o proteggere, vanamente, le case costruite troppo a ridosso del fiume. La piena ha scavalcato il muro come se fosse un ridicolo inciampo, e il Burano si è ripreso il suo letto naturale travolgendo in un baleno tutto quanto incontrava lungo il suo corso. L’Italia pullula di torrenti tombati che ogni qualche anno scoppiano, e di fiumi mai ripuliti, mai custoditi, usati come discariche, semmai deviati perché faceva comodo costruire sul vecchio alveo (Genova e la Liguria vantano, in proposito, un luttuoso primato). Capisco che “cretino” sia una sintesi brusca e incompleta. Ma rende bene l’idea di quello che siamo, purtroppo. E sollevando appena lo sguardo all’orizzonte si scorgerà – sol che lo si voglia vedere - ciò che ha visto e descrive Diego Bianchi in “Dal Ciad alle Marche” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 23 di settembre ultimo: “Qua siamo già, in teoria, secondo le vecchie mappe, in pieno Lago Ciad. Di fatto sotto vedete più terra che acqua perché il Lago Ciad, da che negli anni Sessanta era di circa 25 mila chilometri quadrati, ora è di cinquemila. Il lago Ciad quasi non c'è più, con tutta una serie di problemi che ora vedremo». Mentre arrivano immagini e notizie dell'ultima, ennesima alluvione, con morti e dispersi nella provincia di Ancona, penso a quando sia stata la prima volta in cui ho fatto un servizio dove si parlava di ambiente ed emergenza climatica. Con la memoria sono risalito fino al Capodanno 2017, allorché insieme all'Unhcr andai nel lontano, sconosciuto e dimenticato Ciad, per un reportage sulle migrazioni interne al continente africano, alla ricerca di storie, cause, effetti. Scoprii che il poverissimo Ciad accoglieva come sapeva e poteva in proporzione molti più migranti dai martoriati Paesi confinanti (Repubblica Centroafricana e Nigeria su tutti) di quanti ne gestisse l'Italia. Una delle tante cose difficili da raccontare era come anche in quelle zone il fondamentalismo religioso provocasse morte e terrore e dunque migrazioni che poi, parlando di quelle capaci di arrivare sulle nostre coste, sia la sinistra minnitiana che la destra salviniana e meloniana o il cinquestellismo dimaiano, trattavano per lo più in termini di respingimenti. Boko Haram metteva in fuga chi sopravviveva ai suoi raid nei villaggi, e lì andai. Da N'Djamena, la capitale, prendemmo un piccolo aereo avendo come meta il villaggio di Baga Sola, dove due anni prima in un attentato al mercato erano morte 41 persone. C'era da attraversare in volo quasi tutto il Ciad, fino all'aeroporto di Bol, unapista in mezzo alla sabbia. Il radar mostrava in grafica quel che vedevo dal finestrino, ma quelle immagini datate non corrispondevano a quel che vedevo. Prosciugandosi, il Lago Ciad aveva costretto chi di pesca viveva a migrare al Nord. E Boko Haram avevano peggiorato le cose. Vidi concretamente così, per la prima volta, la migrazione climatica e gli effetti dell'emergenza sulla vita di chi all'emergenza sopravvive. L’attualità mi riporta al discorso incredibile di Giorgia Meloni, nel novembre 2018, contro il Global Compact, reo di stabilire che l'immigrazione è un diritto fondamentale, di qualsiasi tipo sia, anche quella "di chi scappa dal caldo". C'erano ironia malcelata e sottovalutazione, in quelle parole, verso un problema "di altri". Ma come ogni alluvione italiana dimostra, l'emergenza è di tutti. Tra realtà e metafora, le nubi all'orizzonte non sono mai state così nere. Ed ancora, nel merito, Michele Serra in “Gretini e intelligentoni” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 18 di settembre 2022: Tra salviniani e meloniani c'è chi chiama "gretini" gli ambientalisti, che a destra non hanno mai goduto di molto credito. Troppo problematici. Tipici rompiballe di sinistra. Nemici del fatturato. Forse anche menagramo. Indimenticabile una mitica campagna del Giornale, una ventina d'anni fa, nella quale un professorino puntuto prendeva per i fondelli, in blocco, qualche migliaia di documenti scientifici, accusandoli di allarmismo ingiustificato. Per altro il cambiamento climatico (come tutti i cambiamenti) confligge con l'idea che il mondo sia sempre andato avanti nella stessa maniera. La vera destra fa della Tradizione il suo motore ideologico e spirituale: dopo la siccità, pioverà, inutile fare tutta questa cagnara. Ci penserà il buon Dio. Poi però succede che la pioggia arriva, ma tutta in una volta, un immenso maglio che schiaccia cose e persone. Succede dieci, cento volte. Il cambiamento climatico passa dalla teoria alla prassi. E a mollo nel fango si diventa tutti uguali, alle prese con lo stesso spavento. Nel programma elettorale dei partiti di destra la parola clima è quasi inesistente. Qualcosa in più (…) nei programmi del Pd e dei suoi alleati, e anche dei cinquestelle, che per altro precisamente dell'ambientalismo, in origine, erano figli, prima di diventare la qualunque. L'ambientalismo presto diventerà sinonimo di politica: non esisterà politica senza ambientalismo. Almeno su questo punto, la sinistra è un poco più avanti, la destra è preistoria. C'è più cognizione del futuro nei "gretini" che negli intelligentoni che affidano alle processioni il compito di regolare le stagioni.

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