“Gli hippie e i sottotitoli della destra”, testo di Concita De Gregorio pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 31 di marzo ultimo: (…). Giorgia Meloni la butta lì come un insulto, una battuta buona per ridicolizzare l’avversario e ottenere l’applauso dei suoi, il nuovo amico Calenda compreso, difatti ridono tutti. Questa sinistra fricchettona, peace and love: poracci, è il sottotesto in romanesco. Condannati a sparire, a soccombere davanti alla Storia. Un po’ come quegli scappati di casa di Ventotene (come? Prigionieri politici? Incarcerati dal fascismo? Sì vabbè è uguale, state sempre a cercare il pelo nell’uovo) che volevano abolire la proprietà privata: l’Europa comunista, pensa te. Certo, certo, sono periodi diversi, che non lo so? Gli anni Quaranta, gli anni Sessanta ma è uguale: sempre comunisti erano. Anzi: figli di ricchi borghesi, il cuore a sinistra il portafogli a destra, gente che voleva cambiare il mondo con la rendita di mamma e papà. Hanno perso, vedete? Governiamo noi. Chi governi oggi è evidente. Ma pensavo, qui dal presente: non dagli anni Quaranta né dai Sessanta. Qui dal 2025 in cui quello annuncia un giorno di essere pronto a prendere la Groenlandia con la forza un altro giorno a bombardare l’Iran. (Ho visto il video in cui i parlamentari danesi ridono a crepapelle, dagli scranni, alla notizia del proposito di compravendita. Guardatelo, se vi capita. Perché in prima battuta è sempre ridicolo, questo tempo tragico. Cupo, minaccioso, ridicolo e tragico). Dunque, se paradossale deve essere l’obiettivo. Irrealistico. Non sarebbe meglio allora immaginare - così, come esercizio astratto - un’Europa «grande comunità demilitarizzata» rispetto a un’Europa armata fino ai denti, temo inutilmente in caso di guerra nucleare? Essere pronti nel 2030 non fa forse ridere? Se uno è pronto è pronto subito, giusto? Non fra cinque anni, quando la Striscia di Gaza potrebbe essere già stata trasformata in un resort di lusso o, in alternativa, potremmo essere stati tutti polverizzati da atomiche altrui. Allora, nel mondo ridicolo e tragico dei propositi inutili, se uno deve prendere campo perché farlo dalla parte dei feroci epigoni dei dittatori e dei despoti? Di questa gente al comando in delirio di onnipotenza, con i ciuffi decolorati o senza ciuffi ma con i veleni in tasca, e non dalla parte di chi, altrettanto insensatamente, sogna un mondo in pace, un mondo che sia «una grande comunità senz’armi» dove tutti vogliono il bene comune? Pensiamoci, pensateci. Provate a prenderlo alla lettera, il proposito. Io starei con gli hippie: con quelli che dicono lasciate perdere i droni aquilone, l’atomichetta nostra. Ma così, come principio: essendo coeva degli ultimi superstiti dell’Olocausto ed essendo stata a Birkenau in gita con la scuola, da adolescente, avendo visto Il bambino con il pigiama a righe almeno tre volte per obbligo e La zona d’interesse solo una, per lavoro. (…). Analizziamo insieme lo scherno con cui Meloni derubrica il pacifismo a macchietta. Facciamolo seriamente. Prendiamo la seconda parte della sua frase: quelli che sperano nella buona fede altrui. I buonisti, altrimenti detti. Gli ingenui. Pietro Metastasio, gloria italica, un pensatore seicentesco, scriveva: “L’altrui misura ciascun dal proprio core confonde/ il nostro errore, la colpa e la virtù”. Ciascuno giudica gli altri dal proprio cuore. Dietro ogni sospetto c’è un’abitudine, o un’intenzione. Io penso che tu faccia quello che faresti, al posto mio. Metro Meloni. Sì, dunque. Se sono in buona fede immagino la buona fede altrui. Immagino che a quest’altezza della Storia, avendo vissuto quello che abbiamo vissuto, da ultimo nel Novecento, nessuno abbia in animo di ripetere l’orrore. Invece sì? Invece dovremmo pensare che le cose si ripeteranno, senza che niente abbia insegnato niente? Ma allora cosa sono morti a fare, i nostri genitori, i nostri nonni. Torniamo alla (…) frase, la più popolare: l’Europa come una grande comunità hippie. Peace and love, pace e amore. Scriveva Gianni Rodari sotto pseudonimo, Benelux, su Paese Sera nel 1967: “Perfino a Firenze, a mezze gambe nel fango, questi minorenni guastafeste sono stati in prima linea. Sbaglieremo ma il resto del secolo dovrà fare i conti con loro”. Aveva ragione. I giovani cercarono allora di sovvertire l’ordine edificato dai loro genitori, cosa che oggi ci rammarichiamo non accada. Ho ascoltato per combinazione un discorso di Camila Raznovich, lo scorso fine settimana in una rassegna chiamata Pensavo Peccioli, in Toscana. Ha raccontato la sua infanzia in una comunità. I genitori hippie, lei sì li ha avuti, l’hanno lasciata sola in un altro continente, a vivere con Osho. Immagino che molti di voi seguano in Rai il suo popolare programma, il Kilimangiaro. È bravissima e molto amata. È stato istruttivo ascoltare come per lei crescere nella disciplina ferrea di una setta, chiamiamola con il suo nome, sia stata una scuola - anche dolorosa - che l’ha aiutata a stare nel presente. A essere esigente, con le sue figlie, a difendere se stessa dalle lusinghe facili dei tempi. Certo, è vero. In tanti casi i figli di quegli anni erano figli di famiglie borghesi. Vivevano pensando di fare la rivoluzione e dormivano sui divani dei ricchi, gente con doppi cognomi. Però, presidente Meloni. Provi a pensare anche questo. Quei genitori non portavano i figli con sé, nelle trasferte internazionali: li lasciavano a crescere anni e anni da soli, quando avevano dieci anni, in un altro continente. Sono sopravvissuti e sono qui, a dire ancora talvolta la loro con una certa forza. Quindi forse. Nessuno è nessuno per dire cosa sia peggio e cosa meglio, se Little Miss Sunshine sia un film ispirazionale o una barzelletta. Ma certo, si può forse dire. La libertà costa fatica. Gli ideali sono spesso fallaci. Ma se la scelta è fra aderire all’orrore o alla giustizia sociale, alla guerra o alla pace. Presidente, nel prossimo video su YouTube. Lo dica lei. Gli stupidi hippie, i ragionevoli despoti.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".
martedì 1 aprile 2025
Lastoriasiamonoi. 48 Hannah Arendt: «Il suddito ideale del regime totalitario è l'individuo per il quale la distanza tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più».
(…). La democrazia è il rivolgimento di
tutti i principi. Le relazioni naturali capovolte. L'arché dei padri, dei
proprietari, terremotata. Azzerato il principio della nascita, cancellati i
legami di sangue e di suolo: tutto. Si inaugura lo spazio della politica.
Antitesi di ciò che è privato, egoistico, interessato, politico diviene
sinonimo di comune. Una comunità dove i cittadini si tengono insieme solo
grazie al nuovo legame politico. E cos'è la polis? Si chiedeva Aristotele nella
Politica: la polis è "una pluralità", "una moltitudine di
cittadini" che si ricompone di continuo, dopo essersi divisa e ridefinita
più e più volte. È una comunità il cui motore è la partecipazione. Ma la
partecipazione - e la democrazia-, oggi sono sempre più in crisi. Crisi di legittimità,
di rappresentanza, di funzione. Per spiegarne l'erosione, guardiamo - ci è più
facile e meno faticoso - alla minaccia esterna. Oggi, come ai tempi dei Greci,
siamo disposti a prendere le armi gli uni contro gli altri per contenderci il
bene prezioso della cittadinanza, tutti concordi su una cosa: l'escludere ogni
ipotesi di estensione della cittadinanza verso l'esterno, verso il fuori della "comunità",
verso lo straniero, verso l'altro. Il primo a cogliere bene il nesso tra
chiusura della comunità e decadenza è stato, nei tempi antichi, Tacito. Riflettendo
sulle ragioni di decadenza delle città greche, secoli dopo, farà dire
all'imperatore Claudio: "Cos'altro fu causa di rovina sia per gli Spartani
che per gli Ateniesi, nonostante la loro forza militare, se non il fatto che escludessero
- dopo la vittoria – i vinti “trattandoli come di altra razza?". Per i
Greci gli stranieri, gli "altri", non erano solo diversi, erano anche
inferiori. I barbari sono genti selvagge, crudeli, rozze, brutali, incivili,
finanche bestie. Aveva dunque forse ragione Nietzsche quando scriveva che la
storia greca è stata sempre scritta secondo una prospettiva ottimistica? Quanti
milioni di persone sono state sterminate in nome della loro estraneità? Platone
nella Repubblica diceva: "I Greci non distruggeranno certo i Greci, non li
faranno schiavi, non desoleranno le campagne, né bruceranno le case loro; ma in
quella vece faranno tutto questo ai Barbari". Il senso di umanità dei
Greci è migliore del nostro? Le "cose", oggi, suscitano sempre meno
lacrime, le "cose" non piangono più. Da Gaza ai migranti che lasciamo
morire in mare. Siamo più chiusi, più ostili, ci sentiamo comunità, ci sentiamo
popolo, sempre e solo quando è il confine, la paura dell'altro, a definire il
nostro spazio. La fragilità della democrazia attuale dipende anche da noi. Che
abbiamo smesso di essere cittadini e siamo diventati sudditi. E "il suddito ideale - diceva Hannah Arendt - del
regime totalitario è l'individuo per il quale la distanza tra realtà e
finzione, tra vero e falso, non esiste più". (Tratto da “Cittadini-guerrieri, noi oggi e i Greci” di Maddalena Oliva
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, martedì primo di aprile 2025).
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento