"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 14 settembre 2022

Notiziedalbelpaese. 86 Furio Colombo: «Una giusta dose di aggressività volgare: "Nella morra cinese della sinistra un clandestino batte una donna violentata"».

A lato. 1953: manifesto della "Democrazia Cristiana".
 
Elezioni&Memorie”. Ha scritto Tomaso Montanari – Storico dell’arte e Rettore dell’Università per stranieri di Siena – in “Che cosa brucia dietro quella fiamma” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 9 di settembre 2022: Una delle ragioni per cui la storia dell'arte dovrebbe essere insegnata fin da bambini, in tutte le scuole, è che la sua conoscenza aiuta a leggere le immagini, il loro significato, la loro storia, i loro messaggi più o meno nascosti. E questo è vero non solo per le immagini artistiche, ma anche per quelle usate dalla pubblicità, o dalla politica. È il caso della fiamma tricolore che campeggia al centro del simbolo del partito che minaccia di vincere le prossime elezioni politiche, Fratelli d'Italia. Secondo una tradizione mai smentita, quell'immagine venne creata direttamente da Giorgio Almirante, il capo carismatico del Movimento sociale italiano, il partito che raccolse l'eredità del fascismo e della Repubblica sociale italiana. Alfredo Cucco, ex gerarca fascista e poi sotto-segretario della Rsi, racconta che una sera «del dicembre 1946 mi venne a trovare ... Mimì Pellegrini Giampietro, ex ministro delle Finanze della Rsi... a informarmi circa la sigla che avrebbe assunto il Movimento da tutti noi superstiti auspicato... Vedi, mi disse, la M è l'iniziale per noi più chiara e significativa, non esprime solo Movimento, ma lo consacra con l'iniziale mussoliniana. Vi sono poi le due lettere qualificative della Rsi: S e I e questo dice molto». Nello stemma, quella sigla così densa di significati campeggia su un trapezio: la bara di Mussolini, dalla quale arde appunto la fiamma inestinguibile del fascismo. Ancora molti decenni più tardi, la visione politica del Movimento sociale rimaneva quella: «nel XIII congresso (Roma, febbraio 1982), Almirante presentò il progetto di una nuova Costituzione: prevedeva una repubblica presidenziale, con l'elezione diretta del capo dello Stato, dei presidenti delle regioni, delle province e dei comuni, un Parlamento monocamerale eletto per metà dal popolo e per metà dalle categorie; inoltre si prevedeva il ripristino della pena di morte e il servizio militare volontario» (così il Dizionario biografico degli italiani). La fiamma oggi è sempre lì: e ci sono ancora presidenzialismo, corporativismo, militarismo. E questo manifesto, affisso dalla Democrazia Cristiana nel 1953, svela perfettamente qual è la cultura politica che la fiamma rappresenta: olio di ricino e manganelli. Anche il motto è significativo: allora la Dc definiva il neofascismo un fuoco di paglia, perché riteneva che il vero nemico, il fuoco pericoloso, fosse il comunismo. Ancora oggi gli eredi di quella tradizione sono molto più preoccupati da una qualunque sinistra sociale che non da un "ritorno di fiamma". Rischiamo di pagare carissimo. Di seguito, “I nuovi territori di Meloni” di Furio Colombo, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 7 di settembre ultimo: Il caso Meloni è unico. Lo dimostra la sua reazione a un giovane contestatore che è balzato sul palco di un suo comizio ostentando la bandiera Lgbt per dire "voglio potermi sposare e poter adottare". "Tu vuoi delle cose e io voglio il diritto di pensarla in maniera diversa", ha risposto Meloni. Ma mentre il disturbatore viene allontanato Meloni invita la platea all'applauso. "Rispetto chi ha il coraggio di difendere ciò in cui crede. Io lo faccio da una vita". Nella stessa giornata, Meloni, che mostra sempre di possedere una giusta dose di aggressività volgare, aveva detto: "Nella morra cinese della sinistra un clandestino batte una donna violentata". Poi ci sono stati i giorni dello Forum Ambrosetti, in cui abbiamo visto Meloni in classe, decisa a farsi trovare non dalla parte giusta in nome di qualche valore, ma dalla parte che vince. È la decisione della prima della classe, che non discute la materia, persegue la classifica. A differenza di altri candidati che si incontrano, si scontrano, si separano o si riconoscono strada facendo, Meloni rimane legata alla missione che si era data fin dall'inizio, essere la prima. Non bisogna dimenticare che queste elezioni sono state predisposte come una imboscata a Draghi per rimuoverlo dal governo (…). Meloni ha capito che non le conveniva essere fra i traditori, e si era messa all'opposizione subito. E ci è restata con l'intenzione di tenersi a distanza da Salvini, da Berlusconi e dalle schegge ex sinistra a cui è impossibile dare un senso. A questo punto i fatti giocano a suo favore. Ogni mossa, di ogni candidato, smuove persone e persuasioni in un modo e nell'altro. Meloni sposta territori. Non si tratta di cambiare idea, ma di traslocare. Il fenomeno non si deve al fatto che Meloni ha inventato un nuovo territorio, ma ha creato un'impressione forte di fatti nuovi dove lei va a insediarsi. Per esempio, è lei, Giorgia Meloni, a offrire presenze (se non alleanze) con chi veniva creduto avversario. O, dal punto di vista di chi aveva militato con lei fin qui, dovrebbe rivelarsi un infido. Non ha cambiato bandiera. Ha spostato il suo territorio offrendo ai suoi seguaci un'impressione orgogliosa di coerenza, e una nuova vita, con banche e finanza. In altre parole, si è acquartierata in un posto che prima non c'era. Meloni non era e non è una sostenitrice di Draghi. Non era e non è in una posizione che potrebbe accostarla ai due partiti non piccoli ma isolati, Pd e 5Stelle. I suoi alleati, benché dichiarati da cine-abbracci alla Jules and Jim, sono tiepidi marciatori di retroguardia che non hanno alcun progetto (o ideale) da dichiarare ma possono aggiungere numeri alla stagione felice di FdI. Meloni non ha niente da chiedere e non deve rivedere i suoi piani. Avrete notato che, da brava prima della classe, si fa carico anche delle materie facoltative. Per esempio sa benissimo che, in questo momento e in questo Paese, nessuno le chiederebbe conto di un suo silenzio sulla invasione ucraina e in tanti pensano che sia un bene per l'Italia non fare sgarbi a Putin. Ma, da intelligente secchiona, non corre rischi e, data la spaccatura del mondo, intende stare dalla parte che dà più affidamento. Non è opportunismo, è intelligenza politica, che è il suo forte. Nell'accampamento Meloni sono ragionevolmente ottimisti. Ma nessuno vuole cambiare e acquisire più dote, più trovate, più espedienti per vincere. Abbiamo il leader, ti dicono. Qui comincia un regime.

Nessun commento:

Posta un commento