Cioè? "In Italia non c'è stata una rivoluzione borghese. E la borghesia tende ad adeguarsi man mano a chi comanda. Appunto: il servile encomio e il codardo oltraggio".
A chi oggi comanda lei ha chiesto più volte un aggiustamento politico. È arrivato? "Chiedere a un governo con questa maggioranza di affrontare questioni epocali è fra il difficile e l'impossibile. E alle cose impossibili non è tenuto nessuno, come dice il brocardo. Comunque i temi centrali sono tre".
Quali? "Lavoro, fisco e transizione ecologica".
Partiamo dal lavoro. "Non c'è bisogno di essere marxisti per sapere quello che il vecchio Marx ha scoperto. Durante una rivoluzione tecnologica tutto si capovolge. Se oggi i padroni sono schiavi dell'algoritmo, figuriamoci come stanno messi gli operai. Il 73 per cento dei nuovi contratti è precario. Stiamo destrutturando il lavoro, la nostra sola materia prima".
Il fisco? "Arrivano duecento miliardi. Bene. Ma ogni amministratore sa che a un aumento degli investimenti corrisponde spesa corrente in più. Come facciamo senza una riforma fiscale progressiva? Dando botte allo Stato sociale: è matematico".
La transizione ecologica? "Riguarda anche chi ci dà energia oggi. La Russia realizza metà del suo Pil sul gas e sul petrolio e con quei soldi paga le pensioni. Pensiamo sul serio che non ci sia una reazione? Oh ragassi: si fa un tavolo per la transizione anche con i tuoi fornitori. Discuti amichevolmente. Da mercante".
E la sinistra si sta attrezzando per affrontare questi temi? (Scuote la testa)
E allora quando si parla di patto, di nuova alleanza? Cos'è, una passione perversa per la forma? "Sì, purtroppo. E questa legge elettorale non aiuta. La definiscono maggioritaria, ma in questa legislatura hai avuto tre maggioranze diverse e può darsi che ne venga fuori una quarta".
Quindi basterebbe cambiarla. "Ecco un facile pronostico: la legge resterà uguale e tra sei mesi le forze politiche faranno come i bambini con il Lego. Metteranno assieme delle pseudo coalizioni per vincere. Dopo sei mesi, ritornano i mattoncini e siam da capo".
Ci rassegniamo? "Le riforme si fanno quando c'è una maggioranza intenzionale, coesa e che accetta di essere rincorsa col badile".
A proposito di rincorrere. La rielezione di Mattarella... "Sembrava un'orchestra felliniana. Il paradosso è che la gente voleva una novità. E anche Mattarella l'avrebbe voluta. Lo avvertii con una battuta: "Qui tocca che ti fai vedere con un comò in mano..."".
Si è letto: Salvini regista per il Colle come Bersani nel 2013. "Fesserie. Lì non fu un problema di numeri ma di slealtà".
Cosa le disse Napolitano quando lei gli chiese di ricandidarsi? "Posso raccontare ciò che gli dissi io. "Presidente, sono andato due volte sotto un treno. Io lascio, lei resti". Ma sul 2013 voglio dire una cosa. Prima ancora di Marini, di Prodi, io avevo provato con Mattarella".
Ma come, la candidatura di Mattarella non la inventò Renzi nel 2015? "A me basta che lo sappia Mattarella".
Renzi con Toti vuole riportare l'Italia al centro. "Queste utopie centriste sono solo i luoghi dei narcisismi. L'idea di mettersi in mezzo per usare l'utilità marginale è una contraddizione enorme rispetto all'esigenza di chiarezza circa la strada che vuoi prendere".
I suoi rapporti con Renzi sono ancora freddini. "Non ci sono rapporti e sostanzialmente non ci sono mai stati. Avevo chiara un'idea sin dalla rottamazione però".
Quale? "Si voleva portare il Pd ad essere la Forza Italia dei tempi nuovi".
Torniamo sul Colle. Era seria la candidatura di Berlusconi al Quirinale? "L'uomo fino a dieci sa contare. Era seria, ma poi ha visto i numeri".
Festeggiate il compleanno nello stesso giorno. "Prima che questa cosa uscisse, lo dimenticavo il mio compleanno! Adesso passo due giorni a rispondere ai messaggi".
Un'altra colpa di Berlusconi. "Senta, ai miei l'ho sempre detto: Berlusconi è percepito come un generoso. Non va sottovalutato. Dopo l'aggressione di Milano, vado a trovarlo in ospedale. All'ingresso c'è una signora, settant'anni, mi guarda male. Esco e la donna è una furia: "Voi comunisti prima lo trattate male poi venite a trovarlo!". Le dissi: "Signora, il presidente sta bene". Lei: "Oh grazie, grazie"".
Il 5 gennaio 2014 lei è stato operato per una emorragia cerebrale. Il primo pensiero "politico" dopo l'intervento? "Ero ancora infagottato. E pensavo solo alle mie figlie, a mia moglie, a come ne sarei uscito. Poi le telefonate. Letta, Renzi che gli fa: "stai sereno"... Dissi: guardate che nella vita si può far tutto tranne che un partito smonti il proprio presidente del Consiglio a meno di un accordo, di una spiegazione. Altrimenti non esiste. Da lì è iniziata un'altra fase".
Che è conclusa con la scissione, e la nascita di Articolo 1 fuori dal Pd. "Tecnicamente una scissione, sostanzialmente fu un'espulsione".
Qui non usa metafore. "Capisco. Delle volte mi rendo conto di esagerare".
Le avranno già sottoposto il rischio di "macchiettismo". "Anche di plebeismo. Significa che le parlerò in latino. Reagirò così".
Parla per metafore anche con le sue figlie? "Devo ammettere che con loro mi sforzo di essere più colto".
In una intervista al Venerdì nel 2011 definì l'utilizzo delle metafore una strategia politica. "Una lingua popolare contro la lingua del populismo. La metafora non diluisce la complessità. E poi lo diceva anche Antonio Gramsci: bisogna avere qualche parola in più".
Umberto Eco le definiva i "bersanema". "Tra Eco e me c'è stata la disfida di Gargonza".
Prego... "1997, dopo l'incontro sul futuro dell'Ulivo. Andiamo in trattoria, mangiamo, qualche bicchiere. Da un lato noi comunisti, dall'altro i popolari, i democristiani. Eco ci sfida: "Noi cantiamo i canti operai, voi quelli dei preti. Vediamo chi ne sa di più". Restammo io e lui. Ma io li conoscevo tutti. Si arrese".
Cura molto le sue radici? "Vengo da un paese di contadini, sono quella roba lì. E vengo da quel partito comunista, emiliano: la sinistra al governo. E quando governi e devi fare un acquedotto, lo fai per i contadini democristiani e comunisti. La faziosità la molli".
Di quel mondo, oltre alle parole, le restano abitudini, scaramanzie? "Ne ho una ma non viene da quel mondo e non so se si può scrivere".
Proviamoci. "C'era questo mio amico alle superiori, Sangermano. Sosteneva che non bisognasse usare la toilette centrale nel bagno della scuola, altrimenti era certa l'interrogazione. Da allora, io uso sempre il bagno ai lati".
Si candida ancora? "Ma no, basta così. Lo dico anche per sgomberare il campo. Non voglio andare nell'orto di nessuno a prender su una melanzana".
Magari scriverà un romanzo. "No, per l'amor di Dio".
Ha letto quelli di Veltroni e Franceschini? "Ecco, non posso dire di averli letti proprio tutti. Non ho ancora mica esaurito i classici, eh".
Allora potrebbe scrivere di ciò che ha imparato dalla politica. "Il Pci, e anche la Dc, erano allineati su una cosa: la politica era una cura contro il narcisismo. Bisogna mettersi alla stessa altezza di chi incontri". (…).
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