"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 1 febbraio 2022

Notiziedalbelpaese. 52 «La lingua-fumo, quella che serve a nascondere più che a svelare».

 

Ha scritto Gustavo Zagrebelsky in “Ora silenzio e serietà” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, martedì 1 di febbraio 2022: (…). La realtà sta tutta in una parola: "intestarsi". Tutti i possibili candidati sono stati, come si usa dire, "bruciati" nel momento in cui sono apparsi sulla scena. Possiamo dire: proposta e bruciatura hanno fatto un tutt'uno. Ciò perché la posta in gioco della partita quirinalizia s'è dimostrata essere l'intestazione dell'elezione. I nomi, in fondo, contavano meno e, perciò, se n'è fatta una girandola, una quarantina tra quelli espliciti e quelli "coperti" che si sarebbero potuti tirare fuori dal cilindro al momento opportuno. Forse, anche se ci fosse stata in Parlamento una chiara maggioranza, il conflitto delle intestazioni ci sarebbe stato ugualmente, tra le sue componenti. Ma, siccome una tale maggioranza non c'era, il caos totale è stato inevitabile. Altro che "sintesi", "percorso condiviso", "punti di equilibrio", "tavoli", "altissimi profili", "kingmaker" e altri simili specchietti (per le allodole) e spacconate. L'intestatario, in caso di successo, avrebbe vinto un premio politico che gli altri non gli avrebbero potuto contestare. Un enorme plus-valore. Proprio per questo doveva fallire e così è stato. Egli avrebbe dimostrato la sua centralità in Parlamento, nel governo, nella coalizione e nello stesso suo partito. Il voto a favore della rielezione del presidente Mattarella, invece, ha scontentato (quasi) nessuno perché ha evitato ogni altrui intestazione. Affinché nessuno vinca, meglio che perdano tutti: questa è stata la morale e, se è stata questa, nessuno avrebbe motivo di gioire. Per esempio, che cosa sono state le congratulazioni al momento della votazione, e il giubilo che abbiamo visto e che vedremo di nuovo tra qualche giorno, a Camere riunite plaudenti, sul volto di chi temeva di naufragare? Che cosa sono mai i sorrisi di soddisfazione durante la processione al Colle, svoltasi quasi come in un rito d'auto-umiliazione. Stavano deponendo la propria impotenza ai piedi di chi generosamente, per spirito di servizio, ha assunto il peso del loro fallimento. In fondo, era largamente prevedibile. Politicantismo invece di politica. Se c'è politica, se cioè ci sono programmi, progetti, ideali, perfino ideologie; se cioè c'è qualcosa che va al di là dell'autoreferenzialità e che tiene a bada l'ego personale o di gruppo, allora sì, si può mediare, cercare insieme il meglio tra ciò che è possibile. In una parola, si può guardare in alto trovandovi soddisfazione anche, anzi perfino di più, quando si rinuncia a qualcosa di sé in vista di qualcosa di buono che può riguardare tutti o, almeno, molti. Nel politicantismo prevalgono gli interessi particolari meschini che difficilmente aggregano consensi, soprattutto quando c'è un solo "bene "da assegnare (il Quirinale), senza beni di consolazione da distribuire: se tutto a uno, niente agli altri. Il politicante non sa che farsene della politica, anzi la evita. Tutto, per lui, è tattica del giorno per giorno. Ma, viene il momento della verità in cui inevitabilmente ci si trova di fronte alla realtà. Questo giorno è già venuto due volte. Se la prima volta, la rielezione del precedente presidente Napolitano, si poteva far finta di non vedere e considerarla un'eccezione, questa volta non può più essere così. Due volte dimostrano un malessere di fondo che testimonia un cambiamento della "costituzione materiale". Un cambiamento, questo sì, davvero antipolitico. Le grandi decisioni sfuggono al Parlamento che ne è incapace. La sua incapacità finirà per sembrare inutilità. Perché partecipare anche solo con il voto a rituali lontani, per nulla attrattivi e privi di sostanza? Ma, nei regimi in cui il Parlamento non c'è, è sospeso o è impotente, la democrazia se la svigna dalle parti di oligarchie e di tecnocrazie. Non c'è bisogno d'essere linci per accorgersi che è ciò che avviene sotto i nostri occhi. Succede dappertutto, dicono coloro che vogliono minimizzare il nostro problema e consolarsi guardando gli altri. Ma non è affatto così. Certamente non è così nella misura nostrana. (…). Per rianimare la democrazia e rendere possibili convergenze, accordi, alleanze, in altre parole politiche produttive di effetti, in questo momento la prima cosa da fare è tacere un poco. Tutti sono, più o meno, capaci solo a parlare. Difficile è riempire le scatole vuote con qualcosa che faccia dire: guarda, guarda, c'è qualcuno che sa e vuole fare! E da lì partire per riannodare i fili, per riporre speranze nella democrazia. Più si parla e meno si fa, più cresce il distacco, la noia, l'avversione. L'eccesso di pseudo-informazione in mano ai soliti esperti di cose quirinalizie e ai soliti "opinionisti" che hanno riempito fino alla noia i media in questi giorni ha mostrato, con la nausea che ha provocato, il male che s'annida nelle troppe parole. (…). Ora, un poco di silenzio, di concentrazione e serietà. (…). Di seguito, «“Alto profilo” quella frase fatta che cela il vuoto della politica» di Giacomo Papi, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 27 di gennaio 2022: Quando tutto questo sarà finito, bisognerà spendere una parola per l'espressione "di alto profilo" che da più di un mese è associata alla figura del prossimo Presidente della Repubblica. La politica ha spesso l'esigenza di dare aria ai denti, e a ogni nuova elezione per il Quirinale dilaga la lingua-fumo, quella che serve a nascondere più che a svelare e che si basa su formule fisse, trite e ritrite, estratte dai polverosissimi armadi dei luoghi comuni. Quello che non si capisce, però, è perché mai l'informazione si presti a ripetere e a mettere in circolazione le frasi prive di senso della politica. Che cosa vuol dire esattamente "di alto profilo"? Che per non sfigurare di fianco ai corazzieri il prossimo Presidente della Repubblica dovrà essere alto almeno quanto Guido Crosetto, l'enorme deputato di Fratelli d'Italia che misura 1,96 centimetri e ieri ha raccolto 114 voti? Oppure l'espressione serve solo a escludere Silvio Berlusconi e Renato Brunetta? Potrebbe voler dire che la persona che guiderà, garantirà e rappresenterà l'Italia nel mondo non deve essere cercata tra le figure di basso profilo, bassi istinti e bassi appetiti. Insomma, si intende chiarire una volta per tutte, e solennemente, che i partiti si rifiutano di eleggere un guitto squallido, avido e arraffone? O forse significa soltanto che il prossimo Presidente dovrà essere autorevole? Nel qual caso mi pare una precisazione necessaria: non vogliamo uno che quando parla o appare in pubblico tutti ridono, si danno di gomito e fanno pernacchie. È evidente che l'informazione, come l'economia, sottostà alla legge della domanda e dell'offerta, e che se una notizia viene data e una dichiarazione rilanciata è perché - pur nel disinteresse e distrazione generali - esiste un pubblico che vuole sapere o almeno avere qualcosa da ripetere al bar o sui social. È anche vero, però, che il mestiere di chi informa dovrebbe assicurare un minimo di corrispondenza e misura tra la realtà raccontata e le parole che provano a descriverla. Dovrebbe assicurarsi, cioè, che la lingua non sia usata per confondere o prendere tempo. Anche perché il cattivo linguaggio ha la capacità di moltiplicarsi e diffondersi come un virus di bocca in bocca, di fiato in fiato, infettando di frasi fatte e svuotate lo strumento che dovrebbe servire a capirci e a orientarci nel mondo. Il presunto leader dei Cinque Stelle Giuseppe Conte, per esempio, parla ormai come un democristiano degli anni Cinquanta, con la differenza che il democristiano degli anni Cinquanta il gergo per non dire nulla lo stava inventando mentre Conte lo sta ripetendo (anche se gli va riconosciuto il merito, un record, di essere riuscito a montare una dichiarazione composta esclusivamente di frasi fatte): "Facciamo un passo avanti e cominciamo un serio confronto tra le forze politiche per offrire al Paese una figura di alto profilo, autorevole, ampiamente condivisa". C'è tutto: il "passo in avanti", l'"ampiamente condiviso" e l'"alto profilo", appunto, ma distinto da "autorevole", e infine "il serio confronto", perché evidentemente potrebbe non esserlo, serio, il confronto. Più sobrio il tweet del segretario del Pd, Enrico Letta, di qualche giorno fa: "Ora ci vuole accordo alto su nome condiviso". Perché "alto" l'accordo? Come si configura l'accordo alto? È quello con Crosetto? E perché "condiviso"? Se l'accordo c'è, non è condiviso per forza? Meno male che Matteo Salvini, dopo aver invocato un "profilo altissimo", forse anche più di Crosetto, ha assicurato: "Stiamo lavorando per una soluzione positiva, rapida, efficace". Ed abbiamo tirato un sospiro di sollievo a sapere che non sarà negativa, lenta e inutile. A Berlusconi, invece, va dato atto della chiarezza del comunicato della rinuncia: "Occorre individuare una figura capace di rappresentare con la necessaria autorevolezza la Nazione nel mondo e di essere garante delle scelte fondamentali del nostro Paese nello scenario internazionale, l'opzione europea e quella atlantica, sempre complementari e mai contrapponibili, essenziali per garantire la pace e la sicurezza e rispondere alle sfide globali". (Ma soprattutto di non aver usato "alto profilo"). L'elezione del Presidente della Repubblica è un gioco appassionante che, in quanto tale, ha anche a che fare con lo spettacolo e l'intrattenimento. Se la democrazia ha vinto (per ora, qui) o almeno se ha avuto successo, è perché è un gioco a cui tutti possono partecipare, non soltanto i sovrani, i nobili e i preti. Come dice Marilyn Monroe a Laurence Olivier in "Il principe e la ballerina": "Le elezioni sono una buona cosa. Sono democratiche". Ma ogni gioco si basa su regole certe e su un lessico esatto, nei limiti del possibile. Non può abusare di formule fumose e prive senso. E se le frasi fatte ci devono proprio essere, almeno si faccia la fatica di verificarne il significato. L'espressione "alto profilo", per esempio, deriva dall'inglese "high profile" che per il Cambridge Dictionary significa: "Attracting a lot of attention and interest from the public and newspapers, television, etc.". I partiti starebbero cercando, cioè, senza saperlo, qualcuno in grado di attrarre l'attenzione del pubblico, giornali e televisioni etc. Un personaggio famoso, insomma, uno che faccia parlare di sé.  (…).

Nessun commento:

Posta un commento