"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 2 febbraio 2022

Paginedaleggere. 85 «Il "paese che amo" non è altro che lui stesso: un uomo e un Paese».

 

A lato. "Piazza S.Simeone" (Roma), acquerello (2021) di Anna Fiore.

A proposito di “patria”, “paese” e quant’altro attenga allo spirito (malsano assai, nei secoli saeculorum) di appartenenza ed identità collettiva ne ha scritto Marco Belpoliti in “Paese” pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 30 di gennaio 2022: "Il paese che amo" è un refrain di Silvio Berlusconi. Amore tutti sanno cos'è per averlo provato almeno una volta nella vita. Ma Paese cosa significa? Per il Cavaliere sta al posto di Italia, parola che c'è già nel logo del suo partito, di cui Paese è sinonimo. La parola deriva dal latino pagus, villaggio, termine che nel XII secolo indicava "una grande estensione di territorio abitato e coltivato". Solo alla fine del XIII ha cominciato a indicare: nazione, stato, patria. Berlusconi da vero pubblicitario sa che Paese suona meglio di Patria per la maggior parte degli italiani, che sono, nonostante tutto, dei "paesani", legati al luogo in cui sono nati. Patria è un termine che usa Giorgia Meloni insieme a "patriota", parola il cui significato oscilla a seconda dei parlanti: nel 1944 indicava i fascisti della Repubblica Sociale come i partigiani.

In un passaggio di "I sommersi e i salvati" (1986) Primo Levi spiega cosa sia la Patria: "Si colloca vistosamente fuori del linguaggio parlato: nessun italiano, se non per scherzo, dirà mai "prendo il treno e ritorno in patria". È di conio recente, e non ha senso univoco; non ha equivalenti esatti in lingue diverse dall'italiano, non compare, che io sappia, in nessuno dei nostri dialetti (e questo è un segno della sua origine dotta e della sua intrinseca astrattezza), né in Italia ha avuto sempre lo stesso significato. Infatti, a seconda delle epoche, ha indicato entità geografiche di estensione diversa, dal villaggio dove si è nati e (etimologicamente) dove hanno vissuto i nostri padri, fino, dopo il Risorgimento, all'intera nazione. In altri paesi, equivale press'a poco al focolare, o al luogo natio; in Francia (e talora anche fra noi) il termine ha assunto una connotazione a un tempo drammatica, polemica e retorica: la Patrie è tale quando è minacciata o disconosciuta". Patria ha una declinazione "militare", ed esprime il sottofondo bellico del linguaggio di "Fratelli d'Italia", che, per quanto ripulito e riaggiornato, riecheggia quello del Movimento Sociale. Silvio Berlusconi no, lui sa usare le parole del marketing, ma come tutte le parole della pubblicità alla fine s'usurano in bocca a chi le usa. Il "paese che amo" non è altro che lui stesso: un uomo e un Paese. L'augurio è che il nuovo Presidente, chiunque esso sia, metta insieme le due parole, Paese e Patria, così che entrambe non riguardino solo la prima persona singolare o plurale, io e noi, ma anche la terza: egli e essi. Ne aveva riflettuto anche Maurizio Viroli – dall’anno 2014 professore emerito presso l'”Università di Princeton” – in «Un “presidente patriota” è per forza antifascista», pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di dicembre dell’anno 2021, a seguito della “boutade” – che per il dizionario Treccani sta per “‹butàd› s. f., fr. [dall’ital. bottata, termine di scherma]. 1. Battuta di spirito, osservazione arguta, in cui la spontaneità e l’immediatezza si uniscono a una punta di paradosso. 2. Ghiribizzo, capriccio. 3. Nel sec. 18°, improvvisazione di danze o fantasie e simili” – della “pasionaria” dei cosiddetti “affratellati d’Italia”, che di seguito si riporta quasi integralmente: (…). Mi permetto di invitare l’Onorevole (Meloni Giorgia n.d.r) a riflettere su poche semplici considerazioni. 1. Essere patrioti vuol dire amare la patria. Spiegare cosa si dovrebbe intendere per amore e per patria richiede un approfondimento che le poche righe di un articolo non consentono. Mi limito a osservare che l’amore di patria, nel suo più nobile significato, è, in primo luogo, l’amore della libertà di un popolo. 2. Amare la patria italiana, se le parole hanno ancora un senso, vuol dunque dire difendere la vita, la libertà e la dignità degli italiani. Sarebbe quantomeno bizzarro sostenere che amava gli italiani chi li ha massacrati, li ha gettati ingiustamente in carcere, li ha costretti all’esilio, li ha privati delle fondamentali libertà politiche e civili, li ha mandati a morire in vergognose guerre coloniali, ha chiuso in campi di concentramento gli italiani di religione ebraica, ha fatto combattere i militari italiani a fianco di un criminale come Hitler, ha scatenato la guerra civile. 3. I fascisti hanno fatto tutto questo. Sono cose note, ma repetita juvant, dicevano i pazienti professori. Prima che Mussolini fosse chiamato a formare un governo dallo spregevole monarca Vittorio Emanuele III, i fascisti avevano già distrutto sezioni e cooperative socialiste, comuniste e popolari, aggredito militanti dei partiti democratici e di sinistra. Giunti al potere, hanno praticato l’ignobile metodo dell’assassinio politico: don Giovanni Minzoni è stato massacrato il 23 agosto 1923 dagli squadristi di Italo Balbo; Giacomo Matteotti è stato ucciso il 10 giugno del 1924 per ordine di Mussolini; Piero Gobetti è morto a Parigi il 15 febbraio 1926 a causa delle ripetute aggressioni subite per mano fascista; Giovanni Amendola, anch’egli ripetutamente aggredito dai fascisti, è spirato il 7 aprile 1926; Antonio Gramsci è stato condannato a vent’anni di carcere ed è morto il 27 aprile 1937; Carlo e Nello Rosselli sono stati barbaramente trucidati da sicari della organizzazione filofascista Cagoule il 9 giugno 1937. L’elenco potrebbe continuare. Fra il 1925 e il 1926 il governo Mussolini ha emanato le cosiddette “leggi fascistissime” che hanno tolto agli italiani la libertà di parola e di stampa, la libertà di associarsi in partiti politici e in sindacati (a eccezione del partito e dei sindacati fascisti, naturalmente) e la libertà di sciopero. Ha istituito il Tribunale speciale per la difesa dello Stato al fine di perseguire i reati di antifascismo. Fra il 1931 e il 1935 ha scatenato una brutale repressione in Cirenaica e la guerra di conquista in Etiopia. Nel settembre del 1938 ha emanato le famigerate leggi razziali volte a colpire gli ebrei. Il 10 giugno 1940 Mussolini ha dichiarato guerra all’Inghilterra e alla Francia (già sconfitta) e ha mandato gli italiani a morire in Africa, in Grecia, nei Balcani, in Russia. Nel settembre del 1943 ha fondato, per ordine di Hitler, la Repubblica sociale italiana. Una serie di atti d’amore davvero esemplari verso gli Italiani e l’Italia. “Ma il fascismo ha fatto anche cose buone” suona il penoso ritornello che da qualche settimana è tornato in voga. Le cosiddette “cose buone” del fascismo non erano tali per la semplice ragione che Mussolini le ha fatte non per il bene degli italiani, ma per rafforzare il consenso al regime: il consenso di uomini e donne ai quali lo stesso regime aveva tolto la libertà e quindi li aveva resi servi. Se avesse voluto davvero il bene degli italiani, il fascismo avrebbe dovuto restituire loro la libertà, il bene più prezioso, rispetto al quale bonifiche di paludi e sussidi di vario genere sono del tutto irrilevanti, nient’altro che ripugnanti contentini del padrone ai servi. 4. Poiché il fascismo ha fatto più male agli italiani di qualsiasi altro regime politico, come può chi ama l’Italia e gli italiani non detestare il fascismo? Come può, in altre parole, un patriota non essere un antifascista intransigente? Certo, al Quirinale deve andare un vero patriota. Anche perché sarebbe davvero roba da manicomio avere un presidente della Repubblica – che ha il dovere costituzionale di tutelare l’unità nazionale – che non ama la patria italiana. Sarebbe quasi come avere al Quirinale un pregiudicato come Berlusconi, amico di figuri condannati per corruzione e per mafia. Infine, il presidente della Repubblica è garante della Costituzione. La nostra Costituzione è antifascista dal primo articolo che proclama la sovranità popolare alla norma finale che vieta la ricostituzione del disciolto partito fascista. Un presidente “patriota”, ma non antifascista, potrebbe essere soltanto un nazionalista, oppure un poveruomo, o una povera donna, capace solo di balbettare frasi vuote sulla patria e sull’amor di patria.

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