"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 17 febbraio 2022

Paginedaleggere. 90 «Dire dignità nel secolo della "terza guerra mondiale a pezzi" è desiderare di essere umani».

Della “Dignità” che va riconosciuta a ciascuno degli esseri umani ne ha scritto Francesco Occhetta sul settimanale “L’Espresso” del 13 di febbraio ultimo: La dignità - dal latino dignitas, meritevole e degno - è come l'aria: ne scopri l'importanza solo quando ti viene a mancare. Ma è anche come un "fuoco interiore" che non si spegne, nemmeno quando gli altri cercano di calpestare i tuoi diritti o di toglierti la vita. La dignità non si può sopprimere. (…). Nella Costituzione è la parola che illumina le altre. Per questo lo Stato è chiamato a garantirla (nei fatti) mentre il potere politico la dovrebbe aggiornare nel tempo rimuovendone gli ostacoli. Sul tema si sono riempite intere biblioteche. Per Paul Ricoeur la dignità è «dovuta all'essere umano per il semplice fatto che egli è umano», per Hannah Arendt è il «diritto ad avere diritti»: per la filosofia non è "qualcosa'' che ha un prezzo, ma è "qualcuno" che ha "valore" e merita rispetto. La tradizione biblica l'ha elevata alla sua massima potenza perché uomo e la donna sono creati «a immagine e somiglianza di Dio» e accumunati dallo stesso destino. Ma per Kant occorre scegliere: «Agisci in modo da trattare l'umanità, così nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine e mai semplicemente come un mezzo». Altrimenti l'oblio è dietro l'angolo. I moderni campi di concentramento, come i campi profughi o alcune carceri nascono proprio per cancellare la dignità. I nazisti chiamavano i loro prigionieri «pezzi», oggetti e numeri senza nome. Ma il pianista Olivier Messiaen durante la sua prigionia componeva musica; Giovannino Guareschi raccontava storie ai suoi compagni. Tutto questo grazie alla loro dignità. Dire dignità nel secolo della "terza guerra mondiale a pezzi" è desiderare di essere umani. Sì perché la dignità è la sorella maggiore della solidarietà e della libertà e nemica dell'intolleranza e della prepotenza. Il resto è noto: chi nega la dignità degli altri, prima o poi finisce per perdere anche la propria. Di seguito, la preziosissima riflessione di Gad Lerner - “La pantomima dell’Occidente” - sugli avvenimenti ucraini di questi perigliosi nostri giorni che è al contempo testimonianza umana e personale dell’Autore, riflessione/testimonianza - riportata su “il Fatto Quotidiano” di ieri mercoledì 16 di febbraio 2022 - che lacera le carni ancor oggi a chi è stato privato dell’essenza propria degli umani che è la “dignità”: Nessun soldato occidentale morirà per Kiev e il primo a saperlo era Putin, memore della ritirata disonorevole della Nato da Kabul, neanche sei mesi fa. La messinscena di un'alleanza atlantica ricompattata contro il nemico russo non può risultare credibile dopo la figuraccia afghana che ha svelato al mondo quanto poco valgano ormai le promesse e la capacità dissuasiva della Nato. Su tale convinzione Putin ha basato il suo minaccioso azzardo. Che si trattasse di una mossa propagandistica lo ha capito anche Volodymyr Zelenski, l'attore comico divenuto presidente dell'Ucraina, non a caso impegnato da giorni a smentire l'allarme invasione di Joe Biden. Le diplomazie europee, in barba ai proclami formali di lealtà, si sono smarcate dal presidente Usa, relegando nell'anacronismo i dottor Stranamore cui non è sembrato vero di poter riesumare sui mass media il linguaggio vintage della Guerra Fredda. Peccato che questa de-escalation non rappresenti una buona notizia per gli ucraini, ai quali potrebbe toccare presto il colpo basso dell'annessione russa del Donbass. Continueranno a vedersela con le mire imperiali di Mosca come tocca loro da secoli, ben prima del comunismo. Da quando nel 996 il regno Rus' si convertì al cristianesimo sulle rive del Dnepr, assumendo Kiev come fonte battesimale della grande Madre Russia, e loro venivano chiamati cosacchi, tatari o ruteni, il destino di questo crogiuolo di nazionalità, chiese, alfabeti li ha visti mescolarsi ai russi, ai polacchi, ai te-deschi, agli armeni e agli ebrei in città cosmopolite; o disperdersi nelle steppose regioni cerealicole che negli anni Trenta del secolo scorso, per colpa della guerra di classe scatenata dai comunisti sovietici ai kulaki, i piccoli proprietari, conobbero l'ecatombe dell'holodomor, la peggiore delle carestie. Si calcola che tra guerre, fucilazioni di massa e per fame, l'Ucraina abbia contato 17 milioni di morti nel Ventesimo secolo. Il seguito di quella tragedia destabilizza ancora il mondo contemporaneo. Gli ucraini non si libereranno mai dei russi perché con loro si sono sposati e hanno fatto figli, sono i vicini di casa immigrati dopo la rivoluzione bolscevica e dopo la carneficina della Seconda guerra mondiale. La guerra con Putin non sarebbe dunque un'invasione dai confini ma l'estensione di un conflitto fratricida come quello già in corso nel Donbass. La degenerazione post-sovietica dell'Ucraina è il buco nero d'Europa, il precipizio dove va a perdersi la nostra cattiva coscienza. Là dove nel Novecento si perpetrò l'amputazione delle nazionalità conviventi, oggi allignano la corruzione, il mercato nero dell'energia e il fanatismo. Prendiamo la regione occidentale di Leopoli, dove gli Usa hanno trasferito l'ambasciata perché si considera la più stabile, per netta prevalenza etnica ucraina e minor influenza russa. Ebbene, questa apparente tranquillità altro non è che l'esito di una mutilazione. Per volontà di Hitler fra il 1941 e il 1943 fu annientato un terzo della popolazione locale, cioè gli ebrei, con l'attiva partecipazione dei nazionalisti locali arruolati nella Divisione SS Galizien. Nell'immediato dopoguerra, poi, un altro terzo della popolazione, costituito dai polacchi, per ordine di Stalin fu deportato verso la Slesia e la Pomerania, al posto dei tedeschi che ne venivano espulsi: Così la splendida Leopoli dal volto asburgico si è ritrovata interamente ucraina. Veri e propri trapianti etnici che, unitamente al genocidio e a 46 anni di regime sovietico, hanno abbruttito regioni un tempo floride. Terre fertili, riserve petrolifere, scuole e università di prim'ordine. Al posto loro, tanta desolazione e strascichi di reciproca ostilità. Un esempio personale: quando da Leopoli sono andato verso i monti Carpazi a far visita alle fosse comuni in cui giace quasi tutta la mia famiglia paterna, pochi tornanti sotto quel luogo mi sono imbattuto nel monumento a Stepan Bandera, tuttora venerato leader antisemita dell'Oun, l'organizzazione nazionalista che aiutò i nazisti a perpetrare lo sterminio. Insieme a Symon Petljura, Bandera resta l'eroe dell'indipendentismo ucraino, non importa se di marca fascista: gli basta che combattessero il comunismo di cui gli ebrei, detti "giudeobolscevichi", venivano accusati di essere complici. La rimozione della storia, praticata dallo stalinismo per negazione delle autonomie nazionali (fu Nikita Krusciov, segretario del Partito comunista ucraino dal 1938 al 1949, a guidare la repressione), nell'Ucraina indipendente dal 1991 ha sterzato nella direzione opposta. Nessun libro di testo scolastico ammette le infamie di cui si macchiarono i nazionalisti alleati di Hitler. Solo ora a Kiev, non senza polemiche perché si temeva di fare il gioco dei russi, è stata ammessa la commemorazione dell'"Olocausto dei proiettili" sull'immensa fossa comune di Babi Yar, dove furono accatastati 34 mila ebrei uccisi in soli due giorni tra il 29 e il 30 settembre 1941. Né la mattanza si fermò, superando la soglia di 100 mila morti nei mesi successivi. Nei giorni scorsi lo schieramento dei contingenti Nato sulla frontiera occidentale dell'Ucraina, in Romania, Ungheria, Slovacchia e Polonia è stato meramente simbolico. Altrove sono posizionate a tenaglia le truppe di Mosca. A nord, sul confine con la Bielorussia, poco distanti da Charkiv, città con alta percentuale di popolazione russa, non a caso sede del governo sovietico dal 1917 al 1934. A sud con la flotta che presidia il Mar Nero minacciando Odessa, la patria di Lev Trockij e Isaak Babel (come il cristianesimo, anche la rivoluzione russa ha avuto forti radici in Ucraina). Ma è soprattutto a est che dal 2014, quando un'azione di forza ricongiunse alla madrepatria russa la Crimea donata da Krusciov nel 1954 all'Ucraina, mai si è smesso di combattere. Qui sono sorte le "repubbliche popolari" di Donetsk e di Luhansk, foraggiate da Mosca e contraddistinte da un nazionalismo fanatico che attira le simpatie dell'estrema destra europea, con tanto di volontari stranieri arruolati nelle loro file. Paradossalmente, anche il nazionalismo antirusso di chi le combatte s'identifica nella medesima radice fascista. Nel 2013 fu improvvidamente bocciato un trattato di stabilizzazione e adesione dell'Ucraina all'Unione europea. Da allora, per scongiurare il pericolo di ricadere sotto la "sovranità limitata" di Mosca, una classe dirigente ucraina imbelle e corrotta ha fatto suo l'obiettivo di entrare nella Nato. Una scorciatoia pericolosa di cui oggi si è manifesta l'inefficacia.

1 commento:

  1. "Superare la povertà non è un gesto di carità. È un atto di giustizia. È la tutela di un diritto fondamentale, il diritto alla dignità e a una vita decente". (Nelson Mandela). "La vita di ogni essere vivente è sacra e bisogna averne il massimo rispetto". (Albert Schweitzer). "Non c'è rispetto per gli altri, senza umiltà in se stessi". (Henri Frederic Amiel). "Ciascun volto è il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per se stessi". (Tahar Ben Jelloun). "Il rispetto delle persone implica l'accettazione di tutto ciò che è diverso da noi.E su questo non si può mai discutere". (Anonimo). "Un umanesimo ben ordinato non comincia da se stessi, ma pone il mondo prima della vita,la vita prima dell'uomo, il rispetto degli altri esseri prima dell'amor proprio".(Claude Levi-Strauss). Carissimo Aldo, questo tuo preziosissimo post, così attuale, racchiude un invito pressante a riflettere sul desiderio "di essere umani", che purtroppo sembra ormai, quasi completamente scomparso nella società e nella politica... Grazie e buona continuazione.

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