A lato. "Chioggia, penna e acquerello" (2021) di Anna Fiore.
Tratto da “Il mito della verità” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 13 di febbraio dell’anno 2021:
Non
tutte le bugie sono esecrabili. Il problema (…) tra verità e moralità può
essere risolto solo se decidiamo di mettere al primo posto la verità o la vita,
o detto più semplicemente, se dire sempre la verità aiuta o non aiuta a vivere.
(…). …la figlia potrebbe dire la verità (…) perché la madre soffre di demenza
senile, che è uno stato in cui verità (aderenza alla realtà) e menzogna
(scostamento dalla realtà con fantasie e ricordi alterati) si confondono in uno
stato permanente, per cui comunicarle che una sua figlia è morta, al momento
verrebbe dolorosamente creduto e poco dopo illusoriamente non creduto. In ogni
caso il comportamento della figlia che mente alla madre non è condannabile se
privilegiamo la vita e la serenità della madre alla verità. Per salvare la
propria vita anche gli animali mentono con il loro mimetismo che inganna il
predatore, oppure quando, non potendolo attaccare, si nascondono, e nascondersi
è una forma di menzogna, perché priva l’avversario delle informazioni
necessarie per orientare la sua condotta. L’inganno appartiene alla logica del
vivente, rintracciabile non solo nel mondo animale, ma anche in quello umano,
come nel caso di Ulisse che, per porre fine alla guerra, preferisce, all’uso
della forza, quello della menzogna. Scendendo a esperienze più vicine a noi,
non c’è gioco che non si alimenti di menzogne. E questo non solo nel poker, ma
anche nei giochi dei bambini o dei calciatori che, quando “fanno la finta”,
accennano a una condotta per poi intraprenderne un’altra. La parola latina
ludere che significa “giocare” è la stessa di illudere, ossia ingannare
l’avversario. Dire la verità al proprio partner quando ancora non si è deciso
che direzione prendere nella propria vita, dopo essere stati folgorati da un
nuovo amore, è un atto di sincerità o una sottile forma di sadismo che non
tiene conto della sofferenza che si infligge all’altro, quando una decisione
non è ancora stata presa? Prima di dire la verità occorre infatti mettersi nei
panni dell’altro, come fanno gli psicoanalisti, i quali, anche se hanno capito
con largo anticipo i problemi dei loro pazienti, non emettono diagnosi che al
momento non potrebbero essere accettate dal paziente, ma attendono che il
paziente ci arrivi da solo, e da sé scopra cosa c’è alla base della sua
sofferenza. In termini più semplici, la psicoanalisi non è altro, come ci
insegna Freud, che lo svelamento dell’autoinganno, costruito dalla nostra mente
che elabora razionalmente desideri inconsci che si vorrebbe soddisfare senza
averne il coraggio. Lo stesso diceva Marx a proposito
delle ideologie: “Le idee dominanti sono le idee della classe dominante” che
è riuscita a persuadere l’intera popolazione che quelle sono le idee giuste.
Allo stesso modo, nella Genealogia della morale, Nietzsche indica i vizi
sottesi alle virtù e mascherati dalla virtù. E siccome la vita di tutte le
comunità si regge sul bisogno di stabilità, se a garantirla è una menzogna, la
si accetta comunque se torna vantaggiosa sul registro della vita. Per questo,
scrive Nietzsche: “Sono ancora in attesa che un filosofo medico abbia in futuro
il coraggio di portare al culmine il mio sospetto: in ogni filosofare non si è
trattato per nulla fino ad oggi di verità, ma di qualcos’altro, come salute,
avvenire, sviluppo, potenza, vita”.
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