Ha scritto Umberto Galimberti in
“Siamo tutti omologati” pubblicato sul
settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 15 di gennaio 2022:
E
questa condizione è senza scampo, perché non avvertiamo l’omologazione come una
coercizione. Certo anche in passato esisteva l’omologazione, per la semplice
ragione che non c'è uomo che non sia figlio del suo tempo, e quindi in qualche
modo omologato al suo tempo. Ma mentre nel passato l'omologazione a una certa
organizzazione del mondo non escludeva la possibilità di altri mondi
(altrimenti nella storia non si sarebbero verificate le rivoluzioni), nella
nostra epoca proprio perché presieduta dalla tecnica (…), l'omologazione non è
più una condizione che può anche essere oltrepassata, ma l'unica condizione per
poter vivere. Per rendercene conto dobbiamo smettere di pensare che la tecnica
sia uno strumento nelle mani dell'uomo come lo è stato nelle epoche passate,
perché, per effetto del suo sviluppo che non conosce limiti, la tecnica, oggi
approdata all'informatica e all'intelligenza artificiale, è diventata il nostro
mondo, che non possiamo fare a meno di abitare dal momento che se la tecnica
non è più un "mezzo" ma un "mondo, non ho altra scelta se non
quella di prendervi parte. Infatti, se tutta la vita reale, da quella
occupazionale a quella privata, scorre nella rete, non disporre di un
apparecchio che alla rete mi collega mi esclude dal mondo. Quindi non ho più la
libertà di acquistare o meno un computer o un telefonino, perché senza questa
strumentazione "io non sono, letteralmente al mondo", se è vero che
ogni forma ' di comunicazione passa unicamente attraverso quella strumentazione.
Qui la tecnica è già uscita dal suo ambito e ha invaso non solo il campo della
sociologia, determinando il modo di comunicare nella società, ma anche il campo
della psicologia, perché se il mondo reale non ha per noi più alcuna
consistenza, visto che quello frequentato è solo il mondo in rete, è ovvio che
quando si spegne il computer o il cellulare si prova un vuoto terribile, per
cui occorre portare questi "mezzi di comunicazione" sempre con se
ovunque si vada, quasi fossero un salvavita. (…). …libertà tutto questo o non
piuttosto un'omologazione forzata? Perché l'omologazione non venga percepita
come coercizione è sufficiente che il mondo della tecnica e dell'economia
globalizzata non siano avvertiti come uno dei possibili mondi, ma come l'unico mondo
al di fuori dal quale, (…), non si danno condizioni migliori d'esistenza. Allora
e solo allora ordine e obbedienza non sono avvertiti come fatti coercitivi
(come sotto le dittature che forse proprio per questo sono crollate), ma come
condizioni naturali, allo stesso modo di come i pesci dei fondali marini non
percepiscono come coercizione la pressione dell'acqua e noi umani quella
dell'atmosfera, dal momento che non abbiamo altra possibilità d'esistenza al di
fuori del mondo creato dalla tecnica e dall'economia globalizzata. Per
convincerci è sufficiente considerare quanta ansia ci prende quando si
interrompe la fornitura dell'energia elettrica o del gas, oppure quando, in
occasione di uno sciopero prolungato dei mezzi di trasporto, non sappiamo più
come raggiungere i nostri posti di lavoro, temiamo per il rifornimento degli
alimentari per cui ne facciamo incetta svuotando i supermercati, ci allineiamo
in coda ai distributori per fare il pieno di benzina. Tocchiamo così con mano
quanto siamo dipendenti dalle cose di cui ci ha rifornito la tecnica e il
mercato, per cui se Marx nell'Ottocento poteva dire che la maggioranza
dell'umanità non aveva niente da perdere tranne le sue catene, noi oggi
dovremmo dire che senza queste catene non avremmo di che sopravvivere. Per
questo quando si spezzano ne invochiamo subito la saldatura, collaborando in
tal modo alla nostra omologazione, affinché il mondo dischiuso dalla tecnica e
dall'economia globalizzata rimanga il più possibile garantito e assicurato,
senza rischi e possibilità di cedimento. Di seguito,
“In quest’Italia trionfa il conformismo: lo
spirito critico si è narcotizzato”, intervista di Antonello Caporale all’attrice
Ottavia Piccolo pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi lunedì 14 di
febbraio 2022:
“Tutti corrono verso la stessa direzione, applaudono gli stessi
protagonisti, ascoltano le stesse canzoni, utilizzano il medesimo vocabolario.
Faccio l'attrice e non la sociologa, ma questa Italia mi sembra come quegli
omogeneizzati dove ogni sapore si perde".
Ottavia Piccolo era a teatro nelle sere in
cui l'Italia si addormentava tra le braccia di Amadeus. “Sì, ero in un tour
teatrale in Toscana e sembrava che noi fossimo un fuor d'opera. Oddio, c'è
Sanremo e noi a fare teatro! Ma si può? Poi mi sono accorta che la gente veniva
a vederci tutte le sere, anche se siamo in tempo di pandemia e anche nelle
serate clou. Insomma mi sono felicemente accorta che c'è vita oltre a Sanremo.
E c'è anche un'Italia che non guarda Sanremo. Mi sono rasserenata”
Prima di Sanremo abbiamo tutti eseguito la
preghiera collettiva a Mattarella di salvarci dal precipizio di un Paese
deragliato. “Il presidente è uomo nobile e integro. Ma possibile che oltre ad
applaudirlo non siamo capaci di fare altro? Possibile che questa Italia sia
così povera di personalità che diano speranza nel futuro, testimoni delle tante
eccellenze? Io penso di no, penso che questa pigrizia collettiva ci porti a
considerare eccentrici anche i nostri minimi doveri civili”.
Forse è la pandemia che annulla le
differenze, riduce i contrasti, i colori. “La pandemia ci ha fatto scoprire il
senso di una comunione, ci ha fatto dire che l'unità era un valore supremo.
L'effetto collaterale però è stata la crescente narcotizzazione civile e
culturale. Per esempio abbiamo scoperto, non facendo un plissé, che era nata
attorno a noi, anzi dentro di noi, una nuova classe sociale di perdenti e
disperati: i riders”.
La pandemia è come una guerra: grandi
fortune per alcuni, il baratro per tanti altri. “Infatti ci sono molti più poveri
di ieri”.
Aumento del 102 per cento delle famiglie povere.
“E le vediamo? Neanche ce ne accorgiamo! La pandemia ha nascosto alla vista
l'altra Italia, ha reso invisibile una parte del Paese, ha piallato anche i
cervelli. Ieri ascoltavo i ragazzi che sono andati in piazza e per questo
manganellati dalla polizia. Hanno idee limpide, spiegano che a loro non si
chiede nemmeno più di studiare ma di lavorare. Fate presto a fare soldi, prima
di ogni altra cosa”.
Esiste un'Italia nascosta sempre più grande.
“Non vediamo più i migranti e nemmeno ci interessa. Il conflitto sociale
sparito, quello politico inesistente, le idee latitano. Dicono che dobbiamo
fare la rivoluzione verde. Ma può esistere una rivoluzione senza rivoluzionari?
Senza gente che si interroga, pensa, decide, combatte?”.
Narcotizzazione. “Tutti in mucchio a
sostenere il governo, in mucchio ad applaudire il presidente, in mucchio a
cantare la canzone di Gianni Morandi. Con tutto il rispetto ma a quella età
pensi ancora che sia necessario tornare per la 239esima volta su quel palco?
Sanremo è una colla che lega i corpi e non libera le energie. Mi sbaglierò, ma
sembra un tappo, altro che inno all'effervescenza”.
Lei è un'eccellente rappresentante della
infima minoranza che non apprezza. “Minoranza ... Come quando andiamo a votare
e scopriamo che gli astenuti sono poi il primo partito. Beh, forse è venuto il
momento di accorgerci che gli italiani sono molti di più di quel che crediamo,
e molto meglio di come li facciamo. Esistono le idee buone, gli uomini e le
donne eccellenti pure. L'uguaglianza non si difende erigendo un Paese diseguale”.
Lei è attrice non allineata. “Un tempo si
chiamava spirito critico, ora non saprei”.
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