"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 14 febbraio 2022

Notiziedalbelpaese. 54 «E c'è anche un'Italia che non guarda Sanremo».

Ha scritto Umberto Galimberti in “Siamo tutti omologati” pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 15 di gennaio 2022: E questa condizione è senza scampo, perché non avvertiamo l’omologazione come una coercizione. Certo anche in passato esisteva l’omologazione, per la semplice ragione che non c'è uomo che non sia figlio del suo tempo, e quindi in qualche modo omologato al suo tempo. Ma mentre nel passato l'omologazione a una certa organizzazione del mondo non escludeva la possibilità di altri mondi (altrimenti nella storia non si sarebbero verificate le rivoluzioni), nella nostra epoca proprio perché presieduta dalla tecnica (…), l'omologazione non è più una condizione che può anche essere oltrepassata, ma l'unica condizione per poter vivere. Per rendercene conto dobbiamo smettere di pensare che la tecnica sia uno strumento nelle mani dell'uomo come lo è stato nelle epoche passate, perché, per effetto del suo sviluppo che non conosce limiti, la tecnica, oggi approdata all'informatica e all'intelligenza artificiale, è diventata il nostro mondo, che non possiamo fare a meno di abitare dal momento che se la tecnica non è più un "mezzo" ma un "mondo, non ho altra scelta se non quella di prendervi parte. Infatti, se tutta la vita reale, da quella occupazionale a quella privata, scorre nella rete, non disporre di un apparecchio che alla rete mi collega mi esclude dal mondo. Quindi non ho più la libertà di acquistare o meno un computer o un telefonino, perché senza questa strumentazione "io non sono, letteralmente al mondo", se è vero che ogni forma ' di comunicazione passa unicamente attraverso quella strumentazione. Qui la tecnica è già uscita dal suo ambito e ha invaso non solo il campo della sociologia, determinando il modo di comunicare nella società, ma anche il campo della psicologia, perché se il mondo reale non ha per noi più alcuna consistenza, visto che quello frequentato è solo il mondo in rete, è ovvio che quando si spegne il computer o il cellulare si prova un vuoto terribile, per cui occorre portare questi "mezzi di comunicazione" sempre con se ovunque si vada, quasi fossero un salvavita. (…). …libertà tutto questo o non piuttosto un'omologazione forzata? Perché l'omologazione non venga percepita come coercizione è sufficiente che il mondo della tecnica e dell'economia globalizzata non siano avvertiti come uno dei possibili mondi, ma come l'unico mondo al di fuori dal quale, (…), non si danno condizioni migliori d'esistenza. Allora e solo allora ordine e obbedienza non sono avvertiti come fatti coercitivi (come sotto le dittature che forse proprio per questo sono crollate), ma come condizioni naturali, allo stesso modo di come i pesci dei fondali marini non percepiscono come coercizione la pressione dell'acqua e noi umani quella dell'atmosfera, dal momento che non abbiamo altra possibilità d'esistenza al di fuori del mondo creato dalla tecnica e dall'economia globalizzata. Per convincerci è sufficiente considerare quanta ansia ci prende quando si interrompe la fornitura dell'energia elettrica o del gas, oppure quando, in occasione di uno sciopero prolungato dei mezzi di trasporto, non sappiamo più come raggiungere i nostri posti di lavoro, temiamo per il rifornimento degli alimentari per cui ne facciamo incetta svuotando i supermercati, ci allineiamo in coda ai distributori per fare il pieno di benzina. Tocchiamo così con mano quanto siamo dipendenti dalle cose di cui ci ha rifornito la tecnica e il mercato, per cui se Marx nell'Ottocento poteva dire che la maggioranza dell'umanità non aveva niente da perdere tranne le sue catene, noi oggi dovremmo dire che senza queste catene non avremmo di che sopravvivere. Per questo quando si spezzano ne invochiamo subito la saldatura, collaborando in tal modo alla nostra omologazione, affinché il mondo dischiuso dalla tecnica e dall'economia globalizzata rimanga il più possibile garantito e assicurato, senza rischi e possibilità di cedimento. Di seguito, “In quest’Italia trionfa il conformismo: lo spirito critico si è narcotizzato”, intervista di Antonello Caporale all’attrice Ottavia Piccolo pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi lunedì 14 di febbraio 2022: “Tutti corrono verso la stessa direzione, applaudono gli stessi protagonisti, ascoltano le stesse canzoni, utilizzano il medesimo vocabolario. Faccio l'attrice e non la sociologa, ma questa Italia mi sembra come quegli omogeneizzati dove ogni sapore si perde".

Ottavia Piccolo era a teatro nelle sere in cui l'Italia si addormentava tra le braccia di Amadeus. “Sì, ero in un tour teatrale in Toscana e sembrava che noi fossimo un fuor d'opera. Oddio, c'è Sanremo e noi a fare teatro! Ma si può? Poi mi sono accorta che la gente veniva a vederci tutte le sere, anche se siamo in tempo di pandemia e anche nelle serate clou. Insomma mi sono felicemente accorta che c'è vita oltre a Sanremo. E c'è anche un'Italia che non guarda Sanremo. Mi sono rasserenata”

Prima di Sanremo abbiamo tutti eseguito la preghiera collettiva a Mattarella di salvarci dal precipizio di un Paese deragliato. “Il presidente è uomo nobile e integro. Ma possibile che oltre ad applaudirlo non siamo capaci di fare altro? Possibile che questa Italia sia così povera di personalità che diano speranza nel futuro, testimoni delle tante eccellenze? Io penso di no, penso che questa pigrizia collettiva ci porti a considerare eccentrici anche i nostri minimi doveri civili”.

Forse è la pandemia che annulla le differenze, riduce i contrasti, i colori. “La pandemia ci ha fatto scoprire il senso di una comunione, ci ha fatto dire che l'unità era un valore supremo. L'effetto collaterale però è stata la crescente narcotizzazione civile e culturale. Per esempio abbiamo scoperto, non facendo un plissé, che era nata attorno a noi, anzi dentro di noi, una nuova classe sociale di perdenti e disperati: i riders”.

La pandemia è come una guerra: grandi fortune per alcuni, il baratro per tanti altri. “Infatti ci sono molti più poveri di ieri”.

Aumento del 102 per cento delle famiglie povere. “E le vediamo? Neanche ce ne accorgiamo! La pandemia ha nascosto alla vista l'altra Italia, ha reso invisibile una parte del Paese, ha piallato anche i cervelli. Ieri ascoltavo i ragazzi che sono andati in piazza e per questo manganellati dalla polizia. Hanno idee limpide, spiegano che a loro non si chiede nemmeno più di studiare ma di lavorare. Fate presto a fare soldi, prima di ogni altra cosa”.

Esiste un'Italia nascosta sempre più grande. “Non vediamo più i migranti e nemmeno ci interessa. Il conflitto sociale sparito, quello politico inesistente, le idee latitano. Dicono che dobbiamo fare la rivoluzione verde. Ma può esistere una rivoluzione senza rivoluzionari? Senza gente che si interroga, pensa, decide, combatte?”.

Narcotizzazione. “Tutti in mucchio a sostenere il governo, in mucchio ad applaudire il presidente, in mucchio a cantare la canzone di Gianni Morandi. Con tutto il rispetto ma a quella età pensi ancora che sia necessario tornare per la 239esima volta su quel palco? Sanremo è una colla che lega i corpi e non libera le energie. Mi sbaglierò, ma sembra un tappo, altro che inno all'effervescenza”.

Lei è un'eccellente rappresentante della infima minoranza che non apprezza. “Minoranza ... Come quando andiamo a votare e scopriamo che gli astenuti sono poi il primo partito. Beh, forse è venuto il momento di accorgerci che gli italiani sono molti di più di quel che crediamo, e molto meglio di come li facciamo. Esistono le idee buone, gli uomini e le donne eccellenti pure. L'uguaglianza non si difende erigendo un Paese diseguale”.

Lei è attrice non allineata. “Un tempo si chiamava spirito critico, ora non saprei”.

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