A lato. "Porto olandese" (tempera, anni '80) di Anna Fiore.
Tratto da “Vecchi amici si diventa a tutte le età” di Claudia de Lillo – in arte Elasti – pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 30 di aprile dell’anno 2016:
Solo quelli nati a scuola sono legami profondi, diceva la nonna. Ma per
fortuna non è così. Me lo disse qualcuno, un giorno, quando frequentavo ancora
la scuola elementare. Poi, qualcun altro me lo ripeté, alcuni anni dopo. E,
poco più tardi, si premurarono di ricordarmelo, aggiungendo veridicità e
sostanza a una dichiarazione che poteva farsi promessa, minaccia o condanna. «Le
vere amicizie - quelle che restano per sempre e su cui puoi contare - si fanno
a scuola. Le conoscenze successive sono solo effimeri incontri occasionali». Avevo
circa 8 anni la prima volta che questo mantra fu pronunciato. A quel tempo
c'era N****, la bambina bionda del terzo piano: la nostra era una simbiosi
perfetta, una sublime sorellanza, l'alfa e l'omega della mia socialità acerba e
timida. Lei mi bastava e, pensavo, mi sarebbe bastata per sempre. Fuori dal
nostro idillio c'era il deserto, fatta eccezione per la temibile P*** O***, con
i suoi boccoli, la sua villetta, la sua mamma casalinga e la sua Barbie
cavallerizza, ambita ma per me inarrivabile, in quanto, secondo i miei
genitori, sessista e diseducativa, ai limiti dell'abiezione. Alle medie ero
un'aliena. Sbagliata, difettosa, inetta e secchiona, brancolavo nelle tenebre
della mia età ingrata. La mia unica amica era una ragazzina giunonica e
violenta. Spesso mi minacciava. «Ti aspetto fuori e ti meno», mi diceva. Ne ero
terrorizzata. A 14 anni, la mia vita di relazione contava una finta sorella,
un'O*** con i boccoli, un'energumena assetata del mio sangue e poco altro. Col
senno di poi, non stupisce che, quando mia nonna ribadì che quelli sarebbero
stati i capisaldi dell'amicizia fino alla fine dei miei giorni, scoppiai in
singhiozzi isterici. Durante la scuola superiore andò un po' meglio, ma non
abbastanza da rassegnarmi all'idea che l'amicizia fosse quel giardinetto,
seppur grazioso, seminato in gioventù e poi ineluttabilmente recintato e chiuso
a ogni nuova, estranea intrusione. «E se, nel corso della vita, cambio? Se
cambiano loro, gli amici? Se partono e si allontanano? Se non avremo più nulla
da dirci? O ci diventeremo antipatici?», mi domandavo con apprensione. «Il dado
è tratto. Dopo, nessuno si mette in gioco come a vent'anni. Dopo, nessuno apre
la porta a un estraneo con altrettanta fiducia. Dopo, ci saranno solo rapporti
superficiali, amichevoli ma mai più amicali». È veramente così? La nostra
scorza s'indurisce a tal punto da precludere ulteriori accessi al nostro
giardino? La scoperta di un altro a noi affine, esperienza inebriante e intima,
cugina lontana ma somigliante all'innamoramento, si è irrimediabilmente
bruciata, esaurita, persa in un passato remoto? Molti ne sono convinti. Io no. Certo,
esistono affetti che affondano le loro radici sotto un banco di scuola, in una
vacanza studio in Inghilterra, tra gli scaffali di una biblioteca
universitaria, tra il primo e il terzo piano, di un palazzo degli anni '50,
abitato da figlie, poi madri, ora nonne, in un susseguirsi di generazioni e
bambini vecchi e nuovi. Ma ci sono anche germogli tardivi, che sbocciano in un
tempo in cui, secondo alcuni, le caselle della nostra socialità sono già tutte
sistemate ai loro posti. Ho incontrato miei simili, divenuti colonna portante,
astri, consiglieri e conforti della mia esistenza, nell'open space di un
ufficio in cui talvolta sembravano regnare nevrosi e follie, durante la
presentazione di un libro, in un cortile un pomeriggio di primavera guardando i
miei figli giocare a pallone, in uno scambio incidentale di mail, durante un
viaggio in un luogo impervio e improbabile, correndo lungo il Naviglio una
domenica mattina. E mi piace pensare che non sia finita qui. Voglio essere
sorpresa dietro l'angolo, in coda al cinema, al corso di step nella palestra di
quartiere. Desidero farmi catturare da un guizzo familiare in uno sguardo
sconosciuto, da una conversazione arguta, da un'empatia inaspettata. Perché gli
amici possono essere il filo che ci lega al passato, la traccia del nostro
passaggio, ma anche lo specchio del nostro presente e, perché no, del nostro
luminoso e ancora ignoto futuro.
"Un amico è ciò di cui il cuore ha sempre bisogno".(Henry van Dyke). "Molte persone entreranno ed usciranno dalla tua vita, ma soltanto i veri amici lasceranno impronte nel tuo cuore".(Eleanor Roosevelt). "Ancora oggi non conosco nulla di più prezioso al mondo di una solida e sincera amicizia".(Hermann Hesse). "Un amico è un altro me stesso". (Zenone di Cizio). "Il mio migliore amico è colui che tira fuori il meglio di me".(Henry Ford). "Una delle qualità più belle della vera amicizia è capire e essere capiti".(Lucio Anneo Seneca). Carissimo Aldo,non vorrei imporre dei limiti alle opportunità future, ma personalmente ritengo che sia difficile "farmi catturare da un guizzo familiare in uno sguardo sconosciuto...." In questo non sono d'accordo con Elasti... Non mi capita più da parecchio tempo, ma credo fortemente nel valore dell'amicizia vera, in quelle amicizie che la mia sensibilità riconosce come profondamente sincere e importanti. Grazie per questo bellissimo post e buona continuazione.
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