A lato. "Suonatore di jazz a Las Vegas" (2021), acquerello di Anna Fiore.
L’amica carissima Agnese A. ha lasciato questo Suo commento al post di ieri – «La mancanza di prospettive future ha inaugurato l'epoca nichilista» -: “Carissimo Aldo, tra le mie modeste, personali riflessioni, che hanno seguito l'appassionante lettura di questo importantissimo post, una in particolare vorrei sottolinearne e riguarda la necessità di sensibilizzare i giovani, e non solo loro, ad abbandonare l'individualismo che è la sorgente di tutti i mali piccoli e grandi della vita e della società... (…)”.
Desidero ringraziarla
rendendo sentito omaggio alla Sua cortese, puntuale attenzione per questo modestissimo
blog, con lo scritto recentissimo di Umberto Galimberti pubblicato il 10 di aprile
ultimo sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” che ha per titolo «Critica
all'individualismo. Qui inteso nella forma di chi vive in base a “ciò che
sente”»: La (…) lettera è un po' confusa, però è
interessante perché contiene un inno all'individualismo, che è la degenerazione
dell'individualità, la quale si contrappone a quello che (…) chiama con
disprezzo il "branco", composto da tutti gli altri soggetti sociali,
dai quali l'individualista non solo si distingue, ma addirittura prescinde,
tagliando ogni relazione sociale e assumendo come regola della propria vita
quello che lui "sente". Un criterio questo che, proprio in quanto
biografico, si sottrae a ogni discussione e a ogni verifica, e conduce a quel
collasso della vita sociale che genera un'atmosfera caratterizzata da un diffuso
senso di irrealtà, dove gli individui hanno l'impressione di poter realizzare i
più avventati voli della fantasia, perché sono stati rimossi gli ultimi
ostacoli ai desideri più arbitrari, creando così una realtà conforme ai propri
sogni che non tarderanno a rivelarsi come paurosi incubi. Infatti, quando la
differenza tra realtà e fantasia diventa sempre più vaga si ha l'impressione di
poter disporre di una felicità a portata di mano che ridisegna la trama
illusoria della "libertà di scelta" che, invece di scegliere una
linea d'azione al posto di un'altra, si traduce, come osserva Christopher Lasch
ne L'io minimo (Feltrinelli), in un'"astensione dalla scelta" che
trova espressione, ad esempio, in matrimoni aperti, relazioni senza impegno che
al soggetto appaiono come scelte di vita dettate da ciò che "sente",
mentre sono scelte rese disponibili dalla cultura del consumo. In questa
cultura, infatti, la libertà consiste nella possibilità di scegliere tra un
marchio o l'altro, che di fatto sono indistinguibili, ma all'apparenza sembrano
concorrenti come effetto della pubblicità che dà l'illusione di una varietà
invitante, la quale, in ordine alle scelte di vita, si esprime tra amanti
intercambiabili, amicizie intercambiabili, lavori intercambiabili. Ma là dove i
rapporti personali seguono lo schema dei prodotti pubblicizzati, che irradiano
intorno a sé scenari di possibilità illimitate, la scelta non implica più
impegni e conseguenze, perché tutto, dalla scelta di un amico a quella di un
amante o di una carriera, può essere suscettibile di una cancellazione
immediata, non appena si offrono opportunità all'apparenza più vantaggiose. Ma
se un uomo sceglie di sposarsi perché può anche divorziare, se una donna
sceglie di mettere al mondo un figlio con il retropensiero di poter anche
abortire, se uno studente sceglie un indirizzo di studi con la riserva mentale
di poterlo anche cambiare o abbandonare perché non lo "sente" suo,
allora il proprio sentimento, assunto come unico criterio delle proprie scelte
e sottratto a ogni forma di verifica che non sia ciò che "io sento",
introduce un concetto di libertà come revocabilità di tutte le scelte. Ma là
dove la scelta non implica effetti irrevocabili, perché nessuna sembra
precluderne un'altra, là dove non muta il corso delle cose, là dove non avvia
una catena di eventi che può anche risultare irreversibile, allora è l'idea
stessa di scelta che nega la libertà che prete de di sostenere. Infatti, in uno
scenario dove tutto è revocabile, dove anche le identità possono essere
indossate e dismesse come un abito, nessuna identità esprime più il senso e la
storia di una vita che fa riferimento a un mondo comune, rassicurante e
durevole. Al suo posto, infatti, è subentrata un'individualità dai mille volti,
che non esprime una biografia, in cui è rintracciabile un senso costante di sé,
ma solo una serie di riflessi fugaci nello specchio di un ambiente circo-
stante che ha preso il posto del mondo comune. Se è vero che gli uomini, come
diceva Aristotele, sono "animali sociali", dal momento che la società
è costitutiva di ogni individuo, come può l'individualista vivere alimentandosi
solo di se stesso a partire da ciò che "sente"?
Carissimo Aldo, grazie di vero cuore per questo graditissimo e prezioso omaggio, che ho apprezzato moltissimo. Eccezionale e veramente molto esaustivo il modo in cui, con estrema chiarezza, il Nostro Prof Galimberti ha puntualizzato il vero concetto di libertà di scelta, intesa come libertà responsabile e attenta alle conseguenze delle scelte. A questo proposito, col tuo permesso, vorrei condividere alcune citazioni, sulle quali mi sono soffermata, dopo l'appassionante lettura di questo importantissimo post:"La forza di un uomo si misura dal potere dei sentimenti che riesce a governare e non dal potere di quelli che governano lui".(William Carleton). "Nel nostro inconscio niente è da rifiutare, ma semplicemente da risintonizzare e trasmutare".(Carl Gustav Jung). "Non è l'identità forte a generare dissesti, ma quella debole e mutevole a sospingere verso qualsiasi forma di identità generalmente regressiva".(Alberto Oliverio). "Non sono le circostanze a rendervi le persone che siete, bensì il vostro modo di reagire di fronte ad esse".(Anne Ortlund). "Vigila sui tuoi pensieri perché diventeranno le tue parole. Vigila sulle tue parole perché diventeranno le tue azioni. Vigila sulle tue azioni perché diventeranno le tue abitudini. Vigilia sulle tue abitudini perché diventeranno il tuo carattere. Vigilia sul tuo carattere perché influenzerà il tuo destino ". (Anonimo). " La personalità non può mai svilupparsi senza che l'individuo scelga, coscientemente e con una decisione morale consapevole, di seguire la propria strada ".(Carl Gustav Jung). " Per la mente che vede con chiarezza non c'è necessità di scelta, c'è azione".(Jiddu Krishnamurti). Grazie ancora, Aldo,e buona continuazione.
RispondiEliminaAmica carissima, grazie per le citazioni.
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