Ha sostenuto il teologo svizzero Hans Küng – (Sursee,
19 di marzo dell’anno 1928 – Tubinga, 6 di aprile 2021) che ha appena lasciato
questo mondo – in una intervista di Andrea Tarquini –
“Ora il Vaticano deve riconoscere la profonda crisi della Chiesa” -
pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di febbraio dell’anno 2013:
(…).
Professor Küng, per lei che ha sempre contestato l’infallibilità papale, che
valore ha il ritiro del Papa (Joseph Ratzinger n.d.r.)
? «È una smitizzazione solo
per tutti coloro i quali vedono nel Papa un vice-Dio in Terra, e non prendono
in considerazione il fatto che anche il Papa è solo un uomo, e quindi per forza
di cose il suo magistero è limitato dal Tempo».
Il ritiro è stato l’atto più importante del
suo pontificato? «Presumo
che il pontificato di Joseph Ratzinger resterà nella Storia della Chiesa perché
egli è stato il primo Papa del tempo moderno che ha deciso di ritirarsi. Per
questo resterà negli Annali».
Il ritiro e le parole (…) del Papa aprono
nuove speranze? «Apre
la speranza che finalmente la crisi della Chiesa cattolica e del ruolo del
Pontefice siano riconosciute anche in Vaticano. (…)».
(…). Auspica che i futuri Papi si preparino
a non restare Papi fino alla morte? «La regola dell’anzianità dei vescovi dovrebbe valere
anche per il vescovo di Roma. A partire dal 75mo anno i vescovi devono offrire
il proprio ritiro. Fu introdotta dal Cardinale Suenens. Gli chiesi perché
avesse escluso il Vescovo di Roma, il Pontefice. Mi rispose che altrimenti non
avrebbe raccolto una maggioranza. Adesso constatiamo quanto sia negativo che un
Papa resti in carica troppo a lungo o fino a un’età troppo avanzata».
Il suo bilancia di questo pontificato è
negativo? «Temo che
resterà nella Storia piuttosto con un bilancio negativo, con deficienze e
limiti, e occasioni perdute. Il caso del vescovo antisemita Williamson, o il
mancato accordo su una maggiore comprensione con le chiese ortodosse e
protestanti».
Crisi delle vocazioni, esodo dei fedeli: la
crisi della Chiesa è drammatica. (…). «(…). La Curia romana era contro il Concilio Vaticano
II prima che si tenesse, durante il Concilio ha impedito ciò che voleva, e dopo
ha guidato la restaurazione con i devastanti effetti di crisi. Se questa Curia
non verrà riformata e trasformata in centro efficiente, ogni riforma sarà
impossibile. La Curia è l’ostacolo principale al rinnovo della Chiesa, a un
dialogo ecumenico e a un’apertura al mondo moderno». (…).
Così Lo ricorda il teologo Vito Mancuso in una Sua
affettuosa e riconoscente “memoria” – “Hans
Küng teologo ribelle” - pubblicata oggi, 7 di aprile 2021, sul quotidiano
“la Repubblica”: (…). Era il 1960 e due anni dopo si apriva il Vaticano II dove Küng
venne chiamato come consulente teologico, il più giovane partecipante
all’assise conciliare. Che cosa portò allora questo teologo e sacerdote che
aveva davanti a sé possibilità di carriera non minori di quelle di Joseph
Ratzinger (…), ma chiamato a Tubinga per la docenza proprio da Küng), a
criticare sempre più spesso la Chiesa tanto da indurre nel 1979 Giovanni Paolo
II a revocargli la qualifica di teologo cattolico? La risposta suona
paradossale: la volontà di essere veramente cattolico. L’aggettivo greco
katholikós significa infatti “universale” e a questo Küng mirò da sempre: a
unire il più possibile gli esseri umani. Egli non volle essere
cattolico-romano, ma più genuinamente cattolico-universale, cioè uomo tra gli
uomini, a servizio del bene del mondo, lungo il medesimo sentiero percorso da
cattolici quali Ernesto Balducci, Raimon Panikkar, Leonardo Boff, Carlo Maria
Martini. (…), Küng volle anzitutto contribuire all’unità tra cattolici e
protestanti e in questa prospettiva elaborò la tesi di dottorato sulla dottrina
della giustificazione in Karl Barth mostrandone la coincidenza con la più
genuina teologia cattolica e ricevendone una lettera entusiasta dello stesso
Barth (…). Diede vita poi a una speciale disciplina teologica, la teologia
ecumenica, che insegnò per oltre 20 anni, fondando a Tubinga l’Istituto per la
ricerca ecumenica. La volontà di dialogo lo spinse ad affrontare con rigore il
pensiero laico in quanto negazione di Dio: (…). Fu sempre il richiamo
dell’universalità a condurlo allo studio sistematico delle grandi religioni:
(…). Al 1990 risale il Progetto per un’etica mondiale, da cui pochi anni dopo
sorse la Stiftung Weltethos, “Fondazione per l’etica mondiale”, un’istituzione
educativa oggi operante in diverse nazioni (ma non in Italia) con lo scopo di
sviluppare la cooperazione tra le religioni mediante il riconoscimento di
valori comuni e di un insieme di regole universalmente condivise. Küng si
occupò anche di etica ed economia dando un contributo alla prefigurazione di
quella terza via tra liberismo e comunismo che cerca di coniugare redditività e
giustizia, efficienza e solidarietà. Ma cosa vide di problematico in tutto
questo immenso lavoro il Magistero cattolico? La risposta è semplice: la
libertà. La libertà con cui Küng procedeva (…) era sentita come una pericolosa
minaccia alla stabilità dell’istituzione. La questione si fece rovente con la
pubblicazione del libro Infallibile? Una domanda, saggio del 1970 con cui Küng
sfidava il dogma dell’infallibilità pontificia. Si aggiunsero altri motivi di
dissenso, tra cui la funzione della gerarchia ecclesiastica, i criteri delle
nomine episcopali, il ruolo della donna, la sessualità, l’eutanasia, il
celibato sacerdotale, la libertà della ricerca teologica. E fu così che
Giovanni Paolo II lo mise fuori squadra. Küng non cessò però di sentirsi
pienamente cattolico e nessun altro tema come la fede cristiana ricevette da
lui la medesima attenzione. Ma il punto è che egli non fece mai coincidere il
cristianesimo con l’appartenenza ecclesiale, e nel 2011 giunse radicalmente a
chiedersi: “Ist die Kirche noch zu retten?, “La Chiesa può ancora essere
salvata?”, purtroppo tradotto in italiano con il blando esortativo Salviamo la
Chiesa. Oggi uno dei più grandi problemi della Chiesa è lo scollamento tra fede
personale e appartenenza ecclesiale, tra spiritualità e dogmatica. (…). La sua
opera si può descrivere come dotata di queste caratteristiche: 1) grande
capacità teoretica: oltre che teologo, egli è stato anche filosofo, come già
Agostino, Tommaso d’Aquino, Cusano, Florenskij, Tillich, Balthasar, Panikkar;
2) grande capacità sistematica: nelle sue opere principali rivive il genere
delle Summae medievali con quella organizzazione della materia in modo
didatticamente chiaro e gerarchicamente configurato, particolarmente preziosa
oggi quando abbondano le analisi ma scarseggiano le visioni d’insieme; 3)
grande capacità espositiva: Küng è stato un saggista di successo a livello
mondiale, il suo stile, mai ermetico ma sempre attento al lettore,
corrispondeva perfettamente alla sua innata gentilezza e amabilità; 4) grande
onestà intellettuale: Barth un giorno gli scrisse «mi piace considerarla in
tutto il suo modo di agire un israelita in quo dolus non est», chiaro
riferimento alle parole di Gesù che definiva Natanaele «un israelita in cui non
c’è falsità». Questo è ciò che ha fatto di Küng non solo l’eminente teologo di
cui si è detto, ma anche uno degli intellettuali più ascoltati a livello
mondiale: (…). Con la sua scomparsa volge ormai al termine la stagione
straordinaria della teologia del ’900 che ha prodotto personalità uniche: tra i
protestanti Barth, Bultmann, Tillich, Bonhoeffer, Moltmann, Pannenberg; tra i
cattolici Teilhard de Chardin, Rahner, von Balthasar, Congar, de Lubac,
Panikkar, Boff. Tra loro vi è chi ha interpretato la propria ricerca in
funzione dell’istituzione ecclesiale e altri che hanno guardato più avanti,
verso il futuro. Tra questi occuperà sempre un posto d’onore lo svizzero Hans
Küng, un uomo retto e allegro come la musica di Mozart da lui tanto amata.
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