Ha scritto Michela Marzano in “Una disabile in classe e il senso della
vita” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 28 di febbraio dell’anno
2014:
Per i propri figli, tutti i genitori vogliono il “meglio”. Lo sappiamo tutti.
Lo approviamo tutti. Come si potrebbe d’altronde non volere e non pretendere il
meglio? Perché accontentarsi? Perché rinunciare? Peccato che il “meglio” lo si
faccia troppo frequentemente coincidere con il “più”, trascurando a volte il
positivo del “meno”. Meno attività. Meno frenesia. Meno accumulazione di cose
da imparare, fare, sperimentare, buttare via. Meno pretese, in fondo. Anche per
permettere ai più giovani di capire il significato dell’impossibilità del
“volere tutto” e “ottenere tutto”. Che, poi, è il senso della vita. Quella
reale. Quella piena di difficoltà e ostacoli. Quella che si riesce ad
attraversare quasi indenni, solo quando si ha la possibilità di sperimentare l’esistenza
dei limiti e delle differenze. (…). Una società che si è nutrita per anni di
un’ideologia ultra-individualistica e competitiva (…) ci ha spinto a credere
che l’unico modo per emergere e dare un senso alla propria vita fosse quello di
battersi sempre contro tutti, schiacciando i più fragili e mostrando di essere
i più forti e i più determinati. Una società che oggi sta facendo i conti con i
risultati di questo “egoismo assoluto” che, dopo aver cercato di cancellare
ogni forma di solidarietà e di cooperazione, si rende conto di non essere più
in grado di andare avanti. Perché coloro che ci si è persi per strada sono
troppi, e adesso chiedono il conto di quell’esclusione. E anche chi sembra
avercela fatta, paga poi a livello esistenziale il peso del proprio successo.
Anche semplicemente perché, come spiegava Georges Canguilhem, quelle che da un
punto di vista sociale vengono considerate delle “riuscite”, sono poi spesso
dei “fallimenti ritardati”. (…). Come scriveva Oscar Wilde, però, «le cose vere
della vita non si studiano né si imparano, ma si incontrano». (…). Tratto da “I ventenni sono troppo impazienti e si perdono il piacere di vivere”
di Umberto Galimberti pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la
Repubblica” dell’8 di aprile dell’anno 2017: Ascoltiamo i giovani. Sanno
raccontarsi in prima persona come sociologi e psicologi non riescono a fare. Se
ascoltassimo di più i giovani quando si descrivono, li capiremmo più di quando
leggiamo le considerazioni di psicologi, sociologi, insegnanti, educatori che
parlano di loro. I genitori non li metto in conto, perché quando i ventenni di
oggi erano bambini non li hanno ascoltati, eppure quei bambini avevano tante
domande da fare e tanto bisogno di riconoscimento. Ma non si aveva mai tempo di
prestare attenzione ai loro scarabocchi, ai loro disegni, alle loro domande
nella stagione dei perché. E così, sostanzialmente inascoltati, sono cresciuti
sfiduciati nella possibilità di suscitare un minimo interesse nei genitori. E,
sempre più chiusi in se stessi, hanno scelto la via del silenzio diventando
enigmatici. A questo punto i genitori si sono interessati dei figli, si sono
preoccupati, hanno provato a parlare con loro, ma ormai era tardi. Il silenzio
e gli sguardi che non si incrociano mai erano diventati la regola di questa
faticosa convivenza. (…). …non c'è spazio, così come per
i giovani non c'è tempo nella stagione in cui l'informatica ha soppresso lo
spazio e accelerato a tal punto il tempo che chi non corre e non vince in
questa gara di velocità non è al mondo. In quel mondo virtuale che ormai è più
reale del mondo cosiddetto "reale". La realtà, infatti, ha lo
spessore della materia che chiede tempo per essere lavorata e metter capo a
un'opera d'arte. La virtualità non ha questo impedimento e brucia il tempo
nell'attimo, così come brucia il travaglio della passione, da cui prende avvio
quella bozza di sentimento che affascina e tormenta, e da cui scaturisce
l'entusiasmo dell'esaltazione e lo sconforto della malinconia che assillano
nell'incertezza. E allora, (…): noi ci affidiamo al cinismo, al controllo dei
sentimenti, affinché la loro oscillazione e il loro tormento non impediscano
l'auto-affermazione. Ma così perdiamo il gusto della vita e ci muoviamo verso
le nostre mete con la velocità del viaggiatore che conosce solo il punto di
partenza e di arrivo, per cui le terre che attraversa non esistono, perché per
lui conta solo la meta e non quel che offre la via. Questa, infatti, è nota
solo al viandante che, a differenza del viaggiatore, spinge avanti i suoi passi
non più con l'intenzione di trovare qualcosa: il successo, il denaro, la
felicità, ma con il piacere di assaporare i doni del paesaggio, perché è il
paesaggio stesso la meta. Fuor di metafora, è la vita stessa lo scopo, e non la
vita in funzione degli scopi da raggiungere, che altro non sono che inganni per
vivere di chi ha già smarrito il piacere dell'esistenza. Non accelerate il
tempo, cari giovani. È l'unico dono che la vita ci offre per assaporare la
nostra esistenza.
"Esiste navigando un desiderio che sta al di là della necessità di capire:la metà non è più arrivare:è navigare, contro il tempo, malgrado il tempo, a favore del tempo, nonostante il tempo, in mezzo al tempo".(Fabrizio De André). "È una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose:nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità".(Richard Yates). "Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni".(Paulo Coelho). "Non pregare di avere una vita facile, prega di avere la forza di affrontarne una difficile".(Bruce Lee). "Attendere è un'arte che il nostro tempo impaziente ha dimenticato. Chi non conosce l'aspra beatitudine dell'attesa, che è mancanza di ciò che si spera,non sperimenterà mai, nella sua interezza, la benedizione dell'adempimento".(Dietrich Bonhoeffer, Pastore Luterano). Carissimo Aldo,la lettura appassionante di questo post è una conferma ad alcuni miei importanti convincimenti, cui ormai sono giunta e che sono per me, anche importanti risposte agli interrogativi che mi hanno spesso tenuta impegnata nel corso della vita. Grazie e buona continuazione.
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