A lato. "Funerali di Togliatti" (1972) di Renato Guttuso.
Tratto da “Cara sinistra che fine han fatto le salamelle?” di Filippo Ceccarelli, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 2 di aprile dell’anno 2019:
(…).
Eppure c'è stato un tempo, certo pieno di politica, nel quale dirsi di sinistra
voleva dire distinguersi e riconoscersi anche per abitudini, gusti,
architetture, romanzi, riviste, case editrici, film, canzoni, desideri,
consumi, anche. Cosa è più adesso di sinistra o, peggio, "de
sinistra" come dicono quelli che le fanno il verso? Rovine fumanti di
scompigliatissima futilità. L'antica definizione di intellettuale di sinistra
sembra divenuta addirittura innominabile, sostituita da una raffigurazione
canzonatoria, quasi una macchietta, qual è "radical chic". (…). Salgono
intanto sugli scaffali delle librerie i volumi della Storia d'Italia Einaudi;
ammuffiscono in cantina le giacche di tweed, i vellutini, le cravatte
regimental; e dio ne scampi non solo le bandiere rosse, il pugno chiuso, la
parola compagno, i funerali di Togliatti, ma una volta apertasi la cateratta
del ripudio, anche le salamelle e la cucina macrobiotica, puah! Per molti versi
è la sinistra stessa che non c'è più, ridottasi a pigra entità residuale e
nominale, fantasmatico automatismo del pensiero, ricordo sfuocato di ieri
l'altro. Ma fra le prove di questa estinzione c'è proprio il venir meno di un
corpo di immagini in cui rispecchiarsi, per cui è il classico cane che si
morde, anzi si è già mangiato la lunga coda. (…). …l'"eclissi",
parola confortevole, non dipende tanto da un deficit di idee forti, errori,
divisioni, autolesionismi e scandali. Manca spaventosamente l'autenticità di un
mondo di emblemi, concetti ed emozioni condivise alle spalle. Hai voglia con i
santini di Berlinguer e Moro, nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo
passato nella miseria. Il guaio è che negli ultimi anni il vuoto è stato
riempito di infinite e spasmodiche chiacchiere, come se si trattasse di
decorare le cabine di una naved che stava affondando. E neanche a dire che non
ci fossero stati segnali e avvertimenti. (…). Ma nulla ha fermato i maggiorenti
dall'andare alla ricerca di connessioni sentimentali nei salotti romani
(dall'Angiolillo alla Verusio), sulle terrazze, nei ristoranti di lusso, dentro
i Cafonal, alla Tribuna Vip dell'Olimpico, lungo i corridoi della Rai, sulle
poltroncine dei talk. Perché l'immaginario si nutre pur sempre di
frequentazioni, e allora in pratica sono stati solo giornalisti, attori,
autori, comici, satiri, cuochi, imprenditori, fichetti marketing-oriented. E
non per fare i sovranisti, ma certo non ha giovato l'idea di riempire i vuoti
con quella specie di smania anglofila tra Alberto Sordi e Carosone: il loft, lo
story-telling, il politically correct, i video-maker cialtroni, le play-list
menzognere, "People have the power", diffondevano gli altoparlanti,
ma per favore, indietro popolo, piuttosto. D'accordo. Col senno di poi è come
sparare sulla Croce rossa. Ma se è vero che nessuna civiltà è stata distrutta
senza prima essersi rovinata da sé, sul piano della fantasia e degli
atteggiamenti gli elenchi hanno il vantaggio di condensare per difetto il più
documentabile e avventato narcisismo, la più spudorata, furbastra e
contraddittoria improvvisazione. La bici, lo zainetto, la mescolanza, l'Africa,
Madre Teresa, le banche, le barche le-scarpe-da-un-milione, le tenute
vitivinicole sorvegliate da molossi, il Cabernet "Sfide", il circolo
"Woody Allen", il subbuteo di Vedrò, la maglietta spiritosa con
Togliatti che mangia il gelato, la sosia di Marilyn Monroe e infine
l'esibizionismo social, pure a colpi di felpa e ruspa ante litteram di cui si
sarebbe presto impadronito l'avversario. Con un certo sgomento viene da pensare
al professor Bobbio e al suo Destra e sinistra (Donzelli, 1994). A un quarto di
secolo di distanza il sospetto è che l'antica dicotomia orizzontale sia stata
integrata, se non surrogata, da una nuova e ancora più antica suggestione
verticale che pone in conflitto l'alto e il basso. Nel basso la destra, o ciò
che ne rimane, ci sguazza. Culto del capo, plebeismo, nazionalismo e
semplicismi accendono l'immaginazione attraverso uniformi, marketing della
paura, uova al tegamino postate, armi da difesa, senza tante "pippe
mentali", come dicono. Perciò viva le file ai gazebi e auguri a
Zingaretti, che non è propriamente un radical chic, ma il Pd resta un disastro
sospeso a mezz'aria, un deserto di idee e memorie rispetto al quale Montalbano
che salva gli immigrati in tv francamente non basta. Nel pieno della crisi
"Sea Watch" un autorevole dirigente democratico ha detto:
"Faremo ricorso al Tar". Caspita! Così viene da chiedersi se questo
benedetto immaginario della sinistra non sia andato perduto perché nessuno da
quelle parti mette più in gioco il proprio corpo, nessuno è pronto ad andare in
galera, nessuno vuole guai. Il povero sindaco Mimmo Lucano, alla fin fine, è
rimasto solo. Non resta che la nostalgia per Pannella, che affrontava platee
ostili, prendeva sputi, metteva i polsi nelle manette, a volte vinceva, nel
senso che certi valori restavano anche quando perdeva. Forse le immagini della
sinistra sono implose perché è finita la militanza, che evidentemente nel suo
fideistico grigiore, nella sua disciplina perfino sacrificale, garantiva fegato
e coraggio; mentre la comunicazione alla lunga dissecca l'uno e l'altro. Forse
sono anche il culto dell'immediatezza e l'abbandono di quello che Amendola
chiamava "il duro studio al tavolino" a far apparire il messaggio
così finto da preferire il niente. Forse l'esito nichilista deriva pure dal
fatto che il Pantheon della sinistra si è via via gonfiato e afflosciato a
dismisura: ogni leader vi aggiungeva i suoi provvisori idoli, una mezza dozzina
a botta e a freddo: campioni dello sport, della tv, dei fumetti, della propria
infanzia o senescenza, Tex, Dylan Dog, il Subcomandante Marcos, i monaci del
monte Athos. In penultima fase, fra giaguari, mucche e tacchini, si è arrivati
al papà del segretario, "Pinu", con pellegrinaggio alla stazione di
servizio in cui lavorava. Così come Renzi, ondeggiando fra Dostoevskij e Walt
Disney, prima delle interviste cambiava i foto-ritratti alle sue spalle: via La
Pira, metti Kennedy, aggiungi Mandela... E si fa presto a sghignazzare, o a
disperarsi, ma il tema è sfuggente perché l'immaginario non si inventa, né si
comanda: viene da sé, come un fiume che scorre naturalmente verso la foce, come
il vento che soffia dove vuole. E le cose dello spirito, quando non ci sono
più, le chiami e le chiami, ma non rispondono.
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