"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 31 marzo 2021

Leggereperché 71 «È come se fossimo tutti stanchi, tutti reduci. Bisogna restituire la speranza di una società più giusta, equa, migliore».

Il “tema” o il “problema”, terribilmente attuale ed urgente, di una “sinistra” che non c’è più. Della serie “Dov’è finita la sinistra” l’intervista di Concita De Gregorio - “Sembriamo tutti reduci, dobbiamo difendere la conoscenza” - a Cecilia Mangini – “la più grande documentarista e fotografa italiana, 91 anni” – pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 31 di marzo dell’anno 2018: (…). …eri una ragazza, volevi che Pier Paolo Pasolini vedesse il tuo documentario e l'hai chiamato. "Sì".

Come facevi ad avere il suo numero? "Ho cercato sull'elenco del telefono alla lettera P".

C'era, cognome e nome? "Certo".

E allora? "Ho chiamato, ha risposto lui. Mi sono presentata, ho detto quello che dovevo. Lui ha chiesto: dove posso venire? Ha preso l'autobus ed è arrivato".

Dove? "In moviola. Il documentario era ancora coi segnacci, le giunte, muto. Ci stavo lavorando. Lui ha detto, alla fine: lo posso rivedere? Poi è andato via".

E dopo? "Dopo due o tre giorni ha richiamato. Ha detto il testo è pronto, te lo posso portare in moviola? (…)".

(…). Parliamo di politica? "Sì, sì. Di cinema, di fatti del mondo, di teatro. Di quello che vuoi: tutto è politica".

Sei stata comunista? "Mai iscritta al Pci. Sono di sinistra, ma nel cuore. Ho un animo anarchico. Refrattaria al potere: il potere è escludente".

martedì 30 marzo 2021

Paginedaleggere. 09 «La pandemia ha reso palpabile quanto sia ormai a rischio l’intero ecosistema del pianeta».

A lato. "Little town" (2020), penna ed acquerello di Anna Fiore.

Ha scritto Wlodek Goldkorn in “Potere politico” pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 21 di marzo 2021: Anni fa, Zygmunt Bauman, amava rimarcare quanto i politici fossero in grado di fare «soltanto promesse che sapevano di non poter mantenere». Intendeva dire che la globalizzazione aveva reso poco rilevante la politica appunto, a favore di altri poteri, meno trasparenti, sottratti a ogni controllo democratico, più arbitrari quindi e difficilmente intellegibili. Le vere decisioni avvenivano altrove, in luoghi difficilmente definibili come il mercato, le borse, la finanza. Insomma, la globalizzazione (scambiata spesso dalla generazione del Sessantotto per il compimento del sogno internazionalista) avrebbe avuto come suo effetto collaterale e pericoloso il successo della retorica populista e delle nostalgie di stampo nazionalista e identitario, come risposta - sbagliata - allo smarrimento delle persone e dell’opinione pubblica dovuti anche all’impotenza dei politici. Ora, il potere si manifesta, in genere, non nella presenza dei capi in talk show in tv, quanto nella capacità di decidere. Decidere per indicare i traguardi da raggiungere a medio e lungo termine. E nel saper organizzare un’agenda, subordinata a una visione strategica. Ecco, la pandemia ha reso palpabile quanto sia ormai a rischio l’intero ecosistema del pianeta. Per questo, perfino per «gli spiriti animali» del capitalismo (parafrasando Keynes) è evidente la necessità di un potere politico in grado di tentare e indirizzare i processi della globalizzazione, la natura dei mercati e via elencando. In parole povere: dalla crisi non si esce come se fosse stata una spiacevole parentesi della storia. L’esempio viene dal paese guida dell’Occidente, gli Stati Uniti. Joe Biden, in tutto quello che sta facendo, sta restaurando la centralità della politica, del potere politico. Stessa operazione è in atto in Italia, con Mario Draghi alla presidenza del Consiglio e con Enrico Letta, che da segretario del Pd parla di politica e di potere, intesi come progetto di un futuro e non come tattica elettorale. Semplicemente. Tratto da "Attenti il populismo non è morto", intervista di Federico Rampini all'economista Dani Rodrik pubblicata sul quotidiano “la Repubbòica” del 14 di febbraio 2021: «Donald Trump ha perso ma il trumpismo non è scomparso. Le sue radici sono nell’impoverimento di tanti lavoratori, negli errori compiuti dalla sinistra che hanno accentuato la polarizzazione. Se scompare il ceto medio, viene meno una base della democrazia». (…).

Trump non è più alla Casa Bianca ma le cause strutturali del trumpismo, sia economiche che culturali, sono ancora in mezzo a noi? Quali considera più importanti: l’ideologia o le condizioni materiali? «C’è un legame fra i due aspetti e bisogna partire dagli shock economici tremendi degli ultimi decenni. Lo shock della competizione cinese. Lo shock dell’austerity europea. Lo shock della crisi finanziaria scoppiata in America nel 2008. La politica identitaria si nutre su questo terreno».

lunedì 29 marzo 2021

Virusememorie. 67 «Questa è l'Età dell'invidia, del risentimento, del sovranismo psichico. Ma è stato il Covid a farla esplodere».

A lato. L'"Invidia" del pittore Jacques Backer.

Ha scritto Indro Montanelli in “Soltanto un giornalista” – Rizzoli editore (2003), pagg. 368, euro 10 - : (…). Questo Paese è quello che è – ignorante, superficiale, capace di qualche effimero furore, ma non di veri e propri sentimenti e risentimenti morali - perché così l’ha fatto la scuola ed è la politica che ha fatto la scuola così. (…). "Sentimenti e/o (ri)sentimenti al tempo della “pandemia”. Tratto da “L’invidia ai tempi della pandemia” della scrittrice Elvira Seminara, pubblicato sull’inserto di Palermo del quotidiano “la Repubblica” del 25 di marzo 2021:

domenica 28 marzo 2021

Leggereperché. 70 «La nostra cultura ha connesso la vecchiaia all'improduttività, all'insignificanza sociale».

Ha lasciato scritto Norberto Bobbio nella Sua “Autobiografia”: “(…). E il passato rivive nella memoria. Il grande patrimonio del vecchio è nel mondo meraviglioso della memoria, fonte inesauribile di riflessioni su noi stessi, sull’universo in cui siamo vissuti, sulle persone e gli eventi che lungo la via hanno attratto la nostra attenzione.

sabato 27 marzo 2021

Virusememorie. 66 «Continuiamo a chiederci se avremo ancora la possibilità di incontrare il mondo come lo conoscevamo prima».

 

Tratto da “Così il nemico invisibile ha cambiato le nostre paure” di Massimo Recalcati -psicoterapeuta di scuola lacaniana -, pubblicato nel “longform” del quotidiano “la Repubblica” del 21 di febbraio 2021: La prima manifestazione della sofferenza che ha coinciso con lo scoppio dell’epidemia ha assunto le forme dello spavento e dell’angoscia nei confronti di una minaccia che si è rivelata, al tempo stesso, indeterminata e incombente. Questo ha innescato comportamenti collettivi regressivi di cui sono stati esempi i saccheggi dei supermercati e gli assalti ai treni, la fuga dai territori più colpiti dal virus, dal Nord verso il Sud. L’esigenza impellente era quella di allontanarsi il più rapidamente possibile dal pericolo ma, come avviene nella tragedia greca, coloro che vogliono allontanarsi dal male ne divengono spesso tremendi diffusori. Il carattere sistemico dell’epidemia ha del resto soppresso l’idea che possa esistere davvero un "fuori pericolo", un luogo non ancora intaccato dalla presenza minacciosa del virus. Pandemia significa infatti che il virus è dappertutto e che non può esistere un luogo sicuro nel quale rifugiarsi.  In quelle settimane la sensazione più diffusa è stata quella dell’intrappolamento.  Da qui la diffusione del panico che ha segnalato il venir meno dello scudo protettivo (fobico-paranoico) che abitualmente difende i nostri confini identitari dal rischio di subire una intrusione: distinguere l’amico dal nemico, il familiare dall’estraneo, il conosciuto dallo sconosciuto, il buono dal cattivo. Con la deflagrazione dell’epidemia tutte queste distinzioni sono state polverizzate e le nostre carte si sono mescolate drammaticamente: chi è davvero amico e chi è davvero nemico?  Chi è familiare e chi è estraneo?  Di chi mi posso fidare e di chi no?  Il virus ha scompaginato brutalmente queste ripartizioni ordinarie tracciando una nuova geografia nella quale l’amico, il congiunto, il padre, il figlio, persino il medico o io stesso, possono rivelarsi veicoli della malattia e della morte.  La risposta sanitaria alla minaccia pervasiva del virus è stata quella del confinamento. In questo modo si è provato a restaurare le barriere difensive che l’impalpabilità oscura del nostro nemico aveva fatto saltare. Per questa ragione molti pazienti hanno vissuto la reclusione forzata della prima onda come un sollievo.  Il distanziamento sociale e il confinamento non solo li proteggeva dal rischio del contagio ma, soprattutto, dal punto di vista psichico, li sollevava dal peso di stare nel mondo, della competizione, del confronto con gli altri, della relazione.

venerdì 26 marzo 2021

Leggereperché. 69 «Nei primi mesi di vita si formano definitivamente le nostre mappe cognitive e affettive».

Tratto da “È tra zero e tre anni che si diventa qualcuno” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 26 di marzo dell’anno 2016: Quanto conta la prima infanzia? Moltissimo, perché nei primi mesi di vita si formano definitivamente le nostre mappe cognitive e affettive. Tutto ciò che segue, allora, è colpa dei genitori? No, ma resta, nel bene e nel male, una loro responsabilità. Quando veniamo al mondo non disponiamo di nessun codice per orientarci. Percepiamo solo il seno di nostra madre, che non riconosciamo neppure come persona altra da noi. Solo a poco a poco e molto lentamente cominciamo a distinguere noi stessi dalle persone che ci circondano, e ancor più lentamente cominciamo a conoscere, negli oggetti con cui entriamo in contatto, la differenza tra ciò che è morbido e ciò che è duro, ciò che è dolce o salato, ciò che è pericoloso e pericoloso non è. In altre parole iniziamo a costruirci delle mappe cognitive per orientarci nel mondo e delle mappe emotive che registrano l'impressione che le cose del mondo suscitano in noi. Secondo Freud la costruzione di queste mappe avviene nei primi sei anni di vita.

giovedì 25 marzo 2021

Eventi. 40 «Nulla di buono nasce quando tutti vogliono sedersi al tavolo come fossero Aristotele».

L’intervista “impossibile” di Stefano Massini – “Fatti non foste a viver come bruti tra fake news” – a Dante Alighieri riportata sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, 25 di marzo 2021, nella ricorrenza dei 700 anni della morte del sommo Poeta: Signor Alighieri, è un onore poter scambiare alcune battute con lei all'inizio di questo 2021 in cui si celebrerà la ricorrenza dei 700 anni dalla sua morte. Ci saranno convegni, festival, ma ahimè mi tocca dirle che tutto avverrà sotto l'incognita di una pandemia. "Uhm... Mentre scrivevo la cantica terza de la Commedia, un'immagine mi turbò: vedevo la terra, da lontano. Era come una picciola aiuola, che ci fa però così feroci e ci fa tanto dilaniare. Mi colpisce saper che ora vi sentite un po' così: stipati in quell'aiuola, gomito a gomito, a combattere un nemico per salvarvi".

Quell'aiuola ci vede divisi come non mai. I rapporti economici creano spaccature e divergenze, qualcuno avanza perfino l'ipotesi di somministrare il vaccino con priorità a chi più produce in termini di ricchezza. "E ove sarebbe lo stupore? Prima di scendere all'Inferno, io mi impaurii per tre belve, di cui la peggiore era una Lupa. Era il segno della smania di danaro, e mi faccia dire che è un male che infetta ogne cosa, non c'è scampo. A voi parrà forse una facile morale, ma io quelle parole le scrissi al tempo mio, quando tutto principiava a prender forma, gridai che è sempre il denaro a rovinare gli affetti, a distrugger la politica, ha perfino lordato la Chiesa. E sa, in particolare, di quali soldi io dico? Di quelli messi insieme con furbizia, senza fatica. Nella prima cantica del poema mio, mi sono scagliato contro i "subiti guadagni", che sono i soldi facili, maledizione che scatena il peggiore istinto, quello alla scorciatoia della corruzione".

mercoledì 24 marzo 2021

Virusememorie. 65 «Non sempre la vicinanza è sinonimo di autentica prossimità e non sempre la distanza esclude la vicinanza».

 

Ha scritto Michele Serra in “La scemenza danzerina” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 10 di novembre dell'anno 2020, quando si era ancora in attesa tutti della puntualissima seconda ondata della “pandemia”: (…). …la Procura di Cagliari (...) deve cercare di leggere in chiave legale la scemenza danzerina che ha animato l'estate nei localini più o meno alla moda, spargendo il contagio con il gesto ampio e ritmato del seminatore. Certo, parecchi degli scemi in questione sono anche gli stessi che, a frittata fatta, domandano astiosi e puntuti "che cosa ha fatto il governo in questi mesi", avendo loro fatto quasi tutto il peggio possibile per riempire gli ospedali. Ma esiste davvero un vaglio giuridico, per misurare l'irresistibile imprevidenza degli esseri umani? Un minuto dopo che le terapie intensive erano quasi svuotate è suonata la sirena del bagordo, e la melodia del registratore di cassa ha riempito i lungomare. Più ancora del bisogno del profitto, è verosimile che abbia pesato il bisogno di impunità e di superficialità che è il motore di molte delle azioni umane, spensierate ben prima che criminali, futili ben prima che ostili. Scemi, appunto, scemi da discoteca e da drink che postavano sui social la loro scemenza come prova provata che la vita continua. Antesignani della derelitta animatrice di "non c'è coviddi", che povera crista è palesemente al di sotto di ogni possibile giudizio, mentre tra gli animatori dell'estate sarda, e versiliana, e di ovunque, c'erano fior di personaggi pubblici, gente da televisione e da rivista glamour, perfino rappresentanti del popolo, sculettanti di felicità. Un avviso di garanzia può servire, al massimo, a dare lavoro ai loro avvocati. Quanto alla loro intelligenza, dev'essere caduta per terra a passo di salsa, o di techno, e qualche inserviente, all'alba, l'avrà riposta in un sacchetto, in attesa di capire come smaltirla. Tratto da “La nuova materia è la riscoperta dell’altro” di Massimo Recalcati, pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 20 di febbraio 2021:

martedì 23 marzo 2021

Paginedaleggere. 08 Jonas Salk: «Si può forse brevettare il sole?».

 

Ha scritto oggi – martedì 23 di marzo 2021 - Michele Serra in “L’eccellenza e la siringa”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica”: (…). E allora, come si fa a non buttarla in politica?

lunedì 22 marzo 2021

Virusememorie. 64 «La pandemia ha reso epica la nostra vita di prima. Ci siamo dimenticati della fatica e della pochezza della felicità».

A lato. "Barche in porto", acquerello (2019) di Anna Fiore.

Ha scritto il filosofo Leonardo Caffo in “Dopo il Covid-19” (Nottetempo editrice - 2020): (…). …l’unico punto certo è quello dell’eliminazione dell’idea che “tutto andava bene”. Dovremmo contare anche chi nasce, non solo chi muore. È la vita che sboccia, ostinatamente, in barba alle avversità. I bambini che verranno non sanno nulla del mondo in cui sono stati concepiti: abbiamo la possibilità di farli vivere in una brutta copia di ciò che c’era prima, oppure costruire un nuovo modello dove non saremo costretti a raccontargli quanto era bello vivere e correre nella natura, ma farglielo fare davvero. (…). Si comincia ora, con timidezza, ad ammettere che c’è un legame profondo tra distruzione dell’ecosistema e diffusione delle epidemie.

domenica 21 marzo 2021

Paginedaleggere. 07 Gianni Mura: «Ascoltavo senza dire una parola. Perché ero il più giovane e perché parlava quasi soltanto Brera».

Per ricordare oggi Gianni Mura che giusto il 21 di marzo dello scorso anno ci lasciava. Tratta da “Il suo genio l'ho capito grazie a un'oca”, intervista di Marco Cicala a Gianni Mura (per ricordare a quel tempo Gianni Brera che Mura considerava il “Suo maestro”) pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 30 di agosto dell’anno 2019: (…). "Ogni tanto appariva Nereo Rocco, una volta venne Rivera. Tra gli habitué (il ristorante “Riccione” in viale Zara n.d.r.) più famosi, lo stilista Ottavio Missoni e Giovanni Arpino, fino a quando con Brera non ruppero".

sabato 20 marzo 2021

Paginedaleggere. 06 «Il capitalismo non è coevo di Adamo ed Eva: ha un'origine storica e come tale avrà una fine».

 

Tratto da “Ultime notizie dal progresso”, intervista di Marco Cicala al professor Luciano Canfora pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 12 di marzo 2021:

venerdì 19 marzo 2021

Leggereperché. 68 «L'eredità di mio padre è inestimabile: una testa e le istruzioni per usarla, uno spirito critico e la leggerezza per temperarlo».

A lato. "Lisbona" (2020), penna ed acquerello di Anna Fiore.

Oggi ricorre il San Giuseppe dei credenti. Posseduto da una visione “laica” della vita ho telefonato a Giuseppe (detto “Peppuccio”) L. per gli auguri dell’occasione. Ma contrariamente all’abitudine me ne sono uscito con un augurale “buona festa dei papà anche per te”. Sorpreso Giuseppe (detto “Peppuccio”) mi ha ribattuto: “ma io non sono un papà”. Giuseppe è stato un maestro eccezionale, tenero, e maestro felice di esserlo fino in fondo.

giovedì 18 marzo 2021

Notiziedalbelpaese. 04 «Per Grillo l’intelligenza collettiva è dedicata a preservare il pianeta, e l’umanità come elemento del pianeta».

Tratto da “Prendere Grillo sul serio” di Giuseppe Genna, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 14 di marzo 2021: Non è più tempo per le rivoluzioni? Lo chiediamo nel tempo più rivoluzionario e rivoluzionato che abbiamo vissuto. Una pandemia mondiale, il rischio biologico di specie, l’economia che funziona su leggi altre, la politica che si autodichiara insufficiente: non è forse una rivoluzione?

mercoledì 17 marzo 2021

Cronachebarbare. 87 «Quando si sta in una comunità si alza il ditino e si dice “scusa, non sono d’accordo. Voto contro”».

 

Tratto da “Memorie dalle macerie”, intervista di Susanna Turco ad Ugo Sposetti pubblicata sul settimanale “L’Espresso” del 14 di marzo 2021: (…). «Noi autodidatti viviamo di carte. Siete voi quelli laureati. Io non ho neanche smartphone, così non sto appresso alle cose tipo Barbara D’Urso», (…).

Cesare Pavese ha scritto che “verso il popolo ci vanno i fascisti, o i signori. E andarci vuol dire travestirlo, farne un oggetto dei nostri gusti”. Insomma: “Non si va verso il popolo. Si è popolo”. «(…). Il popolo, qui a Roma, è per esempio Torpignattara, Cinecittà, è tutto il lungo nastro della Tuscolana. Se tu percorri quella strada e ti fermi a ognuno dei semafori, guardi a destra e a sinistra, tutti quei palazzi. Chi ci parla, con quelli che stanno lì dentro, con tutte quelle persone?».

(…). Zingaretti quando è stato eletto voleva spostare la sede in periferia. È finito con le Sardine al Nazareno. «Zingaretti ha fatto una scelta, che ormai seguirà. Si è dimesso, si vorrà candidare a sindaco di Roma: mi sembra normale, dopo due mandati. (…)».

Per fare cosa? C’è spazio per una cosa più di sinistra? «Ma no. Mentre parliamo, l’ipotesi probabile è Enrico Letta, che è una sorta di commissariamento del Pd: non certo da parte dei comunisti. (…)».

Deduco che la soluzione non è gradita. «Letta, da premier, ha abolito i rimborsi elettorali: io sono incompatibile con uno che ammazza i partiti, quindi auspicherei un’altra soluzione».

(…). Il Pd è stato al governo oltre 11 anni su 15, (…). Governare è un vizio? «No: è avere la testa rivolta al potere e non alla società, a quel che vuole la famiglia, il pensionato, il disoccupato, il giovane. Prendiamo l’esempio del cashback: soldi che sono dati a chi ha la carta di credito, a chi ha disponibilità sul conto. Ma oggi noi possiamo dare i soldi a quelli che già ce l’hanno? Ora che c’è Draghi, gli stessi di prima dicono: usiamo quei soldi contro la povertà. Finalmente. Però a suo tempo nessuno l’ha detto: e stavano sempre loro al governo».

Come definisce la situazione del Pd? «È molto semplice: siamo sotto le macerie. Siamo già morti».

E quando è accaduto? «Quando è nato il Pd: male. Non lo dico da nostalgico: ho detto allora che noi saremmo finiti così, perché vedevo che stavamo andando avanti senza robuste radici. Qualunque attività ha bisogno di solide fondamenta. Il Pd non le aveva: era una fuga verso un qualcosa che si pensava avrebbe potuto garantire un futuro. Ma allo stesso gruppo dirigente? Sì, alle stesse donne e uomini: non a una idea nuova. Ecco l’errore».

È finita con le Sardine che occupano il Pd. Che effetto fa? Il leader radicale Marco Pannella nel 1976 si presentò sotto la sede Pci di Botteghe oscure e gli uomini della vigilanza lo presero a ceffoni. «Eh, ma era Pannella, e andava a provocare. Le Sardine non andavano a provocare. Anche un vecchio socialista come Rino Formica ti dice che bisogna creare entusiasmo nel popolo: bisogna che qualcuno gli parli, gli crei voglia di discutere, di esserci. È quello che hanno fatto anche l’anno scorso, in Emilia Romagna. Sono stati di grande stimolo per la mia generazione, li hanno riportati in piazza, al voto. Sono stati i veri vincitori di quelle elezioni».

martedì 16 marzo 2021

Paginedaleggere. 05 «C’è una nuova spietatezza politica nell’aria».

Ha scritto Michela Murgia in “Quelle Ong criminali che salvano vite”, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 14 di marzo 2021: Tutte le valanghe cominciano con un fiocco di neve. Questo proverbio andrebbe tenuto bene a mente ogni volta che un fenomeno di grosse proporzioni, non necessariamente naturale, si manifesta improvviso in un modo che appare casuale.

lunedì 15 marzo 2021

Uominiedio. 32 «Non credo nel Dio che vuole la riparazione del male attraverso la croce di Cristo».

 

Ha scritto Umberto Galimberti in “A ognuno il suo Dio? Così si fa solo confusione” pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 9 di maggio dell’anno 2015:

domenica 14 marzo 2021

Uominiedio. 31 «Chi è Dio per lei? “Di lui non sappiamo nulla di assoluto”».

A lato il teologo Carlo Molari.
 
Ha scritto Gustavo Zagrebelsky alla pagina 57 del Suo volume “Contro l’etica della verità” – Laterza editore (2008), pagg. 172, Euro 15 -:

sabato 13 marzo 2021

Paginedaleggere. 04 Il libro della Sapienza: «Dio non ha creato la morte. Ha creato le cose perché esistano».

 

Ha scritto “Filelfo” – magistrale e misterioso Autore – alle pagine 61 e 62 del Suo volume “L’assemblea degli animali” – Einaudi editore (2020), pagg. 176, Euro 15 –:

venerdì 12 marzo 2021

Leggereperché. 67 «Come insegna Papa Francesco, le persone vengono prima dei principi».

Ha scritto la sociologa Chiara Saraceno in “Dalla parte dei bambini”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 15 di febbraio dell’anno 2011:

giovedì 11 marzo 2021

Leggereperché. 66 «La storia di Chiara è quella dei nostri pregiudizi, del nostro sguardo ottuso».

 A lato. "Dopo lo spettacolo" (2021), acquarello di Anna Fiore.
 
Chiude Claudia de Lillo – in arte Elasti- la storia narrata in “Chiara e i pregiudizi sui suoi occhi a mandorla”, pubblicata sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” dell’11 di marzo dell’anno 2017, con la sconsolata convinzione che “la storia di Chiara è quella dei nostri pregiudizi, del nostro sguardo ottuso e della rigidità dei nostri confini. È il memento della lunga strada che ci aspetta per diventare un paese accogliente, libero e aperto”.

mercoledì 10 marzo 2021

Virusememorie. 63 «Il tempo nuovo si presenta come un impasto in cui sonno/lavoro/consumo sono indistinguibili».

 

A lato. La prima pagina del quotidiano "la Repubblica" del 10 di marzo dell'anno 2020.

 Ha scritto Marco Damilano in “Paure americane”, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” dell’8 di novembre dell’anno 2020: (…). La pandemia strema la salute non soltanto degli individui, ma anche dei corpi sociali. E le situazioni estreme come quella che stiamo vivendo dall’inizio del 2020 dividono, lacerano, trascinano il corpo sociale in direzioni opposte. È lo scenario privilegiato per le soluzioni semplificate, la caccia al nemico, l’odio per chi ti sta vicino che può trasformarsi in un pericolo. In una parola, il terreno preferito dalla destra mondiale, se per destra intendiamo anche rifiuto delle mediazioni e delle complessità, eclisse della responsabilità collettiva che va respinta per lasciare il posto agli istinti individuali. Ma anche a sinistra, anche in Italia, per molti anni si è fatta largo la scorciatoia antipolitica, come se l’unica identità possibile per un leader - che si tratti di un premier, di un segretario di partito o di un presidente di regione o di un sindaco - fosse quella di rivolgersi direttamente agli elettori, scambiati a loro volta per un popolo indistinto. Lo dimostrano i rappresentanti delle regioni (…), impegnati a difendere i loro territori come capi ultras, impossibile distinguere tra di loro la destra e la sinistra. Dimenticando però che quando cade questa distinzione è la destra radicale che vince. A dire che cosa sia il popolo è stato un leader della sinistra, Walter Veltroni, in una sede non politica, i funerali di Gigi Proietti. «Voleva che ciò che è bello non fosse visto solo da un’élite. Era un intellettuale popolare», ha detto Veltroni. (…). Purtroppo intellettuale popolare suona come un ossimoro, due parole che insieme non possono stare. Così come politico popolare, una volta che si sono scissi i termini: il politico è semmai diventato populista, che di popolare è l’opposto. Il politico populista è il truffatore del nostro tempo, vive di rotture. Il politico popolare si propone di ricucire: nel Novecento le tradizionali fratture, i cleavages individuati dai politologi Stein Rokkan e Seymour Lipset tra città e campagne, religiosi e laici, operai e borghesi. Oggi è molto più complicato perché le fratture sono atomizzate, coincidono quasi con le singole identità individuali: sono di genere, di generazione, di orientamento sessuale, sono il risultato di discriminazioni e disuguaglianze, sono il filo che ciascun governante è costretto a interpretare. Ma sono anche il culto del particolare che ogni lobby o categoria o gruppo di pressione esercita sulla politica, incurante dell’interesse generale o del bene comune. Tutto questo non è teoria, è la pratica politica del nostro tempo e della nostra Italia. (…). Prosa profetica. Tratto da “In lockdown senza passare dal via. Il Monopoli del virus un anno dopo” di Giacomo Papi, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi 10 di marzo 2021: Un anno dopo l'impressione è ricominciare da capo, come quando a Monopoli si ritorna in prigione senza passare dal via. La paura si è trasformata in rabbia e stanchezza, e le dimensioni del disastro sono più chiare. (…). L'epidemia è stata una lente che ha mostrato quello che stavamo già diventando. Processi in corso da decenni, ma che consideravamo futuro, si sono all'improvviso mostrati come parte del presente. Sono apparse nuove divisioni sociali, a integrare o sostituire le vecchie. La prima è quella tra giovani e anziani, tra quelli che si sentono vivi se possono uscire e quelli che restano vivi solo se rimangono in casa. È un conflitto oggettivo, che ha rivelato i veri valori della società (come ha candidamente ammesso il governatore della Lombardia Attilio Fontana: "O riduciamo la gente che va al lavoro o riduciamo la gente che va a scuola"). Era dai tempi della Prima guerra mondiale che non si metteva sulla pelle dei giovani la responsabilità di salvare quella dei vecchi. "Se non fate i bravi, ucciderete i vostri nonni" è un messaggio violentissimo, soprattutto perché è associato a comportamenti che, fino a ieri, erano associati alla gioia, all'amore e alla crescita: baciarsi, toccarsi, stare insieme, andare a scuola. L'altra divisione, quasi di classe, è tra chi può lavorare da casa e chi per sopravvivere è costretto a muovere il corpo. Le strade sono state invase dai rider, dai trasportatori (…) e all'improvviso uscire dalla tana per procurarsi qualcosa, come l'uomo ha fatto dalla preistoria cacciando e raccogliendo, non è più stato indispensabile. Per la prima volta le mani con cui afferriamo le cose sono telefonini e computer. Altre rivelazioni ci hanno cambiato a un livello più intimo, invadendo zone prima inviolabili. L'amore, prima di tutto, nonostante il "knuffelcontact", il "contatto di coccole" concesso per legge dal Belgio agli amanti occasionali. Ma è cambiata anche la percezione del corpo che si è trasformato in un alleato da proteggere e in un'arma potenziale, ma soprattutto nel confine dietro cui rintanarsi per trovare un po' di privacy nelle case affollate. Sono cambiati i sogni ed è cambiato il sonno. Chi lavora da casa ha sperimentato il letargo, la strategia con cui per millenni ci si rintanava in attesa del sole, un letargo che si protrae anche oggi, nonostante la primavera in arrivo. L'interruzione dei ritmi di vita ha sconquassato il nostro modo di dormire, travolgendo gli argini che separavano la notte dal giorno, il riposo dal lavoro. Eravamo così abituati al ritmo del Novecento - otto ore di lavoro, otto di consumo e otto di sonno - da considerarlo naturale, anche quando lo schema era già saltato.

martedì 9 marzo 2021

Virusememorie. 62 Marzo 2020: «Il mondo è un convoglio che si ferma. Ne sento il cigolio».

A lato. "Faro di Capo d'Orlando" (2020), acquarello di Anna Fiore. 

Ha scritto Franco Arminio in “Pericolo", pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del primo di marzo dell’anno 2020: Il mondo se non è pericoloso è scialbo.

lunedì 8 marzo 2021

Notiziedalbelpaese. 03 John Maynard Keynes: «“Saremmo capaci di fermare il sole e le stelle, perché non ci danno alcun dividendo”».

 

A lato. George Grosz: "L'eclissi di sole" (1926).

Ha scritto Furio Colombo su “il Fatto Quotidiano” di ieri domenica 7 di marzo – “Siamo un Paese disossato e senza un’idea di futuro”, a proposito dei risvolti politici intervenuti – che “chi racconterà un giorno l’Italia ai sopravvissuti o ai subentrati farà bene a partire dal racconto dell’improvviso abbattersi, sul Paese della solitudine fondata sul pericolo reciproco di ognuno di noi per l’altro, e sulla necessità della distanza, la meno comunicativa possibile, fra esseri umani. Non abbiamo nessuno a cui chiedere, nessuno che voglia dirci qualcosa o indicarci un percorso o sostenere (magari per insegnare) un punto di vista. (…). Tutto ciò accade in un paese disossato… (…).”.

domenica 7 marzo 2021

Leggereperché. 65 «Il compito più importante è diventare umani».

 

Ho scritto il mercoledì 5 di ottobre dell’anno 2005: Nella policroma composizione della figura dell’educatore che si va ricercando, aggiungiamo a mo’ di tessera la paginetta tratta dal volume “Voi, Noi” di Paolo Crepet.

sabato 6 marzo 2021

Notiziedalbelpaese. 02 «Quod non fecerunt Napolitani fecerunt Mattarelli».

 

Ha scritto Marco Travaglio in “Zingarella” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri venerdì 5 di marzo 2021: (…). Per rinviare la politica a data da destinarsi, si è optato per due governi in uno: quello vero, che fa capo a Draghi, ai suoi tecnici e a Giorgetti, più il capo della Polizia e un generale dell’Esercito, che si occupano della ciccia senza render conto a nessuno; e quello finto dei ministri presi dai governi Conte e B., con funzioni puramente decorative.

venerdì 5 marzo 2021

Leggereperché. 64 «Oggi è il sistema delle macchine e delle organizzazioni a servirsi dell'uomo ridotto a suo funzionario».

A lato. "Urban sketch" (2020), penna ed acquarello di Anna Fiore.

Tratto da “Il difetto della macchina è che vince sempre lei” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 5 di marzo dell’anno 2016:

giovedì 4 marzo 2021

Cronachebarbare. 86 Arbasino: «“leccaculismo”, malattia nazionale».

 

Ha scritto Michele Serra in “Mozione congressuale” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 27 di febbraio 2021: (…). …perché a dare un colpo decisivo allo sfruttamento dei rider non è stata la politica, ma la magistratura? Una buona risposta a questa domanda potrebbe, quasi da sola, far ripartire la macchina inceppata della sinistra. Ridarle identità, restituirle una funzione, rivalutare la sua storia (anche gloriosa) e prometterle un futuro.

mercoledì 3 marzo 2021

Notiziedalbelpaese. 01 Revelli: «il denaro chiuso a chiave e vigilato dai fedelissimi, e la politica ai piani bassi abbandonata al peggio di sé».

 

Ha scritto Giovanni Valentini su “il Fatto Quotidiano” del 27 di febbraio 2021 – “Governo extralarge, libertà di stampa sempre più stretta” - : Non abbiamo fatto in tempo a dichiarare (…) il timore che il professor Draghi, a capo del suo governo extralarge, non riuscirà a fare una riforma della Rai per le resistenze della partitocrazia ed ecco che il presidente del Consiglio affida la delega sull’Editoria a Forza Italia, nella persona del sottosegretario Giuseppe Moles, uno dei fondatori del partito-azienda.

martedì 2 marzo 2021

Paginedaleggere. 03 «Se la parola non è più affidabile, in cosa noi uomini possiamo mettere fiducia?».

 

A lato. "L'acrobata" (2020), acquarello di Anna Fiore.

Ha scritto Michele Serra in “La resurrezione del silenzio”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 18 di febbraio 2021:

lunedì 1 marzo 2021

Paginedaleggere. 02 «Se davvero l’uomo postCovid, ridiventato tale e non più ridotto a consumatore…».

 

Ha scritto l’ex priore della comunità di Bose Enzo Bianchi in “Il senso della quaresima” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 22 di febbraio 2021: