"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 6 maggio 2025

MadreTerra. 42 “Ommini e Bonobo”.


Egregia Cravatta, era da tanto che non la si vedeva in giro, se non nelle occasioni importanti e negli ambienti che contano, e oggi invece, finalmente, ci è dato di incontrarla così per caso addosso a un classico uomo medio, non modaiolo seppur non reazionario, certamente non à la page, ma nemmeno cavernicolo. Un uomo comune, si direbbe un impiegato o un professore che veste con garbo e dignità e che la considera una convenzione da non mettere in discussione, un elemento fisso della quotidianità, insomma un semplice dato di fatto e nulla più. Ci dica, Cravatta, come si sente ad aver fatto questo capitombolo, a essere passata da decadi di fulgori a una quiescenza che è pari all'oblio, a una lenta morte? Cosa prova nell'essere sovente vilipesa, equiparata a una Bastiglia da prendere e per sempre distruggere come espressione di un mondo che ormai senso più non ha? «Innanzitutto, buongiorno, gentile intervistatore. Le sono grata anche solo per aver posato i suoi occhi su di me, per avermi notata ma non sdegnata, quasi fossi una paria o un'appestata, il simbolo di un mondo da dimenticare. Ancor di più, la ringrazio per non avermi insultata, guardandomi come il cappio delle più vetuste e risibili imposizioni. Come vuole che mi senta? Triste e abbandonata, ecco, ma non priva di speranza. Ho una lunga storia alle spalle, che dalle umili origini mi ha portato ai più splendidi successi, e so con certezza che nulla dura in eterno, nemmeno l'oblio. Non ho fretta. A pochi è stato concesso il privilegio di unire in un solo nodo - mi passi il facile umorismo - politici e rockettari, di muoversi con fluidità dalle sete preziose alle pelli perigliose. Storie familiari come la mia sono rare, e c'è di che esserne orgogliosi, quindi sto qui, certa del futuro». Quanta saggezza e quanta consapevolezza nelle sue parole. Per i detrattori che poco o nulla sanno di lei, ci racconterebbe in breve la sua storia? «Con piacere. Le racconterò quel che mi è stato detto in casa, quando ero piccola. Parte di questa narrazione è forse leggenda, e alcuni parenti lontani hanno natali discutibili, ma tant'è: chi ha un passato immacolato? Leggenda vuole che mio avo fosse il focale indossato dai miliziani di Roma antica: un fazzoletto legato al collo, riservato ai valorosi, per tergere il sudore nelle dure campagne belliche. Furono però i mercenari croati al servizio della Francia, durante la Guerra dei trent'anni, a rendere noto il cravat, che proteggeva il collo ma era anche emblema di coraggio: l'accessorio attirò l'attenzione di Luigi XIV, il giovane re di Francia dalle inclinazioni modaiole, che decise di adottarlo come parte del vestimento di corte. E il resto è storia, dalle glorie vittoriane susseguenti alla grande rinuncia borghese, alle rivoluzioni sessuali, quando essa fu adottata anche dalle donne, alla quiescenza d'oggigiorno». A confronto di tanta gloria, le attuali gramaglie sono una vera débàcle. «Non me ne cruccio. Che lo si voglia o meno, rimango un accessorio essenziale, un segno di distinzione. Nel livellamento attuale di ogni cosa; stolido nella sua apparente democrazia che ci vuole massa informe e indistinta, mi posso addirittura considerare rivoluzionaria. E poi una cosa è certa: nella moda, tutto quel che è vecchio a un certo punto torna nuovo». (Tratto da “Io, nodo alla gola” di Angelo Flaccavento pubblicato sul periodico “U” del quotidiano “la Repubblica” del 27 di febbraio 2025).

Ommini&Bonobo”. “Il girl power delle scimmie”, testo di Annie Roth pubblicato su “The New York Times” e riportato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 4 di maggio 2025: Il dominio maschile è l'ordine naturale delle cose, dicono alcuni. Ma i bonobo, primati con cui condividiamo quasi il 99 per cento del nostro Dna, non sono d'accordo. I bonobo sono grandi scimmie che vivono in società dominate dalle femmine, una rarità tra i mammiferi, specialmente nelle specie in cui i maschi sono il genere più grande. Sebbene le femmine siano più piccole dei loro omologhi maschi, nelle società dei bonobo regnano sovrane. Gli scienziati si sono chiesti a lungo come le femmine di bonobo mantengano il loro matriarcato. In uno studio pubblicato sulla rivista Communications Biology, i ricercatori che hanno seguito sei comunità di bonobo nella Repubblica democratica del Congo per quasi trent'anni hanno fornito la prima spiegazione, basata su prove concrete, su come le femmine di bonobo ottengono e mantengono il dominio sui maschi all'interno delle loro comunità. Hanno scoperto che le femmine formano coalizioni contro i maschi per ribaltare l'equilibrio di potere a loro favore. Quando un maschio di bonobo esce dai ranghi, le femmine vicine si uniscono per attaccarlo o intimidirlo. I maschi che si sottomettono di fronte a tali conflitti perdono il loro rango sociale, mentre le loro avversarie lo acquisiscono, ottenendo un migliore accesso al cibo e alle compagne per i propri figli. I bonobo e gli scimpanzé sono i nostri parenti viventi più prossimi. Un tempo si pensava che fossero una sottospecie di scimpanzé leggermente più piccola e dalla pelle più scura, ma quasi un secolo fa gli scienziati hanno stabilito che si tratta di specie separate. Queste scimmie antropomorfe in via di estinzione, che si trovano solo nella Repubblica democratica del Congo, sono difficili da studiare in natura. Per condurre questo studio Martin Surbeck, ecologo comportamentale dell'Università di Harvard, insieme ad altri scienziati, ha trascorso migliaia di ore arrancando attraverso fitte giungle. «Ci si alza alle tre del mattino, poi si cammina per un'ora o due per trovare il luogo dove hanno costruito i loro rifugi la notte precedente», racconta Surbeck. «E poi si segue il gruppo per tutto il giorno, fino a quando non costruiscono di nuovo i loro rifugi». È noto tra i primatologi che i bonobo, oltre a fare la guerra, fanno anche molto l'amore. Si scambiano carezze piuttosto intense, costruiscono giocattoli sessuali e hanno rapporti omosessuali. Data la loro attività sessuale e il livello di violenza inferiore rispetto agli scimpanzé, è diffusa l'idea che i bonobo siano gli hippie del mondo delle scimmie. Tuttavia, le osservazioni del dottor Surbeck e del suo team, insieme a quelle di altri ricercatori, mettono in discussione lo stereotipo armonioso di questi primati. «I bonobo non sono così pacifici come si potrebbe pensare», afferma Maud Mouginot, antropologa della Boston University che non ha partecipato però allo studio. Questo aspetto non pacifico della specie include i conflitti tra i sessi. Dal 1993 al 2021, i ricercatori hanno osservato 1.786 casi in cui un maschio ha iniziato una lite con una femmina. Gli esempi includevano comportamenti aggressivi nei confronti di una femmina o del suo piccolo, o il tentativo di ottenere il monopolio del cibo. In circa il 61 per cento dei casi, la femmina si è alleata con altre femmine e ne è uscita vittoriosa. Conflitti di questo tipo «possono essere molto violenti», spiega il dottor Surbeck. «In alcuni casi, sospettiamo che il maschio sia morto a causa dell'attacco». È noto che i maschi perdono dita delle mani e dei piedi in tali conflitti. In uno sfortunato incidente, un bonobo maschio dello zoo di Stoccarda, in Germania, è stato morso al pene durante una lotta con due femmine. Un chirurgo è riuscito a ricucirlo. Sulla base di tutti i dati raccolti, Surbeck e il suo team hanno testato diverse ipotesi su come le femmine mantengono il potere nella società dei bonobo. Dopo aver analizzato i dati, l'unica ipotesi che la squadra di ricercatori ha trovato confermata è quella che i ricercatori chiamano «ipotesi della coalizione femminile», secondo la quale le femmine collaborano per sopraffare i maschi durante i conflitti, ottenendo così un rango sociale più elevato. I ricercatori hanno scoperto che la femmina media di bonobo supera in rango circa il 70 per cento dei maschi della sua comunità. Mouginot dichiara che le scoperte di Surbeck e dei suoi colleghi confermano ciò che scienziati come lei sospettavano da decenni sulla fonte del potere femminile nella società dei bonobo. «Per chi ha lavorato sul campo con questi primati, non è una sorpresa, ma è davvero bello avere dati quantitativi reali provenienti da diverse comunità di bonobo», sostiene. Gli scienziati stanno appena iniziando a scalfire la superficie, sul piano della conoscenza approfondita della società dei bonobo, ricorda Surbeck, quindi è importante proteggerli. «I bonobo sono una specie in via di estinzione», prosegue. «Essendo i nostri parenti viventi più prossimi, ci aiutano a guardare al nostro passato. Se li perdiamo, perdiamo uno specchio della nostra umanità». L'altro aspetto importante dello studio è nell'idea che il dominio maschile non sia una inevitabilità biologica. «Sebbene alcune persone possano pensare che il patriarcato e il dominio maschile siano in qualche modo un tratto evolutivo della nostra specie, in realtà non è così», conclude Surbeck.

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