"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 4 ottobre 2024

Uominiedio. 53 Giosuè 10: «Allora Giosuè e tutto Israele con lui salirono da Eglon a Hebron e la combatterono. La presero e la passarono a fil di spada, insieme al suo re, a tutte le sue città e a tutte le persone che vi si trovavano. Non lasciò alcun superstite, come aveva fatto a Eglon».


(…). Non sono (…) un apocalittico catastrofico, un annunciatore della fine della storia. Ma aprendo in questi giorni i giornali non si può non essere feriti nel profondo: “Raid contro i capi di Hamas: è strage”. Più di 90 morti, uomini e donne disarmati, semplicemente colpiti perché costretti ad abitare in una porzione di terra nella quale sono presenti i terroristi di Hamas. (…). Sì, il mondo è in fiamme, e l’orizzonte non promette né la pace né una coesistenza da guerra fredda, ma un’epifania della violenza e la possibile terza guerra mondiale che, come da tempo dice Papa Francesco, è già iniziata e combattuta a pezzi. E così la Nato annuncia che verranno collocati in Germania, ai confini orientali, missili a lungo raggio con una potenza nucleare e una gittata che può colpire la Russia al suo interno e Putin risponde affermando di possedere le armi che possono colpire le capitali europee. L’Italia poi, per volontà del governo e attraverso la voce del ministro della difesa, assicura armi per l’Ucraina fornendo così benzina per l’incendio che continua a divampare ormai da un anno e mezzo. Noi cittadini siamo costretti a misurare la nostra impotenza e, anche se sono convinto che in maggioranza siamo contro la guerra e non siamo disposti a fornire armi all’Ucraina, non sappiamo fare una resistenza pacifica e attiva ai nostri governanti. Sì, ci sono movimenti e gruppi che protestano, ma non mi sembra che “la cittadinanza” insorga contro queste decisioni portatrici di morte. La situazione è incandescente, ed è questo il vero pericolo rispetto alla guerra fredda di cinquant’anni fa. Nell’ultimo vertice della Nato mai è stata pronunciata la parola “pace”, e neanche quella di “negoziato” perché in realtà la Nato è favorevole a questa guerra tra Russia e Ucraina, vuole che continui, perché i governanti occidentali sono sedotti dalla guerra. L’Alleanza atlantica dovrebbe adoperarsi per risolvere in maniera pacifica i conflitti, ma ultimamente tradisce il suo obiettivo e si fa belligerante in modo deciso e chiaro senza temere contestazioni. (…). Nell’Apocalisse di Giovanni, che tenta di leggere la storia denunciando ogni potere totalitario, ci sono due bestie: una rappresenta il potere politico che si incarna in ogni epoca in un’entità politica. È un potere che riesce a mantenersi grazie alla guerra. E poi c’è un’altra bestia, quella della propaganda a favore della prima bestia, del potere politico. È una bestia che inganna la terra, gli uomini. Questi facilmente ascoltano e si piegano all’ideologia che la bestia propone e così continuano le guerre, l’oppressione dei poveri, la persecuzione di chi lavora per la giustizia e la pace, la morte di tanti innocenti. Nell’Apocalisse le due bestie sono vinte, e questo ci è di speranza per noi: siamo invitati a una resistenza attiva ed efficace a favore della pace. Con la pace nulla è perduto, con la guerra regna sempre la morte. Non permettiamo ai nostri governanti di farci scivolare in una guerra che non vogliamo perché onoriamo la vita di tutti, anche la vita di quei popoli trascinati senza volerlo nella guerra. (Tratto da “Difendiamo la pace a ogni costo” di Enzo Bianchi, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 15 di luglio 2024).

“Fermare l’ideologia genocida di Bibi&C.” testo di Jeffrey Sachs - economista e saggista statunitense, già direttore dell'”Earth Institute” alla “Columbia University” dall’anno 2002 all’anno 2016 - pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, giovedì 3 di ottobre 2024: (…). Chiamare la terra a ovest del Giordano il “cuore della Terra di Israele” è sbalorditivo. Israele è una parte della terra a ovest del Giordano, non l’intera terra. La Corte Internazionale di Giustizia ha recentemente stabilito che l’occupazione da parte di Israele delle terre palestinesi (quelle al di fuori dei confini di Israele dal 4 giugno 1967, prima della guerra del giugno 1967) è chiaramente illegale. L’Assemblea generale Onu ha recentemente votato a stragrande maggioranza per sostenere la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e ha invitato Israele a ritirarsi dai territori palestinesi entro un anno. Vale la pena ricordare che quando l’impero britannico promise una patria ebraica nella Palestina ottomana nel 1917, gli arabi palestinesi costituivano circa il 90% della popolazione. Al momento del piano di spartizione Onu del 1947, la popolazione araba palestinese era circa il 67% della popolazione, sebbene il piano di spartizione proponesse di dare agli arabi solo il 44% della terra. Ora Israele rivendica la pretesa del 100% della terra. Ci sono molte fonti per questa sfrontatezza israeliana, la più importante delle quali è il sostegno di Israele da parte del potere militare Usa. Senza il loro sostegno militare, Israele non potrebbe mai governare un regime di apartheid in cui gli arabi palestinesi costituiscono quasi la metà della popolazione, ma non detengono alcun potere politico. Le generazioni future guarderanno indietro con stupore al successo della lobby israeliana nel manipolare l’esercito statunitense a grave detrimento della sicurezza nazionale degli Usa e della pace globale. Eppure, oltre all’esercito statunitense, c’è un’altra fonte della profonda ingiustizia di Israele nei confronti del popolo palestinese, ovvero il fondamentalismo religioso diffuso da fanatici come l’autoproclamato fascista Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze israeliano e il ministro della Difesa nazionale Itamar Ben-Gvir. Questi fanatici si attengono saldamente al Libro biblico di Giosuè, secondo il quale Dio promise agli Israeliti la terra “dal deserto del Negev a sud fino alle montagne del Libano a nord, dal fiume Eufrate a est fino al Mar Mediterraneo a ovest” (Giosuè 1:4). La scorsa settimana all’Onu, Netanyahu ha riproposto ancora una volta la rivendicazione di Israele sulla terra su basi bibliche: “Quando ho parlato qui l’anno scorso, ho detto che ci troviamo di fronte alla stessa scelta senza tempo che Mosè pose di fronte al popolo di Israele migliaia di anni fa, quando stavamo per entrare nella Terra Promessa. (…)”. Ciò che Netanyahu non ha detto ai suoi colleghi leader (la maggior parte dei quali aveva comunque già lasciato la sala) è che Mosè aveva tracciato un percorso genocida verso la Terra Promessa (Deuteronomio 31): “[Il Signore] distruggerà queste nazioni davanti a te e tu le spodesterai. Giosuè è colui che passerà davanti a te, proprio come il Signore ha parlato. Il Signore farà loro proprio come ha fatto a Sihon e Og, i re degli Amoriti, e ai loro paesi, quando li ha distrutti. Il Signore li consegnerà davanti a te e tu farai loro secondo tutti i comandamenti che ti ho dato”. Gli estremisti violenti di Israele credono che Israele abbia la licenza biblica, anzi un mandato religioso, per distruggere il popolo palestinese. Il loro eroe biblico è Giosuè, il comandante israelita che successe a Mosè e che guidò le conquiste genocide degli Israeliti. (Netanyahu ha anche fatto riferimento agli Amaleciti, un altro caso di genocidio ordinato da Dio di nemici degli Israeliti, in un chiaro “fischio per cani” ai suoi seguaci fondamentalisti). Ecco il resoconto biblico della conquista di Hebron da parte di Giosuè (Giosuè 10): “Allora Giosuè e tutto Israele con lui salirono da Eglon a Hebron e la combatterono. La presero e la passarono a fil di spada, insieme al suo re, a tutte le sue città e a tutte le persone che vi si trovavano. Non lasciò alcun superstite, come aveva fatto a Eglon. E la distrusse completamente, insieme a tutte le persone che vi si trovavano”. C’è una profonda ironia in questo resoconto genocida. Quasi sicuramente non è storicamente accurato. Non ci sono prove che i regni ebraici siano nati da genocidi. Molto probabilmente sono nati da comunità cananee locali che hanno adottato forme primitive di giudaismo. Gli ebrei fondamentalisti aderiscono a un testo del VI secolo a.C. che è molto probabilmente una ricostruzione mitica di presunti eventi di diversi secoli prima e una forma di spavalderia politica che era comune nell’antica politica del Vicino Oriente. Il problema sono i politici israeliani del XXI secolo, i coloni illegali e altri fondamentalisti che propongono di vivere e uccidere secondo la propaganda politica del VI secolo a.C. I fondamentalisti violenti di Israele sono circa 2.600 anni fuori passo con le forme accettabili di politica e diritto internazionale odierni. Israele è vincolato dalla Carta delle Nazioni Unite e dalle Convenzioni di Ginevra, non dal Libro di Giosuè. Secondo la recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e la risoluzione dell’Assemblea generale Onu che la sostiene, Israele deve ritirarsi nei prossimi dodici mesi dalle terre palestinesi occupate. Secondo il diritto internazionale, i confini di Israele sono quelli del 4 giugno 1967, non dall’Eufrate al Mar Mediterraneo. La sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e il voto dell’Assemblea generale non sono una sentenza contro lo Stato di Israele in sé. Sono una sentenza solo contro l’estremismo e la malevolenza da entrambe le parti del divario. Ci sono due popoli, ciascuno con circa metà della popolazione complessiva (non senza divisioni sociali, politiche e ideologiche interne alle due comunità). Il diritto internazionale richiede due Stati, che vivano fianco a fianco, in pace. La soluzione migliore, per la quale dovremmo impegnarci e sperare che accada il prima possibile, è che i due Stati e i due popoli vadano d’accordo e traggano effettivamente forza l’uno dall’altro. Fino ad allora, tuttavia, la soluzione pratica sarà l’intervento dei peacekeeper e i confini fortificati per proteggere ciascuna parte dall’animosità dell’altra, ma con la possibilità per entrambe di prosperare. La situazione totalmente intollerabile e illegale è lo status quo attuale, in cui Israele governa brutalmente il popolo palestinese. Speriamo che ci sarà presto uno Stato di Palestina, sovrano e indipendente, che la Knesset lo voglia o no. Questa non è una scelta di Israele, ma il mandato della comunità mondiale e del diritto internazionale. Quanto prima lo Stato di Palestina sarà accolto come Stato membro all’Onu, con la sicurezza di Israele e Palestina sostenuta dalle forze di peacekeeping Onu, prima arriverà la pace nella regione.

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