Sopra. "Riflessi" (2024), matita di Anna Fiore.
“Donne. Franca Bettoja”. “Senza dare spiegazioni” di Malcom Pagani, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 29 di settembre 2024: Per raggiungere chi amava, Ugo Tognazzi sognava un elicottero: «Da Velletri a Torvaianica, se solo mi chiamassi Frank Sinatra, impiegherei dieci minuti». In un'ora scarsa invece, stipando la macchina di pentole e conserve - a ogni curva, a ogni buca, il clangore dell'allegria - Ugo raggiungeva Franca e con un solo sguardo, in una frazione di secondo, sapeva di essere nel posto giusto. Per chi recita, il tempo è una faccenda strana. Si dilata e si comprime, perde orari e coordinate, si alimenta di estasi e cadute nel vano inseguimento di un equilibrio. Franca Bettoja, madre di Gianmarco e Maria Sole Tognazzi, aveva sposato Ugo al principio degli anni Settanta e trovato definitivamente il proprio facendo un passo di lato. Attrice per Germi, Scola e Ferreri, attrice per Alfredo Giannetti, Oscar alla sceneggiatura per Divorzio all'italiana, attrice nei peplum, nei fantascientifici, nei Sandokan pretelevisivi e nei film dello stesso Tognazzi: «Nelle pause de Il fischio al naso preparavamo frittate, liquori e marmellate». Franca, a un tratto, lasciò le scene. Lo fece senza dare spiegazioni. Con l'innata grazia di chi non deve né ringraziare né genuflettersi. Con la semplicità di chi aveva giocato senza trasformare il gioco in ossessione. Restava la vita, restava un copione che Franca avrebbe scritto senza omissioni, come sempre. Le piaceva dire la verità, ma la verità, per quanto relativa, quando atterra su un giornale, finisce sempre per essere giudicata. Per una donna che a partire da Ugo non aveva mai giudicato nessuno: «Un uomo molto onesto, che sbaglia, ammette i propri errori e li paga sempre in prima persona», per il quale il compromesso era inutilmente faticoso. Per questo non concedeva interviste e per questo stava benissimo in disparte, nella casa davanti al mare. Me lo spiegò al telefono, un giorno di tanti anni fa, con la leggerezza, la simpatia e la determinazione di chi ha capito che il segreto più importante di tutti i segreti, l'unico che ci restituisce davvero l'illusione della libertà, sta nel dire no. Il no di Franca, smarrito nella risata larga, nella telefonata quotidiana con i figli, nei suoi libri, nei suoi entusiasmi stagionali era il no di una persona che aveva scelto l'essenziale. Gli amici che avevano visto Ugo e Franca appartarsi per cucinare cotiche fritte alle quattro di mattina, organizzare tornei di tennis con uno scolapasta in palio e dettare telegrammi con il divieto dell'ipocrisia ai colleghi appena premiati come Nino Manfredi («Sto schiattando d'invidia») erano diventati ombre, ricordi, parentesi di esistenze lontane, fotografie. Con certi abiti delle sorelle Fontana, nelle architetture in bianco e nero di un'epoca cancellata, Franca si metteva in posa ed era bellissima come sa essere solo chi della propria bellezza si è sempre disinteressato. L'aveva sempre cercata negli altri: negli scambi, nell'indulgenza e nel riconoscere chi gli era simile, senza mai sventolare un diritto, una pretesa, un indizio di guinzaglio corto. Franca non era gelosa perché sapeva che la gelosia è il meno seducente dei sentimenti. Un giorno domandarono a Ugo chi fosse il suo migliore amico. Luciano Salce? Raimondo Vianello? Paolo Villaggio? Ugo che era tutto istinto - quell'istinto che secondo Furio Scarpelli, era figlio di un'epoca («Venivamo tutti, dopo la guerra, dal basso: con le radici piantate nella terra») - rispose «Franca». Disse il suo nome e poi, tornato a casa, con la stessa delicatezza dei primi incontri, tutti fiori e biglietti scritti a mano, le chiese se si fosse sentita offesa. Franca rise, buttò la testa indietro, gli mise una mano sui capelli: «Nessuno mi ha mai fatto un complimento più bello di questo. Vuoi ridirmelo ancora una volta?».
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