"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 24 ottobre 2024

Lavitadeglialtri. 48 Enzo Bianchi: «Io sono italiano anche perché pago le tasse, puntualmente a favore di tutti, per la libertà di tutti».


(…). Perché mai, (…), parlare di tasse sia considerato un tabù, un’offesa, un crimine, è un mistero aritmetico, ma non un mistero politico: una larga parte dell’elettorato bada sostanzialmente ai fatti propri, tirando la carretta con alterne fortune, e proprio non coglie lo stretto rapporto tra il proprio destino e quello della collettività. Non è che lo faccia apposta: non ci arriva proprio, e quando gli ospedali non funzionano e le strade sono una gruviera inveisce contro il governo di turno, ma non è sfiorata dal sospetto che sia anche colpa sua. Ecco, agli umori di questo elettorato è appesa quasi tutta la politica italiana. Alcuni partiti (per non fare nomi, la Lega) hanno fatto della renitenza al Fisco una bandiera. Altri hanno il terrore di passare per statalisti (in Italia è un insulto) o per brutali esattori, e dunque la prima cosa che dicono, prima ancora di “buonasera” o “buongiorno”, è “sono contrario alle tasse”. Che è come dire: sono contrario ai divieti di sosta, o ai biglietti del cinema, o a pagare il conto quando faccio la spesa; sono contrario all’elementare svolgimento della convivenza. Sono contrario agli altri. Ecco, l’evasione fiscale vuol dire essere contrari agli altri. Non si pretende che i diretti interessati lo capiscano. Ma chi governa ha il diritto-dovere di provare a spiegarglielo, una volta o l’altra. (Tratto da “Cercasi soldi disperatamente” di Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 17 di ottobre 2024).

“Dare a Cesare quel che è di Cesare” di Enzo Bianchi pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di ottobre 2024: C’è una singolarità della postura dei cristiani nel mondo che non può essere taciuta, tantomeno oggi: una posizione singolare, forse anomala, ma che porta i cristiani a considerare lo Stato come una necessità nella vita della polis e nello stesso tempo chiede ai cristiani di restare vigilanti, critici di fronte allo Stato. Mai lo Stato può diventare un idolo, né lo può la nazione, e neppure un governo che volesse dirsi cristiano. Fin dalle origini della Chiesa i cristiani hanno scelto nei confronti dello Stato il riconoscimento e la lealtà. Per l’apostolo Paolo, lo Stato esercita un potere necessario per mantenere la pace sociale e assicurare la giustizia, e per questo scrive: “Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi le tasse pagate le tasse, a chi il tributo il tributo, a chi il rispetto il rispetto”. Parole nella scia di quelle di Gesù nei Vangeli: “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”. A chi pensava di non dover pagare le tasse a Roma, all’imperatore, Gesù chiede di pagarle senza evasioni. D’altronde, quando lo Stato viene a mancare o si indebolisce deflagrano il caos e la violenza. Dove non c’è lo Stato proliferano le bande. E per esercitare la sua funzione lo Stato ha bisogno di risorse dal pagamento delle tasse. Ma il nostro Paese sembra incapace di comprendere questa verità e tende a dimenticarla vedendo nelle tasse un furto che lo Stato opera nei confronti dei cittadini. Come siamo lontani dal comprendere il principio anglosassone: “Nessuna tassa senza rappresentanza” e “nessuna rappresentanza senza tasse”. Uno dei più seri maestri dell’economia che abbiamo avuto, Tommaso Padoa-Schioppa, disse che era «bellissimo» pagare le tasse. Venne deriso da chi promette sempre di abbassarle e poi si smentisce. Certo, chi ha solo parole di maledizione delle tasse ha smarrito ogni etica civile, non sa cosa sia il bene comune e, di fatto, aizza a delinquere. E poi, diciamolo: noi paghiamo le tasse anche perché lo Stato possa garantire i nostri diritti come l’istruzione e la santità, che hanno un prezzo, non foss’altro il prezzo dell’intervento dello Stato che li rende possibili, li difende, li protegge. Tutte le nostre libertà, quelle di cui già usufruiamo e quelle che invochiamo, hanno un costo che ogni cittadino deve assumersi e onorare con le tasse. Queste convinzioni dovrebbero essere inculcate nell’educazione delle nuove generazioni, altrimenti ci accuseremo reciprocamente di evadere le tasse, ci vedremo rimproverare tale vizio tipicamente italiano (una piaga in alcune Regioni del nostro Paese), sempre continuando a esercitarci nell’arte dell’evasione. Il senso di appartenenza comune - dove l’essere insieme è un fatto storico, culturale, ed è un orizzonte, una visione per il domani del mondo - si rafforza e rende fecondo dando qualcosa di quello che si ha, di quello che si produce o si guadagna, per il bene comune. Io sono italiano anche perché pago le tasse, puntualmente a favore di tutti, per la libertà di tutti.

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