"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 11 ottobre 2024

Lavitadeglialtri. 46 Barbara Spinelli: «Le élite sono al servizio delle lobby sulle questioni essenziali (pace e guerra, finanze, energia, clima) e le lobby aborrono lo scrutinio universale».

 


Caro direttore, hai notato che quando i corpi dei bambini palestinesi vengono dilaniati dai proiettili non macchiano di rosso i peluche in altre guerre destinati alle prime pagine? Non scorre sangue nelle vene dei morti per le bombe occidentali in Libano, Siria, Libia, Iraq. Non ci guardano dalle foto delle vacanze, non li vediamo spegnere candeline. Delle vittime israeliane sappiamo tutto. Nomi, sogni spezzati. Quelle palestinesi spariscono: danni collaterali di “incursioni mirate” e “interventi di difesa”, “scudi umani”. C’è chi obietta che non mi indignano gli altri conflitti, che sono putiniana e antisemita. Mio figlio è ucraino, mio marito ebreo, ma è un elemento trascurabile. Piango tutti i morti, denuncio quelli uccisi con le armi occidentali perché mi chiamano in causa. Il mio governo non arma Putin o Boko Haram. Pur solidale col popolo curdo, non chiedo di inviare armi ai curdi né ai palestinesi ma di attivare canali diplomatici. Fermare la guerra con l’invio di armi è un inganno ai danni dei poveri cristi spediti in trincea a massacrarsi per interessi che non li riguardano. Quelli che mi criticano sono però in buona fede. Vedono il fanatismo religioso di Hamas e non quello di Israele che si appropria delle terre altrui per volontà divina perché ha letto i giornali, guardato la tv, studiato a scuola, assumendo il punto di vista delle élite occidentali e finendo per confonderlo con la realtà. Sono i giovani pesci della storiella. Il pesce anziano chiede loro “Com’è oggi l’acqua?” e quelli, basiti: “Cos’è l’acqua?”. Così i tanti, che credono che la storia cominci il giorno dell’attacco nemico, tifano guerra certi di tifare resistenza, invocano il diritto alla difesa dei soli popoli amici dell’Occidente. Sono inconsapevoli di essere immersi in una civiltà che si reputa superiore pur essendo fondata su schiavitù, classismo, colonialismo, sfruttamento, dominio dell’uomo sulla donna. Quella di Putin è un’invasione che lo rende folle e spietato? Quelle degli Stati Uniti sono “interventi” e “missioni” senza traccia di malvagità. Eppure, le guerre dichiarate dagli Usa “al terrore” da quando, per consunzione, non si potevano più dichiararla al Comunismo, hanno provocato oltre 4,5 milioni di morti, stima la Brown University. Veniamo indottrinati su planisferi in cui siamo al centro di un mondo che però è sferico. Studiamo “la scoperta” di continenti che erano già noti a chi li popolava e che abbiamo invaso. Apprendiamo come definire i genocidi – termine riservato allo sterminio degli ebrei nei lager – depurandoli dal dramma. Studiamo le guerre come “conquiste” più che tragedie e l’imperialismo in parallelo all’epica che ne trasforma i crimini in gesta eroiche: giovani invasati armati dai tiranni diventano condottieri belli e forti, devoti cavalieri senza macchia. Ah, la devozione al potere assoluto! Spacciata per coraggio e lealtà, inculcata fin dai primi anni per fiaccare il naturale istinto alla conservazione della specie e alla diserzione. Quello della Russia ai suoi confini è espansionismo; quello degli Stati Uniti ai confini della Russia è un piano di aiuti militari lascito di una dottrina (dal latino docere: istruire) con il nome del solo che ha sganciato l’atomica sui civili senza pentirsene o venire ricordato come un pazzo. Crudeltà e pazzia appartengono all’opposta fazione: a Harry Truman spetta la statua installata al santuario di Capitol Hill appena due anni fa. I grandi giornali sono la prosecuzione del sussidiario delle medie. Chi li scrive e li legge è certo che l’Occidente sia il garante naturale dell’ordine globale; il titolare dell’ufficio che rilascia le licenze di autodeterminazione e diritto alla difesa; il giudice che emette sentenze di resistenza e rivoluzione o condanne di golpe e terrorismo a seconda dello schieramento; il legittimo proprietario della matita che traccia i confini tra Stati prescindendo dalla religione, la cultura, la lingua, i desideri di chi li popola. Scommetto che a scuola era anche bravo. (Tratto da “Il sangue dei bambini palestinesi non esiste, neanche sui peluche” di Francesca Fornario pubblicato su “”il Fatto Quotidiano del 5 di ottobre 2024).

“Il nostro Occidente: democrazia zombie”, testo di Barbara Spinelli pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 21 di settembre 2024: (…). …oggi nelle principali democrazie occidentali le elezioni sono puro spettacolo teatrale: sono elezioni zombie per una democrazia zombie, afferma lo storico Emmanuel Todd (…). Niente di quanto dicono e promettono i candidati è verosimile, essendo presto smentito. Anche il linguaggio che usano – stigmatizzazioni automatiche, formule in stile pubblicitario ripetute tante volte che paiono rivolgersi ai sordi – serve a dissimulare, nascondere, perpetuare il potere di élite dominanti che solo per finta si sottopongono al voto. Le élite sono al servizio delle lobby sulle questioni essenziali (pace e guerra, finanze, energia, clima) e le lobby aborrono lo scrutinio universale. Nel vocabolario delle élite europee spiccano parole nebbiose e sconclusionate, utili a screditare il dissenso. L’accusa di sovranismo è la principale: chiunque reclami più indipendenza, nazionale o europea, commette peccato sovranista. Altro epiteto infamante: populista. La storia del populismo è lunga e complessa, ma è oggi usata per denigrare la sovranità popolare e svuotare il suffragio universale. Gli episodi di democrazia zombie si moltiplicano negli ultimi tempi, annullando non tanto le alternanze politiche – i passaggi di governo da un campo all’altro – quanto la possibilità che le alternanze producano alternative. Il potere enorme e tutelare del gruppo centrale che governa malgrado le elezioni incorpora le sinistre centriste e non tollera alternative. Nel 2013 Mario Draghi incensò il “pilota automatico” che negli organi dell’Unione europea era indifferente alla sovranità popolare e alla dialettica destra-sinistra. Nel 1993 Clinton coniò il termine “democrazia di mercato”. Continuamente evocati, i Valori imbellettano l’erosione delle democrazie operata dall’ideologia neoconservatrice che resta ai comandi ed è legata alle grandi industrie dell’energia e degli armamenti. Il caso statunitense va menzionato per primo, visto che si tratta della superpotenza da cui l’Europa vuole dipendere. Nella campagna contro Donald Trump, Kamala Harris pretende di rappresentare la sinistra in lotta contro l’estrema destra. E certamente Trump è totalmente imprevedibile, dunque pericoloso. Ma ecco che improvvisamente, a spalleggiare Harris, scendono in campo personaggi neoconservatori di destra ben più nefasti di Trump: tra questi campeggia Dick Cheney, già vicepresidente di Bush jr, che in realtà comandò e stravolse gli equilibri internazionali al posto del Presidente, e che è responsabile di 5 milioni di morti nelle guerre successive all’attentato dell’11 settembre, in Afghanistan e in Iraq oltre che in vari altri Paesi del globo. È Cheney l’ideatore-organizzatore delle prigioni di Guantanamo, del Memorandum che legalizzava la tortura in Iraq e in Afghanistan, della sorveglianza di massa dei cittadini (Patriot Act), del ricorso della Cia al trasporto, alla detenzione illegale e alla tortura di prigionieri sospettati di terrorismo in undici Paesi europei tra cui l’Italia (Extraordinary Rendition). È lui che mise in pratica l’estensione dei poteri presidenziali, tramite la “teoria dell’esecutivo unitario”. Anche Alberto Gonzales, consigliere giuridico di G.W. Bush e responsabile del Memorandum sulla tortura, appoggia Kamala Harris. Sia Cheney sia Gonzales sarebbero liberi di cambiare casacca, se la cambiassero. Non l’hanno cambiata e tuttavia Harris si è detta “onorata” dalla scelta di Cheney, nel duello televisivo con Trump, e ha fatto capire che continuerà a capeggiare il Partito Unico della Guerra che Biden ha guidato in questi anni: alimentando il conflitto Usa-Russia in Ucraina e sostenendo con armi e danaro la guerra di Israele su più fronti (genocidio a Gaza, ritenuto “plausibile” dalla Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu; offensiva anti-Palestinese in Cisgiordania, mortiferi attacchi cibernetici in Libano, missili ieri su Beirut). Nel dibattito con Trump, Harris ha promesso di aiutare Israele contro i nemici esterni: cioè Iran, Hezbollah, Huthi dello Yemen. “Abbiamo le forze armate più letali del mondo”, ripete con fierezza. Sull’immigrazione proclama che anche lei erigerà muri al confine col Messico, più efficacemente di Trump. C’è poi il caso francese. A luglio si è votato per una nuova Camera e la sinistra unita nel Nuovo Fronte Popolare è arrivata prima, con un classico programma socialdemocratico: aumento del salario minimo, tassazione di extraprofitti, fiscalità che non favorisca i più ricchi, riforma più equa delle pensioni. Macron non ha accettato l’esito elettorale, pur sapendo che i propri deputati sarebbero dimezzati senza le desistenze al secondo turno delle sinistre. Risultato: l’Eliseo ha nominato Primo ministro Michel Barnier, esponente di uno dei partiti meno votati, i Repubblicani. Macronisti e Destra Repubblicana sono centrali nel nuovo governo, e la politica di ieri, respinta da tre quarti dei francesi, continua indisturbata. Macron non è riuscito a dividere le sinistre, perché i socialisti restano per ora fedeli all’unità. Il suffragio universale per Macron è un non evento. Terzo caso: i laburisti di Keir Starmer, che fra il 2018 e il 2020 ha emarginato la vera sinistra di Jeremy Corbyn, profittando delle campagne che lo bollavano come antisemita e forse aizzandole. Sull’immigrazione Starmer rinnega solo in apparenza i conservatori: gli immigrati che aspirano alla regolarizzazione non verranno trasferiti in Ruanda ma in Albania, quali che siano i costi e la legalità. Starmer si dice attratto dal “modello Meloni” e si è recato a Roma per omaggiarlo. Ultimo caso degno di nota: quello del Parlamento europeo, che non ha potere né rappresentatività in politica estera, ma influisce su media e partiti nazionali. Giovedì ha approvato un’ennesima risoluzione che propugna l’uso di missili occidentali in Russia, dunque lo scontro diretto Nato-potenza atomica russa. Neanche una riga è dedicata ai negoziati. Hanno votato a favore i Popolari, i Liberali, i Verdi, i Socialisti e parte dei conservatori. Per l’Italia si sono opposti 5 Stelle, Sinistra, Verdi e Lega. Solo due socialisti si sono astenuti, Cecilia Strada e Marco Tarquinio. Piuttosto ridicoli gli eurodeputati Pd: prima hanno votato la cancellazione del paragrafo sull’uso dei missili in Russia, poi hanno approvato l’intera risoluzione con il paragrafo non eliminato. Nell’Europarlamento dominano i centristi del Pd. E i centristi, come diceva Mitterrand, “non sono né di sinistra né di sinistra”. Il modo migliore di tradire l’elettore è convincerlo a scegliere il “male minore”. Sono considerati un male minore Kamala Harris, Macron, Starmer, perfino Meloni quando aderisce all’interventismo Neocon. Il male minore è talmente simile al male che meglio fingere che sia un bene e addirittura un Valore europeo.

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