"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 3 ottobre 2024

“Lavitadeglialtri. 45 Leila Aad: «La debolezza della pressione diplomatica occidentale. Un silenzio scandaloso, di fronte all'escalation unilaterale di violenza da parte di Israele».

 


“Neonati, vecchi: in fuga dai raid nessuno sa chi vive e chi muore” di Leila Aad pubblicato sul giornale online “Mediapart” e riportato su “il Fatto Quotidiano” del 30 di settembre 2024: Sarah sarebbe dovuta tornare sui banchi di scuola la settimana scorsa. Ma il 24 settembre, martedì, è da sfollata, e non da alunna, che la sedicenne libanese è entrata in un'aula dell'Istituto tecnico Dekwaneh di Beirut. Ormai vive qui, insieme alla sua famiglia e ad altri parenti, una dozzina di persone in tutto. La stanzetta ha un arredamento alquanto spartano: le sedie degli studenti sono state accatastate in un angolo, per poter far posto ai materassi, che sono stati appoggiati direttamente sul pavimento. La nonna di Sarah, un'anziana signora malata, è stata sistemata in fondo. Al centro invece c'è il suo cuginetto, un ragazzino affetto da sindrome di Down, che sta giocando con un telefono. "Peccato per l'inizio del nuovo anno scolastico", osserva la giovane libanese con tristezza. La sua famiglia è fuggita frettolosamente dalla periferia sud di Beirut, al centro di tre raid aerei israeliani in una settimana. Lunedì scorso, i bombardamenti, mirati a colpire Ali Karaki, uno dei principali capi militari del gruppo sciita libanese Hezbollah, hanno centrato e distrutto la palazzina accanto alla casa della famiglia di Sarah. "Siamo partiti immediatamente - racconta Zaybab Abdel Rahim, la zia della giovane. Non abbiamo neanche avuto il tempo di fare le valigie, siamo an-dati via di corsa senza prendere niente. Non avevamo un posto dove andare". Come Sarah e la sua famiglia, centinaia di persone si sono rifugiate in questa scuola di un quartiere est di Beirut. L'Istituto tecnico Dekwaneh è una delle decine di strutture che il governo libanese ha messo a disposizione per accogliere le migliaia di persone che hanno dovuto lasciare le loro case dopo l'offensiva israeliana lanciata una settimana fa in diverse zone del Paese. La serie di raid aerei, in cui sono morte più di 550 persone, tra cui almeno 50 bambini e più di 90 donne, è uno degli episodi più cruenti che il Libano ha conosciuto dalla fine della guerra civile (1975-1990). L'esercito israeliano sostiene di aver centrato più di 1.600 obiettivi di Hezbollah (tra cui ovviamente anche il leader Hassari Nasrallah, ndr). I bombardamenti nel sud di Libano si sono intensificati dall'attacco di Israele del 17 settembre scorso ai cercapersone e ai walkie-talkie del gruppo armato sciita. Ma i primi, puntuali, scambi a fuoco nella zona di frontiera tra Hezbollah e l'esercito israeliano risalgono all'8 ottobre 2023, ovvero al giorno dopo la brutale incursione di Hamas contro la comunità ebraica attorno alla Striscia di Gaza. Zena Abdel Rahim racconta che suo figlio, il cuginetto down di Sarah, era preso da continui attacchi di panico a causa del rumore incessante degli aerei israeliani e dei droni che passavano sopra la periferia meridionale di Beirut, una regione sotto il controllo di Hezbollah. "Resteremo qui finché la situazione non si calmerà, ma viviamo in una condizione di totale incertezza. I nostri vicini di casa ci hanno fatto sapere che al momento la situazione non è ancora sicura". Poche ore dopo quel primo raid aereo, i quartieri meridionali della capitale libanese sono stati di nuovo bersagliati dai razzi israeliani. Nell'attacco, finalizzato questa volta a eliminare Mohammed Kobeissi, un alto comandante di Hezbollah, sono morte più di sei persone. Israele ha bombardato in modo massiccio il Libano per tutta la settimana e il bilancio delle vittime si aggrava di giorno in giorno. "Continueremo a colpire Hezbollah. E dico al popolo del Libano: la nostra guerra non è contro di voi, la nostra guerra è contro Hezbollah”, ha dichiarato Benyamin Netanyahu, il primo ministro israeliano. Per Netanyahu, il ritorno degli israeliani che vivevano nel nord del Paese, e che sono stati obbligati a lasciare le loro case da quasi un anno a causa del conflitto con Hezbollah, è diventato uno degli "obiettivi" di guerra. In una nota insolitamente critica del 23 settembre, la Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNI - FIL), una missione di pace nata nel 1978, ha espresso la sua "grave preoccupazione per la sicurezza dei civili nel sud del Libano". Gli attacchi contro i civili "non solo costituiscono violazioni del diritto internazionale, ma potrebbero anche configurarsi come crimini di guerra", si legge nel comunicato. Nel cortile dell'Istituto tecnico Dekwaneh, a Beirut, una donna e i suoi due figli stanno finalmente ri-prendendo fiato dopo una notte da incubo passata a fuggire dalla pioggia di bombe cadute sul loro villaggio, nel sud del Paese. La donna, che preferisce restare anonima, dice di parlare "a nome della popolazione del Sud del Libano". Dopo un viaggio in auto di quasi dieci ore - per percorrere un tratto di strada che in condizioni normali ne richiede non più di due, ma che era bloccato da importanti ingorghi -, la famiglia è finalmente arrivata nella capitale libanese. "Non sappiamo nemmeno se i nostri cari sono vivi, alcuni sono rimasti al villaggio, ma le comunicazioni sono completamente interrotte, racconta. Lo Stato libanese, che è in bancarotta e sta affrontando una grave crisi economica da diversi anni, è come inesistente. La donna dice di non aver ricevuto alcun tipo di aiuto o di istruzione dal governo: "Nessuno ci fa sapere nulla, non sappiamo cosa faremo". Come loro, migliaia di libanesi del sud del Paese hanno passato una notte di angoscia nel tentativo di fuggire dai bombardamenti di Israele. La mattina seguente, l'esercito israeliano ha allertato la popolazione, invitando i civili ad allontanarsi immediatamente dalle infrastrutture e dalle aeree utilizzate da Hezbollah che figurano tra gli obiettivi da colpire. Più di 80.000 chiamate automatiche ai telefoni fissi, con un messaggio preregistrato in cui si intimava alle persone di evacuare le proprie case, sono state contabilizzate dalla Ogero, la società che gestisce l'infrastruttura delle telecomunicazioni in Libano. Poco dopo, Israele ha lanciato l'operazione su larga scala in Libano detta "Frecce del Nord". Non è mancata la reazione di Hezbollah che, nel corso della giornata, ha annunciato diversi attacchi, tra cui l'invio di missili a lungo raggio diretti verso il centro di Israele, in particolare sulla regione tra Haifa e Tel Aviv. Secondo l'esercito israeliano, la maggior parte di questi razzi sarebbe stata intercettata. Mayya vaghi, originaria del sud del Libano, ha trascorso una notte insonne nell'attesa di ricevere notizie dalla sua famiglia. A Mediapart racconta che sua sorella è rimasta bloccata per dieci ore sull'autostrada che porta al nord, nel caos più totale, senza cibo né acqua, con tre bambini piccoli. Suo cugino era dovuto fuggire in fretta e furia con la moglie, che aveva appena partorito, e il neonato, ancora nell'incubatrice, sotto le bombe. Sono ancora in cerca di un alloggio dove fermarsi per qualche tempo. "Il popolo libanese, il popolo israeliano e i popoli del mondo non possono permettere che il Libano diventi un'altra Gaza", ha affermato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, all'Assemblea generale di New York. Ma in Libano sono in pochi ad avere fiducia negli sforzi diplomatici dell'Occidente. "Si contano più di 500 morti e diverse migliaia di feriti. In un qualsiasi altro Paese del mondo, avremmo assistito ad un'ondata immediata di solidarietà da parte della comunità internazionale. Ma la regione è entrata in un tale ciclo di violenza, così barbaro, che i bombardamenti israeliani in Libano appaiono secondari, o la sequenza logica degli eventi", osserva Michel Helou, segretario generale del Blocco Nazionale, un partito politico libanese. Secondo lui, ciò dimostra "la debolezza della pressione diplomatica occidentale, praticamente assente da quasi un anno. Un silenzio scandaloso, di fronte all'escalation unilaterale di violenza da parte di Israele".

Nessun commento:

Posta un commento