“Esistenze”. 2 “Ci spieghi, Casanova”: Casanova, non se ne abbia a male se, con disdicevole mancanza di cortesia, le si rivolge la parola omettendo il nome di battesimo. Fatto sta che non è da tutti assurgere agli onori dell'antonomasia, e lì eternarsi nell'immaginario collettivo fino a diventare imprescindibile punto di riferimento, modello di vita, fors'anche oggetto di dileggio. Nel parlare a lei, infatti, che così gentilmente ci ha concesso di interloquire seppure ormai da secoli lontano dal consesso degli umani, l'interesse è certo rivolto a Giacomo e alle sue rocambolesche avventure, ma ancora di più a Casanova, epitome del seduttore, indefesso impalmatore di pulzelle, irresistibile imbonitore di dame, e da ultimo libertino indefesso e reo confesso. Ecco, Casanova, cosa prova a rappresentare tutto ciò, a fungere da esempio per playboy, gaudenti e gigolo? «Limitato, ecco come mi sento, mio impertinente interlocutore. Ho vissuto mille vite, cambiato infinite guise, abitato innumerevoli luoghi. Sono fuggito nei modi più avventurosi, ho scritto, tentato la carriera ecclesiastica e persino vestito i panni dell'agente segreto e della spia, eppure tutto ciò per cui mi si ricorda è la facilità assoluta che ho sempre avuto nell'innamorarmi. Una naturale propensione alle gioie del cuore e della carne che mi ha costretto ad abbandonare i voti; un carattere così vero e scintillante che ogni oggetto del mio amore ha sempre e comunque ricambiato il mio sentimento. Ecco, una cosa mi sento di dirle: non fui libertino, ma perpetuo innamorato. I playboy che mi venerano dovrebbero forse guardare altrove». Lungi da noi, Casanova, limitare ad una angusta definizione, al tratteggio di un tipo la sua persona e il suo valore, consegnati ormai alla storia. Il fatto è che, qualche secolo dopo la sua rocambolesca epopea, sedurre rimane arte oscura e affascinante. Abbondano gli stereotipi e i manuali, si moltiplicano incantamenti e fìngimenti, ma ancora si brancola nel buio. In modo particolare, poi, quando si parla di abiti, che sono il vero interesse di questo umile scrivano. «Sia più chiaro, per favore, e mi illustri i suoi dubbi in ogni dettaglio». Il dubbio è uno, Casanova, ed è invero cristallino. A lei che dei seduttori è santo protettore vorrei domandare se esiste un modo di sedurre che passa dallo stile, da ciò che si indossa, o dalla maniera in cui lo si fa. Vi è un prontuario, un how to? «No e poi no, mio obnubilato dialogante. E perché mai, poi? Pensa lei forse che far balenare petti irsuti o muscoli guizzanti, sbottonare camicie al limite dell'indecenza, far intuire glutei e gioiellame vario sotto brache troppo attillate, e in generale fasciare il corpo per rivelarlo, ricorrendo ad un pernicioso sostituto di nudità, sia un modo per sedurre? L'errore è grossolano, mi creda. L'eloquio, la capacità di trasformare l'eros in parola, la soavità dei gesti: sono questi a conquistare. Ma è soprattutto la purezza del sentimento a sedurre, e quella poco ha a che fare con i vestimenti, ma molto con lo stile. Intendo dire che lasciare un'impronta di ciò che si è in ciò che si fa è il solo modo per carpire un cuore. Di certo è il più duraturo, sapendo bene che tutto finisce: come questa nostra paradossale conversazione che trovo di poco conto, e che mi mette in fuga. Arte, invero, nella quale sono gran maestro. Adieu!».
N.d.r. Le due “esistenze” - sopra riportate - sono state scritte - rispettivamente - da Gabriele Romagnoli e da Angelo Flaccavento e sono state pubblicate sul periodico bimestrale “U” – settembre/ottobre, del 26 di settembre ultimo – del quotidiano “la Repubblica”.
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