“TipidaSpiaggia”. “Tutti al mare”, testo di Filippo Ceccarelli pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 15 di agosto 2024: (…). Sulla mutevole figura e l’evoluta varietà del tipo da spiaggia parecchio si è comunque visto e sentito in Italia. C’è un film di Mario Mattoli con Ugo Tognazzi che risale al 1959; esiste una canzonetta di Johnny Dorelli, pure presente nel cast di quella commedia, poi un rock demenziale degli Skiantos e un già più recente, gioioso e perfino auto-ironico brano neomelodico di Tommy Riccio, nel quale il suddetto tipo da spiaggia sceglie infine di farsi una doccia “e nun ce penz’ chiù!” – che è pur sempre una ragionevole soluzione esistenziale. L’estate mediatica è ogni volta una zona franca, oleosa, accaldata e debitamente carnevalizzabile. La parete su cui qui ci si vorrebbe inerpicare senza troppi appigli è la decisa trasformazione degli uomini e delle donne della politica non solo in tipi da spiaggia, ma anche in soggetti spiaggiati, là dove l’evidente crisi che affligge la democrazia depone sull’inesorabile bagnasciuga un che di sconsolato e incapacitante. In tal guisa – ah-ah – vedremo dunque gli spiaggiati questo agosto, e già li vediamo anche se questo articolo, ancorché scritto sotto il solleone, è stato chiuso due settimane prima di Ferragosto, ma pazienza perché in soccorso arriva nientemeno che l’archivio di Instagram, grazie alle benemerite pagine #Averageitaliankid ed #Excursus, con gallery del tipo ieri – oggi – domani e sempre: un rarissimo Moro sulla battigia con sediolina portatile, Craxi sorridente tra i flutti, Berlusca che ritira indietro la pancia e fa il forzuto, un mesto D’Alema con famigliola, Prodi che strizza gli occhi per l’acqua salata, un terrificante Fassino bianco e lungo, Fini con pantaloni mimetici e torso nudo, Santanchè in vestaglietta bianca e cappellone da cow-boy. Insomma, ci si accontenta. Non può esserci un Papeete ogni estate: la richiesta di pieni poteri, il mojito, l’inno Fratelli d’Italia con la mano sul cuore e le cubiste maculate. Era l’agosto del 2019, però è come se ancora risuonasse l’invocazione al microfono: «Tutto pronto, grande carica, allacciate le cinture, da questo momento si vola: Papeeeteeee!». E a proposito di tipi da spiaggia: un’immagine ravvicinatissima scattata sulla spiaggia di Milano Marittima da due fotografi milanesi, Luca Santese e Marco P. Valli, e pubblicata ne Il corpo del Capitano (Cesura Publish) rivelò che la medaglietta al collo di Salvini mostrava sul davanti l’immagine del Sacro Cuore di Gesù e sul retro il logo smaltato del fatidico stabilimento Papeete Beach con la scritta: “Non siamo soli”. Pitonesse e pitonessi. Si può sempre sperare nel Twiga di Briatore e del Pitonesso principe Dimitri Kuntz (il cognome, peraltro, del marziano di Flaiano...). Ma intanto il materiale è sterminato. La spiaggia resta terra di nessuno, forse proprio per questo offre visioni prossime alle allucinazioni. Il presidente della Camera con il cerchietto delle figlie bambine sulla testa, la ministra dell’Istruzione con le sise di fuori, il segretario (sconfitto) dei Ds che porta l’ombrellone come la croce. Molto altro, a rovistare nei depositi della memoria, torna alla mente fra sconcerto, allegria, malinconia. Bossi in canotta che disegna schemini sulla sabbia, Di Maio che fa il segno di vittoria in modalità subacquea, Meloni in bikini tricolore, Formigoni in slippino che si tuffa dallo yacht turandosi il naso, Grillo con finta corona di spine sul capo, o che scava una buca, o mentre spintona un giornalista. L’iconografia dei bellimbusti spiaggiati è insieme un rito di auto-degradazione e il frutto di un patto di mutuo riconoscimento. Da un lato sono loro che, pur di catturare la nostra curiosità, offrono con astuta naturalezza carne nuda e straccetti colorati come se volessero dirci: eccoci, per quanto celebrizzati e necessariamente esibizionisti, sulla lunga striscia di sabbia siamo come voi, diventiamo come tutti. Come tutti, veramente, fino a un certo punto, perché dall’altro lato anche noi siamo diventati guardoni, e allora quelle panze, quei piedi, quei peli, quegli inutili veli, quei berrettini ridicoli sulle teste dei potenti finiscono per trasmetterci la rivelazione del selvaggio che è in loro, nel Potere, ma che cercano per tutto l’anno di nascondere. Di qui una specie di scambio simbolico per cui riconoscerli al naturale, riderne o inorridire, ci ricompensa della loro distanza, delle loro angherie e pretese di finta compostezza. Sono discorsi un po’ intorcinati, però certo non venivano in testa all’inizio di questa lunga storia, che con qualche semplicismo si fa cominciare con l’icona di Moro in grisaglia contornato da un gruppo di bagnanti a Maccarese – ciò che spinse Marco Bellocchio ad approfondire il personaggio in una serie tv. Mai del resto si vide Fanfani in costume da bagno, né Andreotti, né Togliatti, né Ingrao o Pertini, mentre esiste un Berlinguer in pantaloncini e anche immerso dalla cintola in su mentre chiacchiera con Napolitano. Se è per questo mancano anche immagini spiaggiate di Monti o di Draghi, a riprova di come la tecnocrazia rifugga, al modo della Santa Sede, ogni tentazione di nudità e reciprocità funzionale. E tuttavia è pur vero che il genere “politici in mutande”, con l’inevitabile ricaduta pre-fantozziana “Bruttezze al bagno”, al cui vertice si pongono certi scatti di Giovanni Leone in piscina, entrò in voga negli anni 60 grazie al maestro del rotocalco, Leo Longanesi con la serie Vecchi e Nuovi Fusti. La modernizzazione coincide con l’obbligatorietà dell’azione da spiaggia e arrivò, come tante altre pubbliche novità, nei primi anni 80 grazie a Bettino Craxi che ad Hammamet si concesse all’obiettivo del suo fotografo personale Cicconi a torso nudo e addirittura in pareo. Sul medesimo terreno lo inseguì rapidamente Ciriaco De Mita, a Maiori, con bimbi al seguito e un catenone al collo. Il tuffo del Duce. Si può discutere se la svolta si riallacciasse alle immagini di Mussolini che nuotava a Riccione o rientrasse nell’evoluta resurrezione della carne per cui, da astratta che era stata nell’epoca democristiana, la politica stava tornando a farsi figurativa, oltre che attenta ai simboli. Per quest’ultimo aspetto nessuna altra immagine estiva come quella di Carlo Azeglio Ciampi ai remi del suo pattino verso il Castello di Santa Severa rese il senso della lunga transizione italiana. Berlusconi ovviamente fa storia a parte perché non si mischiava avendo le sue maestose dimore e i suoi privatissimi lidi – su Villa La Certosa fu apposto il Segreto di Stato. In compenso la Seconda Repubblica vide l’affermarsi dei Sirenetti, definizione che significativamente Novella2000 assegnò agli esponenti del nuovo che avanzava sulle pagine patinate dei rotocalchi e nella quale, per licenza letterale e compilativa, sia qui consentito di comprendere anche una splendida sequenza in cui Emilio Colombo, sirenetto senior, effettivamente seduto su uno scoglio veniva poi sommerso da un’onda anomala. Da Coccia di morto al Forte. Pietra miliare del mood narcisista e incantatorio è da considerare la foto adamitica, paparazzata da yacht a yacht nel 1999, di Pierferdinando Casini che si cambiava il costume; mentre il placido nudo integrale di Nichi Vendola in qualche camping alternativo fece meno scalpore. Ma già premevano i leader e le leaderesse da spiaggia ad alto tasso di effusioni sotto l’ombrellone (Salvini) o tra gli spruzzi (Di Maio e Boschi), a testimonianza di estati insieme gaudenti e rovinose. Di Meloni, anzi di Giorgia, si scrisse nel 2022 che il suo successo certificava “la rivincita di Coccia di Morto su Capalbio”, ma poi si sa come vanno a finire queste storie, per cui già l’anno seguente, da presidente, prima se ne andò in un deluxe a Forte dei Marmi, 500 euri al giorno per una tenda con due lettini e teli da mare di Louis Vuitton, poi con tutto il suo cerchio nero alla Masseria “Beneficio”, nomen omen, anche se venne fuori che lì cercavano di spiarla con un drone – parenti ed ex parenti avvisati, mezzi salvati.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
domenica 18 agosto 2024
Piccolegrandistorie. 92 Filippo Ceccarelli: «La spiaggia resta terra di nessuno, forse proprio per questo offre visioni prossime alle allucinazioni».
“TipidaSpiaggia”. “Tutti al mare”, testo di Filippo Ceccarelli pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 15 di agosto 2024: (…). Sulla mutevole figura e l’evoluta varietà del tipo da spiaggia parecchio si è comunque visto e sentito in Italia. C’è un film di Mario Mattoli con Ugo Tognazzi che risale al 1959; esiste una canzonetta di Johnny Dorelli, pure presente nel cast di quella commedia, poi un rock demenziale degli Skiantos e un già più recente, gioioso e perfino auto-ironico brano neomelodico di Tommy Riccio, nel quale il suddetto tipo da spiaggia sceglie infine di farsi una doccia “e nun ce penz’ chiù!” – che è pur sempre una ragionevole soluzione esistenziale. L’estate mediatica è ogni volta una zona franca, oleosa, accaldata e debitamente carnevalizzabile. La parete su cui qui ci si vorrebbe inerpicare senza troppi appigli è la decisa trasformazione degli uomini e delle donne della politica non solo in tipi da spiaggia, ma anche in soggetti spiaggiati, là dove l’evidente crisi che affligge la democrazia depone sull’inesorabile bagnasciuga un che di sconsolato e incapacitante. In tal guisa – ah-ah – vedremo dunque gli spiaggiati questo agosto, e già li vediamo anche se questo articolo, ancorché scritto sotto il solleone, è stato chiuso due settimane prima di Ferragosto, ma pazienza perché in soccorso arriva nientemeno che l’archivio di Instagram, grazie alle benemerite pagine #Averageitaliankid ed #Excursus, con gallery del tipo ieri – oggi – domani e sempre: un rarissimo Moro sulla battigia con sediolina portatile, Craxi sorridente tra i flutti, Berlusca che ritira indietro la pancia e fa il forzuto, un mesto D’Alema con famigliola, Prodi che strizza gli occhi per l’acqua salata, un terrificante Fassino bianco e lungo, Fini con pantaloni mimetici e torso nudo, Santanchè in vestaglietta bianca e cappellone da cow-boy. Insomma, ci si accontenta. Non può esserci un Papeete ogni estate: la richiesta di pieni poteri, il mojito, l’inno Fratelli d’Italia con la mano sul cuore e le cubiste maculate. Era l’agosto del 2019, però è come se ancora risuonasse l’invocazione al microfono: «Tutto pronto, grande carica, allacciate le cinture, da questo momento si vola: Papeeeteeee!». E a proposito di tipi da spiaggia: un’immagine ravvicinatissima scattata sulla spiaggia di Milano Marittima da due fotografi milanesi, Luca Santese e Marco P. Valli, e pubblicata ne Il corpo del Capitano (Cesura Publish) rivelò che la medaglietta al collo di Salvini mostrava sul davanti l’immagine del Sacro Cuore di Gesù e sul retro il logo smaltato del fatidico stabilimento Papeete Beach con la scritta: “Non siamo soli”. Pitonesse e pitonessi. Si può sempre sperare nel Twiga di Briatore e del Pitonesso principe Dimitri Kuntz (il cognome, peraltro, del marziano di Flaiano...). Ma intanto il materiale è sterminato. La spiaggia resta terra di nessuno, forse proprio per questo offre visioni prossime alle allucinazioni. Il presidente della Camera con il cerchietto delle figlie bambine sulla testa, la ministra dell’Istruzione con le sise di fuori, il segretario (sconfitto) dei Ds che porta l’ombrellone come la croce. Molto altro, a rovistare nei depositi della memoria, torna alla mente fra sconcerto, allegria, malinconia. Bossi in canotta che disegna schemini sulla sabbia, Di Maio che fa il segno di vittoria in modalità subacquea, Meloni in bikini tricolore, Formigoni in slippino che si tuffa dallo yacht turandosi il naso, Grillo con finta corona di spine sul capo, o che scava una buca, o mentre spintona un giornalista. L’iconografia dei bellimbusti spiaggiati è insieme un rito di auto-degradazione e il frutto di un patto di mutuo riconoscimento. Da un lato sono loro che, pur di catturare la nostra curiosità, offrono con astuta naturalezza carne nuda e straccetti colorati come se volessero dirci: eccoci, per quanto celebrizzati e necessariamente esibizionisti, sulla lunga striscia di sabbia siamo come voi, diventiamo come tutti. Come tutti, veramente, fino a un certo punto, perché dall’altro lato anche noi siamo diventati guardoni, e allora quelle panze, quei piedi, quei peli, quegli inutili veli, quei berrettini ridicoli sulle teste dei potenti finiscono per trasmetterci la rivelazione del selvaggio che è in loro, nel Potere, ma che cercano per tutto l’anno di nascondere. Di qui una specie di scambio simbolico per cui riconoscerli al naturale, riderne o inorridire, ci ricompensa della loro distanza, delle loro angherie e pretese di finta compostezza. Sono discorsi un po’ intorcinati, però certo non venivano in testa all’inizio di questa lunga storia, che con qualche semplicismo si fa cominciare con l’icona di Moro in grisaglia contornato da un gruppo di bagnanti a Maccarese – ciò che spinse Marco Bellocchio ad approfondire il personaggio in una serie tv. Mai del resto si vide Fanfani in costume da bagno, né Andreotti, né Togliatti, né Ingrao o Pertini, mentre esiste un Berlinguer in pantaloncini e anche immerso dalla cintola in su mentre chiacchiera con Napolitano. Se è per questo mancano anche immagini spiaggiate di Monti o di Draghi, a riprova di come la tecnocrazia rifugga, al modo della Santa Sede, ogni tentazione di nudità e reciprocità funzionale. E tuttavia è pur vero che il genere “politici in mutande”, con l’inevitabile ricaduta pre-fantozziana “Bruttezze al bagno”, al cui vertice si pongono certi scatti di Giovanni Leone in piscina, entrò in voga negli anni 60 grazie al maestro del rotocalco, Leo Longanesi con la serie Vecchi e Nuovi Fusti. La modernizzazione coincide con l’obbligatorietà dell’azione da spiaggia e arrivò, come tante altre pubbliche novità, nei primi anni 80 grazie a Bettino Craxi che ad Hammamet si concesse all’obiettivo del suo fotografo personale Cicconi a torso nudo e addirittura in pareo. Sul medesimo terreno lo inseguì rapidamente Ciriaco De Mita, a Maiori, con bimbi al seguito e un catenone al collo. Il tuffo del Duce. Si può discutere se la svolta si riallacciasse alle immagini di Mussolini che nuotava a Riccione o rientrasse nell’evoluta resurrezione della carne per cui, da astratta che era stata nell’epoca democristiana, la politica stava tornando a farsi figurativa, oltre che attenta ai simboli. Per quest’ultimo aspetto nessuna altra immagine estiva come quella di Carlo Azeglio Ciampi ai remi del suo pattino verso il Castello di Santa Severa rese il senso della lunga transizione italiana. Berlusconi ovviamente fa storia a parte perché non si mischiava avendo le sue maestose dimore e i suoi privatissimi lidi – su Villa La Certosa fu apposto il Segreto di Stato. In compenso la Seconda Repubblica vide l’affermarsi dei Sirenetti, definizione che significativamente Novella2000 assegnò agli esponenti del nuovo che avanzava sulle pagine patinate dei rotocalchi e nella quale, per licenza letterale e compilativa, sia qui consentito di comprendere anche una splendida sequenza in cui Emilio Colombo, sirenetto senior, effettivamente seduto su uno scoglio veniva poi sommerso da un’onda anomala. Da Coccia di morto al Forte. Pietra miliare del mood narcisista e incantatorio è da considerare la foto adamitica, paparazzata da yacht a yacht nel 1999, di Pierferdinando Casini che si cambiava il costume; mentre il placido nudo integrale di Nichi Vendola in qualche camping alternativo fece meno scalpore. Ma già premevano i leader e le leaderesse da spiaggia ad alto tasso di effusioni sotto l’ombrellone (Salvini) o tra gli spruzzi (Di Maio e Boschi), a testimonianza di estati insieme gaudenti e rovinose. Di Meloni, anzi di Giorgia, si scrisse nel 2022 che il suo successo certificava “la rivincita di Coccia di Morto su Capalbio”, ma poi si sa come vanno a finire queste storie, per cui già l’anno seguente, da presidente, prima se ne andò in un deluxe a Forte dei Marmi, 500 euri al giorno per una tenda con due lettini e teli da mare di Louis Vuitton, poi con tutto il suo cerchio nero alla Masseria “Beneficio”, nomen omen, anche se venne fuori che lì cercavano di spiarla con un drone – parenti ed ex parenti avvisati, mezzi salvati.
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