Sopra. Porto Torres (Sassari, 3 di luglio 2024).
“ElachiamanoEstate”. 1“Agosto è una sceneggiatura” di Malcom Pagani, pubblicato sul
settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di agosto 2024: Quando
si ribellano anche gli elettrodomestici, come in un vecchio film di Stephen King,
si torna all'essenziale. Il tecnico che mi guarda senza riuscire a nascondere
il dubbio sull'origine del danno tiene a farmi sapere che sto comunque assistendo
a un miracolo: «Mica ce l'ha rotta solo lei l'aria condizionata, sa?», Per
convincerlo a fare un salto nella casa più calda di Roma ho impiegato due
settimane. Ora è qui, valuta la temperatura e non sa esattamente come
comportarsi. Il suo disagio è il mio. Però ci mette fantasia, ipotizza,
suppone, agita le mani, non dà nulla per scontato. Potrebbero essere i fili
invertiti dice, i tubi ossidati o addirittura, azzarda, una perdita di gas. Non
so se ridere, apprezzare lo sforzo, abbracciarlo, smascherare il bluff,
affrontarlo scriteriatamente sul terreno della tecnica pura o prenotare un
albergo. Tenta di far partire le macchine una, due, tre volte. La luce verde
lampeggia e illude. Poi diventa rossa, le bocche di plastica sollevano il ponte
levatoio e io so, in un istante, che tornerò agli anni 80. Con l'odore dello
spray anti-zanzare ad accompagnare ogni passo, le finestre spalancate,
l'anguria nel frigo e le docce fredde in piena notte. Le chiamano notti
tropicali, ma non so se ai tropici vantino questa orchestra di cicale e
antifurti che accompagna le ore fino a quando la luce non ha la meglio sul
buio. È agosto. Lo spazio in cui ogni gesto va meditato. Il luogo in cui ogni
distrazione è fatale. La città è un set, nelle strade vuote spuntano cartelli
stradali semoventi e nastri bianchi a recintare i parcheggi. Se parti per le
vacanze e ambientano un film d'epoca nel tuo quartiere puoi dire addio alla tua
auto. Vengono a rimuoverla guidatori insofferenti al sentimento, la issano su
un camioncino giallo, la traducono in larghi spazi ai margini della città e
anche questo è un segno. Agosto è più finzione che realtà, agosto è una
sceneggiatura, agosto è un racconto di resistenza urbana in cui l'improbabile
diventa protagonista. Più d'uno, come in Caro Diario, senza scandalo, va in
giro in ciabatte. Ci si riconosce a vista. Vita di quartiere, di metropoli
trasmutata in provincia, di spazi ridotti e conversazioni con il barista in cui
l'unico premio è confessarsi che idea luminosa sia non essere in spiaggia con
qualche altro milione di persone. Sudiamo. Non ci guardiamo negli occhi. Ci
manca la convinzione per continuare. Ad agosto si mente, più che in altri periodi.
Ad agosto il telefono non squilla mai e se squilla c'è da preoccuparsi. Dai
familiari arrivano notizie lontane in cui il dramma si nasconde dietro il
sipario della normalità: «Il cane» - pausa - «il cane è stato molto male, sai?»,
E giù una storia simile a quella del condizionatore, una storia piena di forse
e di proiezioni immaginarie. «Ha mangiato qualcosa che non avrebbe dovuto, in
campagna capita», argomentano. La campagna, come ogni cosa, ha i suoi lati
pericolosi. Ma il cane è salvo e a me pare dicano che si è salvato nonostante
non ci fossi. Agosto è senso di colpa, assenza, rimpianto. Agosto è menefreghismo
e allegria senza un perché. Agosto è un carnevale
senza carri. Agosto corre e finisce in fretta.
Agosto è pieno di «avrei potuto».
Agosto, avrebbe scritto Antonio Delfini, è un mese per uomini non moderni.
Agosto ti mette i conti sul tavolo e non basta far finta di non vedere. Agosto
è un'oasi per respirare. Agosto è un passo di Tondelli: "Agosto è bello
starsene a casa con la città vuota nessun rompiballe in giro, magari arrivi che
senti la tua solitudine farsi pesante ma è un gioco diverso ed esser soli fa
molto più male in mezzo alla gente". Agosto è tutto ciò che tra poche
settimane non ci sarà più permesso d'essere.
“ElachiamanoEstate”. 2 “Quasi quasi vado a Coccia di
Morto” di Massimo Giannini, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di
Repubblica” del 9 di agosto ultimo: Sono ancora indeciso sull’estate. Pencolo
tra le ipotesi più suggestive. Un soggiorno sulle Dolomiti trentine, schivando
i proiettili della Forestale incaricata dal fiero presidente della Provincia,
Fugatti, di sterminare tutti gli orsi “cattivi” (cioè colpevoli di fare gli
orsi, che osano cercare tra i boschi il cibo per sé e per i piccoli
orsacchiotti). Un tuffo nelle chiare, fresche e dolci acque della costa tra
Ansedonia e Orbetello, scansando giusto quelle 200 tonnellate di orate e
ombrine lesse che galleggiano in superficie dopo la perfetta bollitura naturale
a 34 gradi indotta dal global warming. Un Interrail sull’Alta Velocità
Salviniana, bivaccando nelle confortevoli carrozze dei nostri Frecciarossa
fermi sui binari per 60-120 minuti, con aria condizionata in avaria, in attesa
della sacrosanta manutenzione di Ferragosto, periodo di traffico notoriamente
fiacco. O una scelta di rottura, da ceto medio molto riflessivo: agosto a casa
in modalità Fantozzi, ventilatore a palla, tv accesa h24, canottiera e mutande,
frittatona di cipolle e birra gelata, rutto libero e tifo indiavolato, per
Gimbo Tamberi alle Olimpiadi francesi o per Jenny e Tony alla 43ª replica di
Temptation Island. Nell’attesa di sciogliere la riserva, mi alleno con una
specie di Ritorno a Coccia di Morto. Festa serale di compleanno di una lontana
parente, in uno stabilimento del litorale romano il cui nome scimmiotta Gotham
City. Repertorio classico. Al buffet: frittini e rigatoni all’amatriciana. Al
banco: il famoso barman, 100 chili di sapienza alcolica, bandana in testa e
tatuaggi policromi. Sul palco: band di musica rigorosamente tricolore. In
pista: varia e un po’ attempata umanità. Sulla spiaggia: coppiette in love e in
coda per la foto iconica, dentro un grande cuore illuminato cui fa da sfondo il
rudere della torre romana. Al camping adiacente: quattro file di roulotte,
affiancate l’una all’altra. Famigliole che stazionano nelle piazzole, mangiando
panzanelle sui tavoli pieghevoli. Un padre, torso nudo e asciugamano in spalla,
strilla a un figlioletto, che non vuole andare a lavarsi ai bagni comuni
insieme al fratellino: «Tomas, hai rotto er cazzo, io e Cristian annamo da
soli, te t’arrangi…». Dalla semioscurità del camper echeggia la voce della
madre: «A Giovà, e aspetta che mo’ ariva…». Pochi secondi, e il ragazzino esce
caracollando. Me ne torno nella Capitale con l’immagine di quei tre che si
allontanano in costume, ciabattando verso la doccia e la sera. Metto da parte
le riflessioni colte sul carnage di Ventotene tra i Molino e i Mazzalupi. E,
scusate, ma un’altra volta mi torna in mente Gaber: avete mai visto le spalle
di un uomo che cammina davanti a voi? Sono le spalle comuni di un uomo
qualsiasi. Ma si prova una sensazione simile alla tenerezza, c’è tutta la
normalità umana, i piaceri di cui è fatta la sua esistenza, quello che io provo
per quell’uomo è una comprensione diretta, senza ideologie sociali.
Intelligenti, stupidi, che differenza fa? Tentativi di persone che, comunque,
esistono. Quasi quasi vengo qui, in vacanza.
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