Ha risposto così Michele Serra: Caro F., mettiamola così: l’uomo non avrebbe necessità delle religioni per essere prevaricatore e crudele. Lo è già di suo, senza alcun bisogno di baciare il rosario o invocare Allah contro gli infedeli o spacciare la Bibbia per autorità catastale, come fanno i coloni israeliani occupando terre non loro. Diciamo che l’alibi religioso è molto comodo per dissimulare avidità e prepotenza. E particolarmente ipocrita: non venirmi a raccontare che è Dio che ti ispira, o ti difende, o ti arma. Sei tu che lo fai, e non hai nemmeno il coraggio di dirlo. Vale per Trump come per l’ultimo dei suoi elettori, per Salvini come per l’ultimo dei suoi fan. Di Dio, gliene importa un fico secco. Lo usano come un distintivo sul bavero. Le ideologie, intese come insieme di dogmi e precetti, sono un po’ la stessa cosa: una comoda giustificazione che solleva dalla responsabilità individuale. I totalitarismi del Ventesimo secolo hanno generato mostri, e lei ha perfettamente ragione a farlo notare. Ammazzare qualcuno nel nome della superiorità della razza ariana o nel nome della giustizia proletaria non è stato dissimile, tecnicamente, dai roghi delle streghe o dalle conversioni forzate, a fil di spada, dei “selvaggi”. Si trattava pur sempre di imporre un ordine “superiore” a degli esseri umani in qualche modo “inferiori”. Dunque accetto volentieri la sua critica, ma la accetto – mi perdoni – pur sempre in chiave “laica”. Si sia cristiani, o musulmani, o atei, o agnostici, o socialisti, o liberisti, o qualunque cosa, si cerchi di esserlo “in proprio”, assumendo la responsabilità dei propri comportamenti e delle proprie parole. Non si tiri in ballo Dio, o l’Ideologia, si agisca persona per persona. Ci si faccia carico delle cose nobili e anche delle cazzate che si fanno. Sarebbe un mondo più responsabile, dunque migliore.
Ha scritto Enzo Bianchi in “La fede e la coscienza” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di ieri, lunedì 5 di agosto: (…). Inutile confessare che il cristiano credente soffre di (…) diminutio nella quale non scompare solo la cristianità ma rischia di non essere più rilevante la comunità cristiana. Anche perché va riconosciuto che la Chiesa, almeno nella voce e negli atti di Papa Francesco, si è fatta più missionaria, più capace di dialogo e presenta la fede in modo da renderla “buona notizia”. I cristiani che tentano di vivere il Vangelo nelle comunità ecclesiali rimangono smarriti misurando la loro impotenza ad essere significativi oggi, perché non temono il fatto di diventare una minoranza, ma vorrebbero essere una minoranza significativa, sale della terra e lievito nella pasta della storia del mondo. Però va detto con chiarezza: se c’è un allontanamento dal cristianesimo non c’è un andare ad altre fonti di vita, c’è solo un approdare nella marea dell’indifferenza. E questa non è certo un’acquisizione positiva per l’umanità. (…). …emerge però un elemento promettente: “Tra coloro che dichiarano una pratica religiosa assidua e regolare l’insegnamento della Chiesa è ritenuto, in prevalenza, utile ma non essenziale perché ciascuno deve agire secondo coscienza”. Questo dato non va minimizzato perché rivela una novità nel popolo cattolico: l’emergere della coscienza propria, dell’esercizio di un discernimento personale dotato di autorevolezza, che orienta le decisioni e le azioni. È vero che da sempre nella Chiesa si è confermato il principio esposto dal concilio Lateranense IV: “Chi agisce contro la propria coscienza edifica la gehenna”, dunque obbedire a un’altra autorità significa peccare. Ma in realtà negli ultimi secoli la propria coscienza è stata vista con sospetto e il seguirla era considerato peccaminoso se configgeva con un’altra autorità ritenuta superiore, quella della Chiesa. Se chi invoca l’esercizio della coscienza sa anche custodire la propria coscienza formandola, fornendole occasioni di confronto, rendendola capace di ascolto del Vangelo, è una buona acquisizione. Questo però richiede una fede pensata, il diventare adulti e responsabili nella comunità cristiana, il ritrovare la passione della fede. Perché comunque ciò che minaccia realmente la Chiesa oggi è la debolezza della fede e la mancanza di una reale fraternità vissuta tra coloro che si dicono discepoli di Gesù.
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