“MostruoseSuccolentiStorie”.
“Erba, l’anima nera e i conigli bianchi”,
testo di Pino Corrias pubblicato sul periodico “Millennium” del 10 di agosto
2024: Piantatela: gli asini non volano, Rosa Bazzi e Olindo Romano sono
colpevoli della strage di Erba. Non ci sarebbe molto altro da aggiungere, dopo
questi diciotto anni di circo mediatico e aria fritta, di desolante serie di
finti processi televisivi, finti investigatori, di criminologi da seconda
serata, di profiler un tanto al chilo, di esibizionisti e narcisisti, di
improvvisati detective che hanno imbracciato la lente di ingrandimento e
astutamente perquisito l'anima nera della nostra nera provincia. Per tirare
fuori il coniglio bianco dello scoop, immancabilmente di cartone. Piantatela.
Rosa, la donna delle pulizie, e Olindo, il netturbino, la coppia specchiante
vissuta in un universo che non ammetteva interferenze, hanno confessato, anzi
rivendicato, la strage che nella notte dell'11 dicembre 2006 ha accatastato i
cadaveri di Youssef il bimbo di due anni, della madre Raffaella Castagna, della
nonna Paola Galli, di Valeria Cherubini, l'altra vicina di casa. Avevano il
movente dell'odio e la crudeltà per imbracciarlo. Olindo ai magistrati
confessò: "La Raffaella è arrivata tre mesi dopo di noi. Prima con un'amica,
poi con una decina di extracomunitari negri. Ci passavano dentro tutti i tossici
di piazza Mercato e io un sacco di volte chiamavo i carabinieri. Niente, non
succedeva mai niente. Così abbiamo capito che avevamo solo due alternative, o
andarcene, o farli fuori". E poi: "Ci avevamo provato altre due
volte, quella sera andò bene". E Rosa: "Facevano feste sino alle due,
alle tre di notte. Una sera ho detto basta, non ce la faccio più, ho preso il
coltello e sono partita". E poi piangendo: "Più picchiavo, più
cortellavo, più mi sentivo forte". Solo dopo dieci mesi di detenzione -
non dieci ore, non dieci giorni, non dieci settimane - hanno di punto in bianco
cambiato gli avvocati difensori e ritrattato la loro confessione: siamo stati
ingannati dai magistrati, ci avevano promesso una cella matrimoniale, "non
siamo stati noi, quelle erano bugie estorte". E in un oplà televisivo e
processuale, con identica determinazione, hanno giurato il contrario di quello
che avevano giurato: "Da oggi siamo innocenti!", hanno detto. Senza
spiegare come mai abbiano impiegato addirittura dieci mesi - non dieci ore, non
dieci giorni, non dieci settimane - per accorgersene e risvegliarsi da quella
indisturbata veglia, durante la quale Olindo annotava sulla sua Bibbia: "Dio
accolga le vittime a cui abbiamo tolto il dono della vita". E poi:
"Sono alcune notti che rivedo la Raffaella, come quella sera col sangue
che le scende sul volto e i colpi che le abbiamo inferto quando la
uccidevamo". Piantatela di ignorare le prove provate e le sentenze
scritte. Dovrebbero essere abbastanza i ventuno giudici che li hanno condannati
all'ergastolo, durante l'intero corso processuale: primo grado, appello,
cassazione. Più gli altri tre giudici del riesame di Brescia che a inizio luglio
hanno respinto l'ennesima richiesta di revisione. Ventiquattro giudici in
tutto, tra togati e popolari. Un numero sufficiente per mandare in archivio la
fitta schiera degli innocentisti a oltranza, innocentisti a prescindere, gli
investigatori della Terra Piatta, che hanno allestito chiacchiere, articoli,
documentari tv, invenzioni, forzature, panzane, più una dozzina di libri pieni
di strampalate teorie sulla fuga dai tetti degli assassini, compreso un libro
che sembra più inventato degli altri, intitolato "Rosy",
confidenzialmente, che sarebbe la commovente vita di Rosa, quella che stando
alla sua confessione in lacrime, ha personalmente tagliato la gola a Youssef,
incendiato l'appartamento assaltato, mentre suo marito Olindo si occupava della
vicina di casa Valeria Cherubini, vittima in fuga dall'alloggio di sopra,
atterrata a sprangate e di suo marito Mario Frigerio, miracolosamente rimasto
vivo, da allora testimone oculare della strage. Testimone senza mai incertezze,
nonostante le illazioni della difesa per delegittimarlo, le stupidaggini delle
postume perizie sulla "falsa memoria", la "memoria indotta"
e che ogni volta in aula, ha riconosciuto il suo (quasi) assassino: "Sei
stato tu, Olindo, vergognati!", avendolo avuto per anni suo vicino di casa
e a meno di 30 centimetri dalla faccia, in quella sera di furori e fiamme,
mentre lottava sulle scale per difendersi. La montatura narcos. Piantatela di
inquinare quel fiume di sangue versato, la memoria delle vittime, il dolore dei
familiari, con sconclusionate ricostruzioni per smontare quello che si intuiva
a occhio nudo: la vendetta dei vicini di casa - i poveri del piano terra,
contro i ricchi del piano di sopra - l'odio e il rancore accumulati per anni,
contro la famiglia dei Castagna, compreso un processo per minacce e percosse a
Raffaella, che li hanno indotti alla spedizione punitiva, diventata strage. È
quello il solo movente plausibile per agire con tanta crudeltà contro tre donne
e un bambino, l'arma bianca e il fuoco per cancellare definitivamente quei corpi
massacrati, la loro memoria, le prove dell'assalto. Altro che vendetta trasversale
contro il marito di Raffaella, Azouz Marzouk, spacciatore da due lire, altro
che 'ndrangheta, trafficanti albanesi o tunisini o marziani tanto sconsiderati
da compiere una strage da ergastolo per uno sgarro, venire dal nulla e sparire
nel nulla, visto che non siamo nei mattatoi di Sinaloa, nel Messico dei narcos,
ma a Erba cittadina della pettinata e ricca Brianza, dove non è mai più
successo nulla del genere. Piantatela di allestire false ricostruzioni e falsi
elenchi delle "234 incongruenze nella ricostruzione del delitto" -
non una di più, non una di meno - che la difesa ha il diritto di elencare, ma
che il buon giornalismo dovrebbe raccontare e anche confutare insieme con le
999 congruenze dell'indagine, delle confessioni, del movente di odio verso
Raffaella, "la ricca bastarda". È vero, esistono gli errori
giudiziari, ci mancherebbe. Ma mai se n'è visto uno in presenza della
confessione degli imputati che si vantano della loro ritrattazione: "Li
abbiamo presi in contropiede - scriverà Olindo nel suo diario-. Non si
aspettavano una strategia così semplice". Mai con un testimone oculare.
Mai con un alibi così sconclusionato come quello allestito da Olindo e Rosa, lo
scontrino del McDonald's di Como che avrebbe dovuto collocarli altrove all'ora
(sbagliata) del delitto e che consegnano ai carabinieri prima ancora di essere
interrogati. La difesa ha il dovere di inseguire ombre, congetture, persino le
più trascurabili incrinature di una indagine se serve ai propri assistiti,
anche negando l'evidenza. Altra cosa è il giornalismo all'arma bianca - come
quello delle "Iene" con dozzine di puntate a configurare una vera
ossessione televisiva - seminando illazioni persino sulla colpevolezza dei
familiari, inseguendo i fratelli Castagna, Giuseppe e Pietro, avvelenando loro
la vita, per mesi, per anni, con gli agguati sotto casa, i controlli al lavoro,
gli appostamenti, le telefonate, i sospetti. Porsche e retromarce. Piantatela
di dare retta a Azouz, il marito di Raffaella, il padre di Youssef, che quella
fatidica sera era in Tunisia, fu il primo dei sospettati, tornò a scagionarsi e
per prima cosa chiese la pena di morte per Olindo e Rosa "certamente
colpevoli". Per seconda, si accordò con Fabrizio Corona, il fotografo, per
vendergli in esclusiva le immagini del funerale di Youssef, celebrato in
Tunisia. Per terza, si accordò con Lele Mora, l'allevatore dei tronisti a
tassametro, per vendersi le serate in pizzeria e nelle discoteche della
Brianza, sfruttare la sua insanguinata celebrità televisiva, girare per Erba su
una Porsche in prestito, dire al telefono con un amico: "Sono i mesi più
belli della mia vita, mi hanno proposto di lavorare in cambio di sesso. Sono
arrivati a dirmi quanto vuoi per una scopata!". Poi cambiare anche lui
opinione su tutto, "Olindo e Rosa sono innocenti", alimentare nuove
interviste, arrivare a insinuare che forse i fratelli sono coinvolti, una diffamazione
che gli è costata un processo, una condanna, un risarcimento di 70 mila euro
mai pagati. Piantatela di assaltare la magistratura, per esibirne lo scalpo da
conficcare sui giornali della destra e sulle televisioni tutte o quasi
addestrate alla perpetua delegittimazione delle procure, come voleva la
propaganda della casta berlusconiana, sempre insinuando secondi fini nelle
indagini, errori, prevaricazioni, interrogatori fasulli e scorrettezze:
"Hanno fatto sparire le prove", "Hanno suggerito le risposte
agli imputati", "Gli hanno fatto vedere le fotografie della strage
per guidarli alla confessione", eccetera. Piccole e grandi maldicenze,
senza mai spiegare quale sarebbe stato il tornaconto per quelle forzature,
bastando il veleno della calunnia esplicita o solamente allusa a nutrire di
sospetti una strage senza misteri, una indagine senza errori, un processo senza
ombre. Piantatela di mandare avanti questa triste sarabanda mediatica che si
autoalimenta, ricominciando ogni volta da zero. Come è accaduto con la new
entry di un tale Cuno Tarfusser, procuratore aggiunto di Milano, che senza
averne alcun titolo, "ma solo per amore di giustizie e verità", ha
chiesto, nell'aprile del 2023 (e forse determinato) la revisione del processo,
prendendo per buone le motivazioni che la difesa ha presentato e ripresentato
da anni senza esito. "Mi sono convinto della loro innocenza - ha detto in
una intervista al Corriere, ripresa con entusiasmo da tutti i siti e dai giornali
innocentisti-. E trovo insopportabile il pensiero che due persone probabilmente
vittime di un errore giudiziario, stiano scontando l'ergastolo". Poi,
sempre per amore di verità, si è subito candidato alle europee nella bella
lista di Carletto Calenda, purtroppo ignorata dagli elettori, niente scranno a
Bruxelles per il Tarfusser affondato e sdegnato dalla sentenza di Brescia:
"Me ne vado in pensione!", ha annunciato il giorno stesso. E poi
"Non mi riconosco più in questa magistratura a cui ho dedicato 40 anni
della mia vita. Sono schifato da questo sistema". Piantatela Olindo e
Rosa. Scegliete un giorno e un'ora per smontare il castello di parole e di
bugie in cui vi siete nascosti in questi anni di isolamento, solitudine, prigione,
illudendovi che negare tutto era il modo "più sorprendente e più
semplice" per cavarvela. Le serrature non svaniscono. E voi due, siete la
prima.
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