"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 8 giugno 2022

Dell’essere: 43 Edgar Morin: «“Comunità di destino è la coscienza di appartenere ad una Patria più grande di tutte le altre che non è la negazione di tutte le altre, ma è la Terra-Patria”».

 

Ha scritto Enzo Bianchi – già priore della comunità monastica di Bose – in “Noi, gli altri e il senso della vita” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 6 di giugno 2022: Nella sapienza contadina tradizionale non c'erano solo i dieci comandamenti imparati a memoria fin da bambini, ma c'erano imperativi che indicavano più atteggiamenti, stili, che non azioni o divieti. Erano ricorrenti nei discorsi che "i grandi" facevano ai più giovani, senza attribuire loro particolare autorevolezza: erano consigli, giusto da meditare, niente più, e da ricordare nella vita. (…). Soprattutto gli imperativi legati a tre parole venivano ripetuti con convinzione ed erano ascoltati, rimuginati. Si trattava di consigli da vivere nel rapporto con gli altri, nell'intento di tessere relazioni umane significative, capaci di dare gusto e senso alla vita. La prima parola era "come": sentirsi come gli altri, vivere come gli altri, stare come gli altri. In questo come non c'era di sicuro un invito alla omologazione, ma al contrario l'affermazione della fraternità e della sororità, o meglio dell'umanità che ci accomuna tutti, c'era quel sentimento di uguaglianza che mi impedisce di prevaricare sugli altri o di sentirmi migliore di loro. Di fatto era un richiamo all'umiltà: non al di sopra degli altri, ma con la stessa dignità, gli stessi diritti, la stessa vocazione alla vita e alla felicità. Come gli altri: sembra una banalità, ma è una cosa seria. Chi non conosce e non sa affermare il suo essere "come gli altri" è indotto alla prepotenza nei rapporti, a vantare privilegi, e in definitiva alla violenza. Solo quando si è solidificata questa uguaglianza del "come gli altri" si può anche stare con gli altri. Preposizione, questa, straordinaria, che ci consente di avere una visione comunitaria, di affermare la comunione di due che dicono "noi" e non più soltanto "io". Io vivo con gli altri, abito con gli altri, lavoro con gli altri, gioisco con gli altri, soffro con gli altri. Solamente non posso decidere di morire con gli altri perché si muore da soli, ma tutto il resto può essere vissuto, fatto, sperato con gli altri. Con dà l'orizzonte comunitario all'umanità, è l'affermazione che si vive e si opera insieme, mai senza l'altro. L'uguaglianza apre alla vera comunione di esseri umani diversi e differenti, dove il debito e la responsabilità verso l'altro sono vissuti insieme. E da questa comunione profonda faccio scaturire il terzo imperativo a partire dalla preposizione per. Tutto ciò che si vive lo si vive non per se stessi ma per gli altri. Nasce qui dalla responsabilità verso gli altri la cura degli altri, il servizio degli altri. Gli altri cessano di essere l'inferno (Sartre), e diventano l'occasione di dare un senso alla vita. È questo l'insegnamento semplice che ci veniva trasmesso in modo insistente: sentiti come gli altri / sta con gli altri / vivi per gli altri. Di seguito, “Cos’è la fratellanza e il concetto di Terra-patria” letto sul sito https://libreriamo.it/societa/cos-e-fratellanza-terra-patria/ su cortese segnalazione dell’amica carissima Agnese A.: Gli avvenimenti legati alla guerra in Ucraina ci stanno insegnando cosa significa difendere la propria patria e come atti di autentica fratellanza possano alleviare le sofferenze di tanta gente. Oggi i concetti di fratellanza e di amore per la patria sono più forti che mai. Pensiamo a tutti coloro che si stanno impegnando per condurre al di là della frontiera ucraina le famiglie in fuga, o a chi ha deciso di manifestare il proprio dissenso, in Russia, consapevole di poter essere arrestato, o alle innumerevoli persone che, in ogni parte del mondo, stanno raccogliendo beni di prima necessità da destinare al popolo ucraino.  Dove saremmo, se questa fratellanza fra esseri umani non esistesse? E se essa esistesse a livelli più estesi? Potrebbe sembrare un’utopia. In realtà, sono molte le religioni che hanno puntato sulla fratellanza come valore fondante e sono altrettanto numerosi gli intellettuali che hanno provato ad immaginare un futuro in cui la fratellanza deve essere il perno della società. Edgar Morin e la “riforma del pensiero”. Fra gli intellettuali che hanno messo al centro della loro attività la fratellanza, troviamo il filosofo e sociologo francese Edgar Morin (Parigi, 1921) che, con un approccio transdisciplinare, ha trattato vari temi, fra cui la complessità e il cosiddetto “pensiero complesso”. Morin ha sempre affermato la necessità di una “riforma del pensiero” e di un superamento della separazione fra i saperi, che oggi sono più frammentati che mai. Lo studioso afferma che la separazione più critica è quella che riguarda il campo di studi umanistico e quello scientifico: se “la cultura umanistica affronta la riflessione sui fondamentali problemi umani, stimola la riflessione sul sapere e favorisce l’integrazione personale delle conoscenze”, “la cultura scientifica separa i campi della conoscenza, suscita straordinarie scoperte, geniali teorie, ma non una riflessione sul destino umano e sul divenire della scienza stessa”. A questo importante divario, si aggiunge un secondo ostacolo: l’informazione. Le informazioni, che oggi sono parte integrante delle nostre giornate e che entrano prepotentemente nella nostra quotidianità, costituiscono una sfida alla percezione globale che auspica Morin. Ma perché la riforma del pensiero è legata al concetto di fratellanza? La fratellanza e il concetto di Terra-patria. Se la percezione globale si indebolisce, afferma Edgar Morin, si indebolisce anche il senso di responsabilità che abbiamo l’uno nei confronti dell’altro, perché ci sentiamo responsabili solo del nostro compito specializzato e, in più, si affievolisce il senso di solidarietà che unisce ciascuno di noi all’altro. In sintesi, più ci sentiamo soli e distaccati dal resto del mondo, meno comunichiamo con l’alterità che ci circonda. E se non comunichiamo con l’esterno, non possiamo sentirci parte di un insieme che dovrebbe essere il risultato di ogni nostra attività, ogni nostro pensiero e ogni nostro sforzo. Perciò, secondo Morin è fondamentale ripensare non solo la cultura, ma anche la civiltà: la fratellanza - (…) - è la chiave, il “percorso” per giungere ad una nuova società civile, equa, forte e comunitaria. La fratellanza di cui parla il celebre sociologo non riguarda soltanto il rapporto fra esseri umani, ma anche il legame fra essi e l’ambiente circostante. Si tratta della cosiddetta “comunità di destino”, un senso di appartenenza che lega indissolubilmente tutti gli uomini ed anche la terra in cui essi vivono, la loro patria. Così Morin spiega il concetto di comunità di destino in “Ri-scoprirsi identità connesse”: “Comunità di destino è la coscienza di appartenere ad una Patria più grande di tutte le altre che non è la negazione di tutte le altre, ma è la Terra-Patria. Sentirsi una comunità di destino significa avere una coscienza planetaria, ossia divenire consapevoli che siamo tutti figli di questa Patria, siamo fratelli e sorelle di questa Patria”. Riflettere su concetti come questo, oggi, è di vitale importanza. Viviamo in una realtà estremamente fragile, e sono molti gli accadimenti che oggigiorno ci hanno dimostrato tale fragilità, a cominciare dal minuscolo (virus n.d.r.) che da ormai due anni ci costringe tutti ad indossare mascherine, usare igienizzanti e limitare i contatti. Ma Edgar Morin ci insegna che la fragilità è insita nella bellezza: “Ripetiamolo senza posa: tutto ciò che non si rigenera, degenera: vale anche per la fraternità, ma questo la rende ancor più preziosa, fragile come la coscienza, fragile come l’amore la cui forza è tuttavia inaudita”. Il sociologo parigino ci sta quindi lasciando una preziosa eredità: impariamo a sentirci parte di un gruppo, non sentiamoci isole in oceani desolati. Anche quando il mondo e i legami ci sembrano mancare di solidità, pensiamo a queste parole, a quanto la fragilità sia un valore, non un difetto. Tutto ciò che facciamo ha cause e conseguenze legate alle persone e al mondo che ci circondano. Non dimentichiamolo mai, perché questo fa la differenza.

1 commento:

  1. "Il principale scopo nella vita è aiutare gli altri, e se non puoi aiutarli, almeno non ferirli". (Dalai Lama). "La domanda più persistente e urgente della vita è: "Cosa stai facendo per gli altri?" (Martin Luther King). "L'opera umana più bella è di essere utile al prossimo". (Sofocle). "Chi aiuta gli altri aiuta se stesso". (Lucio Anneo Seneca). "Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere". (Albert Einstein). "Vivere per gli altri, non è soltanto la legge del dovere, è anche la legge della felicità". (Auguste Comte). Grazie di cuore per questo stupendo post che mi ha dato l'opportunità di soffermarmi in modo particolare sulle affermazioni di Enzo Bianchi, che ho veramente apprezzato molto, che condivido e mi impegno a mettere in pratica... Buona continuazione.

    RispondiElimina