“Guerre&lottedipotere”. Ha scritto Maria Rita
Gismondo - direttore di “Microbiologia clinica e virologia” presso l’Ospedale "Luigi
Sacco" di Milano in “Mongoli,
Russi, Mariupol e colera” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi,
giovedì 9 di giugno 2022: A Mariupol sta per esplodere un'epidemia di colera. Allarme
lanciato dagli amministratori in esilio della città. Pericolo confermato
dall'Oms, che ha invitato a una quarantena della popolazione che, difficile da
attuarsi nelle attuali condizioni, probabilmente non servirebbe a risolvere il
problema. Nella città assediata dai russi, sono state distrutte le strutture
essenziali: rete fognaria e rete idrica potabile. Liquami invadono ciò che è
rimasto delle strade, dove giacciono in putrefazione numerosi cadaveri. La
mescolanza delle acque reflue con quelle potabili sono la fonte di numerose
infezioni, fra cui il colera, che ha già provocato numerosi casi. È una
malattia infettiva, spesso mortale, che si manifesta con una diarrea
caratteristica, detta "a chicco di riso", che disidrata velocemente,
a causa della perdita, fino a 20 litri di liquidi in un solo giorno. L'aggravante
è dovuto alla mancanza di farmaci e vaccini, poiché non è consentito alle
agenzie di soccorso di entrare nella città, nella più palese violazione dei
diritti umanitari. Il pericolo di un'epidemia che possa coinvolgere vaste zone,
anche al di fuori di Mariupol, non è remoto, né da sottovalutare. Senza voler
cadere nel complottismo, il pensiero va alla storia del bioterrorismo che ci
riporta ai russi e ai cadaveri in putrefazione. Nel XIV secolo, i Tartari
(russi), abitanti della Mongolia, hanno assediato la città di Caffa, oggi
Feodosia, che allora faceva parte di Gazaria, porti della colonia della
Repubblica di Genova in Crimea. Si perpetrò il primo atto di guerra biologica.
I Mongoli, decimati da un'epidemia di peste, utilizzarono i cadaveri dei loro
soldati, catapultandoli dentro le mura della città, infettando gli abitanti.
Dopo poco tempo, l'epidemia si diffuse anche fra i genovesi che, dal loro
porto, la trasmisero al resto dell'Europa. La peste "nera" provocò
circa 20 milioni di morti. Poiché ormai siamo consapevoli che la guerra produce
atrocità da parte di tutti, non ci sembra da scartare che i russi stiano
lasciando i cadaveri abbandonati per peggiorare il rischio infettivo,
soprattutto al sopraggiungere del clima caldo. (…). Di seguito, “Vladi al sicuro e dinastia Putin” di
Sandro Orlando pubblicato sullo stesso quotidiano di oggi: “Se c'è Putin, c'è la Russia. Se non c'è
Putin, non c'è la Russia". Per oltre un ventennio questa
considerazione - attribuita a Vjaceslav Volodin, l'attuale presidente della Duma
- ha costituito il segreto del successo del presidente russo. Il collante
ideologico che ha tenuto insieme sostenitori e avversari dello zar, uniti nella
consapevolezza di vivere in una nazione dalle istituzioni troppo fragili per
sopravvivere senza un leader forte. Ma il progredire della malattia - due
interventi in un mese - ha riaperto il dibattito sulla successione. Secondo il
canale Telegram Generai SVR, vicino ad ambienti dei servizi, sarebbe stato lo
stesso Putin a sollecitare un piano per una transizione graduale del potere.
Un'ipotesi discussa già in passato è che la sua seconda figlia, Katerina
Tikhonova, 35 anni, subentri a Dmitry Medvedev alla guida di Russia Unita, il
partito del presidente, primo in Parlamento con la maggioranza dei seggi (77%).
A settembre si terranno elezioni in 12 città e 20 regioni, e tutti i sondaggi
preannunciano un forte calo di consensi per il Cremlino. Un capro espiatorio a
cui imputare tutte le responsabilità della scellerata gestione della guerra
sarebbe già stato individuato in Medvedev, da sempre un fidato servitore dello
zar, che si è distinto nelle ultime settimane nella parte del "falco"
con esternazioni sempre più aggressive: per lui sarebbe pronto un posto di
ambasciatore in una capitale asiatica lontano da Mosca. L'altro espediente per
garantire la continuità del regime, pur nel rinnovamento dei suoi vertici,
verrebbe offerto dall'anticipo delle elezioni presidenziali alla prossima
primavera. Putin potrebbe annunciare in autunno le proprie dimissioni, invitando
a votare come nuovo presidente quello che ora è il ministro dell'Agricoltura,
Dmitry Patrusev, 44 anni. Cioè il figlio di Nikolaj Patrusev, l'attuale capo
del Consiglio di sicurezza, l'organo che formula le linee guida della politica
militare ed estera della Federazione: il vero burattinaio del Cremlino, legato
allo zar da un patto di sangue, oltre che da una lunga amicizia. Già suo
collega nel Kgb, Patrusev è il direttore dei Servizi che nel settembre 1999
offrì una copertura a Putin, andando in tivù a raccontare che i sacchi
ritrovati in un condominio di Rjazan contenevano zucchero, e si trattava di
un’esercitazione per testare la vigilanza pubblica, dopo che altri due palazzi
erano saltati in aria di notte, uccidendo più di 150 persone. Una mossa che
allontanò il sospetto che dietro quegli attentati potesse esserci l'allora
neopremier Vladimir Putin, nell'ambito di una strategia finalizzata alla sua
successiva ascesa a presidente. Come di fatto avvenne. La figlia di Putin e
Patrusevjr, assicurerebbero un ricambio di immagine, con un passaggio quasi
dinastico: una soluzione assolutamente in linea con il carattere feudale che
col tempo ha assunto questo regime. Per quanto suggestivo possa essere questo
scenario però, va tenuto presente che sempre più spesso l'unico interlocutore
con cui Putin si confronta è ormai lo stesso Nikolaj Patrusev: a causa della
degenza nelle ultime settimane anche il primo vicecapo dello staff
presidenziale, l'ex premier Sergei Kirienko - che nella gerarchia informale ha
preso il posto che fu di Vladislav Surkov, con il mandato di esplorare e
trovare nell'Ucraina occupata un leader che sia di riferimento per Mosca - ha
avuto bisogno dell'autorizzazione di Patrusev per avvicinarsi a Putin. Quindi
non è da escludere che queste speculazioni siano state messe in giro da lui
stesso per agevolare la carriera del figlio. In un'intervista al settimanale
Argumenty i Fakty il vecchio direttore dei Servizi ha in ogni caso chiarito che
"sono gli Usa e la Gran Bretagna, controllati dal grande capitale, a
condannare milioni di persone in Africa, Asia e America Latina alla fame,
limitando il loro accesso al grano, ai fertilizzanti e alle risorse
energetiche" e "provocando con le loro azioni disoccupazione e una
catastrofe migratoria in Europa". Dichiarazioni che rivelano la volontà di
Mosca di sfruttare a proprio vantaggio le eventuali carestie e i disordini che
il blocco degli approvvigionamenti e i rincari energetici rischiano di
scatenare, soprattutto nei Paesi più poveri. L'intento è evidente: sovvertire
l'ordine globale, cavalcando un'insurrezione terzomondista e anticapitalista.
Una battaglia per l'egemonia mondiale da combattere tutta "sul piano
economico, politico e culturale", che rivela anche chi possa esserne
l'ispiratore, ovvero il presidente venezuelano Hugo Chàvez. Un dittatore che è
stato d'esempio per il Cremlino, soprattutto dopo la sua morte, avvenuta per
tumore nel 2013. Chàvez temeva di essere rimasto vittima di un complotto degli
Usa, e di essere stato esposto a radiazioni durante un'assemblea Onu a New York
a cui aveva partecipato. Quella paura venne riferita a Putin, e si trasformò in
paranoia, una vera ossessione, quando lo zar scoprì a sua volta di essere
malato. Chi gli passò quell'informazione, che convinse lo zar di essere al
centro di una cospirazione americana, al punto da vedere dappertutto
"quinte colonne" di agenti stranieri, fino a imprimere la svolta
autoritaria che conosciamo? L'attuale direttore del servizio segreto federale
(Fsb), Aleksandr Bortnikov. La sua testa ora sta per saltare, sostituito dal
vice Sergei Korolev, un ufficiale più volte accusato di collusioni con la
criminalità organizzata. Bortnikov verrà esautorato restando al suo posto, come
già successo al ministro della Difesa, Sergei Sojgu, e al capo di Stato
maggiore, Valerij Gerasimov, entrambi estromessi da tutti i processi
decisionali pur mantenendo la loro carica. Sempre per dare l’illusione di
stabilità.
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