"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 9 giugno 2022

Eventi. 77 Vjaceslav Volodin (presidente della Duma): «“Se c'è Putin, c'è la Russia. Se non c'è Putin, non c'è la Russia"».

 

“Guerre&lottedipotere”. Ha scritto Maria Rita Gismondo - direttore di “Microbiologia clinica e virologia” presso l’Ospedale "Luigi Sacco" di Milano in “Mongoli, Russi, Mariupol e colera” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, giovedì 9 di giugno 2022: A Mariupol sta per esplodere un'epidemia di colera. Allarme lanciato dagli amministratori in esilio della città. Pericolo confermato dall'Oms, che ha invitato a una quarantena della popolazione che, difficile da attuarsi nelle attuali condizioni, probabilmente non servirebbe a risolvere il problema. Nella città assediata dai russi, sono state distrutte le strutture essenziali: rete fognaria e rete idrica potabile. Liquami invadono ciò che è rimasto delle strade, dove giacciono in putrefazione numerosi cadaveri. La mescolanza delle acque reflue con quelle potabili sono la fonte di numerose infezioni, fra cui il colera, che ha già provocato numerosi casi. È una malattia infettiva, spesso mortale, che si manifesta con una diarrea caratteristica, detta "a chicco di riso", che disidrata velocemente, a causa della perdita, fino a 20 litri di liquidi in un solo giorno. L'aggravante è dovuto alla mancanza di farmaci e vaccini, poiché non è consentito alle agenzie di soccorso di entrare nella città, nella più palese violazione dei diritti umanitari. Il pericolo di un'epidemia che possa coinvolgere vaste zone, anche al di fuori di Mariupol, non è remoto, né da sottovalutare. Senza voler cadere nel complottismo, il pensiero va alla storia del bioterrorismo che ci riporta ai russi e ai cadaveri in putrefazione. Nel XIV secolo, i Tartari (russi), abitanti della Mongolia, hanno assediato la città di Caffa, oggi Feodosia, che allora faceva parte di Gazaria, porti della colonia della Repubblica di Genova in Crimea. Si perpetrò il primo atto di guerra biologica. I Mongoli, decimati da un'epidemia di peste, utilizzarono i cadaveri dei loro soldati, catapultandoli dentro le mura della città, infettando gli abitanti. Dopo poco tempo, l'epidemia si diffuse anche fra i genovesi che, dal loro porto, la trasmisero al resto dell'Europa. La peste "nera" provocò circa 20 milioni di morti. Poiché ormai siamo consapevoli che la guerra produce atrocità da parte di tutti, non ci sembra da scartare che i russi stiano lasciando i cadaveri abbandonati per peggiorare il rischio infettivo, soprattutto al sopraggiungere del clima caldo. (…). Di seguito, “Vladi al sicuro e dinastia Putin” di Sandro Orlando pubblicato sullo stesso quotidiano di oggi: “Se c'è Putin, c'è la Russia. Se non c'è Putin, non c'è la Russia". Per oltre un ventennio questa considerazione - attribuita a Vjaceslav Volodin, l'attuale presidente della Duma - ha costituito il segreto del successo del presidente russo. Il collante ideologico che ha tenuto insieme sostenitori e avversari dello zar, uniti nella consapevolezza di vivere in una nazione dalle istituzioni troppo fragili per sopravvivere senza un leader forte. Ma il progredire della malattia - due interventi in un mese - ha riaperto il dibattito sulla successione. Secondo il canale Telegram Generai SVR, vicino ad ambienti dei servizi, sarebbe stato lo stesso Putin a sollecitare un piano per una transizione graduale del potere. Un'ipotesi discussa già in passato è che la sua seconda figlia, Katerina Tikhonova, 35 anni, subentri a Dmitry Medvedev alla guida di Russia Unita, il partito del presidente, primo in Parlamento con la maggioranza dei seggi (77%). A settembre si terranno elezioni in 12 città e 20 regioni, e tutti i sondaggi preannunciano un forte calo di consensi per il Cremlino. Un capro espiatorio a cui imputare tutte le responsabilità della scellerata gestione della guerra sarebbe già stato individuato in Medvedev, da sempre un fidato servitore dello zar, che si è distinto nelle ultime settimane nella parte del "falco" con esternazioni sempre più aggressive: per lui sarebbe pronto un posto di ambasciatore in una capitale asiatica lontano da Mosca. L'altro espediente per garantire la continuità del regime, pur nel rinnovamento dei suoi vertici, verrebbe offerto dall'anticipo delle elezioni presidenziali alla prossima primavera. Putin potrebbe annunciare in autunno le proprie dimissioni, invitando a votare come nuovo presidente quello che ora è il ministro dell'Agricoltura, Dmitry Patrusev, 44 anni. Cioè il figlio di Nikolaj Patrusev, l'attuale capo del Consiglio di sicurezza, l'organo che formula le linee guida della politica militare ed estera della Federazione: il vero burattinaio del Cremlino, legato allo zar da un patto di sangue, oltre che da una lunga amicizia. Già suo collega nel Kgb, Patrusev è il direttore dei Servizi che nel settembre 1999 offrì una copertura a Putin, andando in tivù a raccontare che i sacchi ritrovati in un condominio di Rjazan contenevano zucchero, e si trattava di un’esercitazione per testare la vigilanza pubblica, dopo che altri due palazzi erano saltati in aria di notte, uccidendo più di 150 persone. Una mossa che allontanò il sospetto che dietro quegli attentati potesse esserci l'allora neopremier Vladimir Putin, nell'ambito di una strategia finalizzata alla sua successiva ascesa a presidente. Come di fatto avvenne. La figlia di Putin e Patrusevjr, assicurerebbero un ricambio di immagine, con un passaggio quasi dinastico: una soluzione assolutamente in linea con il carattere feudale che col tempo ha assunto questo regime. Per quanto suggestivo possa essere questo scenario però, va tenuto presente che sempre più spesso l'unico interlocutore con cui Putin si confronta è ormai lo stesso Nikolaj Patrusev: a causa della degenza nelle ultime settimane anche il primo vicecapo dello staff presidenziale, l'ex premier Sergei Kirienko - che nella gerarchia informale ha preso il posto che fu di Vladislav Surkov, con il mandato di esplorare e trovare nell'Ucraina occupata un leader che sia di riferimento per Mosca - ha avuto bisogno dell'autorizzazione di Patrusev per avvicinarsi a Putin. Quindi non è da escludere che queste speculazioni siano state messe in giro da lui stesso per agevolare la carriera del figlio. In un'intervista al settimanale Argumenty i Fakty il vecchio direttore dei Servizi ha in ogni caso chiarito che "sono gli Usa e la Gran Bretagna, controllati dal grande capitale, a condannare milioni di persone in Africa, Asia e America Latina alla fame, limitando il loro accesso al grano, ai fertilizzanti e alle risorse energetiche" e "provocando con le loro azioni disoccupazione e una catastrofe migratoria in Europa". Dichiarazioni che rivelano la volontà di Mosca di sfruttare a proprio vantaggio le eventuali carestie e i disordini che il blocco degli approvvigionamenti e i rincari energetici rischiano di scatenare, soprattutto nei Paesi più poveri. L'intento è evidente: sovvertire l'ordine globale, cavalcando un'insurrezione terzomondista e anticapitalista. Una battaglia per l'egemonia mondiale da combattere tutta "sul piano economico, politico e culturale", che rivela anche chi possa esserne l'ispiratore, ovvero il presidente venezuelano Hugo Chàvez. Un dittatore che è stato d'esempio per il Cremlino, soprattutto dopo la sua morte, avvenuta per tumore nel 2013. Chàvez temeva di essere rimasto vittima di un complotto degli Usa, e di essere stato esposto a radiazioni durante un'assemblea Onu a New York a cui aveva partecipato. Quella paura venne riferita a Putin, e si trasformò in paranoia, una vera ossessione, quando lo zar scoprì a sua volta di essere malato. Chi gli passò quell'informazione, che convinse lo zar di essere al centro di una cospirazione americana, al punto da vedere dappertutto "quinte colonne" di agenti stranieri, fino a imprimere la svolta autoritaria che conosciamo? L'attuale direttore del servizio segreto federale (Fsb), Aleksandr Bortnikov. La sua testa ora sta per saltare, sostituito dal vice Sergei Korolev, un ufficiale più volte accusato di collusioni con la criminalità organizzata. Bortnikov verrà esautorato restando al suo posto, come già successo al ministro della Difesa, Sergei Sojgu, e al capo di Stato maggiore, Valerij Gerasimov, entrambi estromessi da tutti i processi decisionali pur mantenendo la loro carica. Sempre per dare l’illusione di stabilità.

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