“Guerra&Natura”. Ho faticato e non poco a decidere
a quale delle “rubrichette” di questo blog attribuire il post di oggi. Alla fine
mi sono persuaso che l’unico “posto” in cui farlo “stare” fosse la rubrichetta “Virusememorie”,
rubrichetta venuta fuori al tempo dell’insorgere della pandemia da Covid, in
virtù del fatto che il “virus” che il post tratta è un “virus” particolarissimo,
aggressivo come non mai se ne siano visti nella storia della Terra,
pericolosissimo per la sua stessa sopravvivenza: l’Uomo. Ha scritto sul “tema” Umberto
Galimberti in “Riflessioni sulla
violenza umana”, pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “d” del
quotidiano “la Repubblica” del 4 di giugno 2022: L’uomo può emanciparsi dalla
brutalità se, alla sua naturale evoluzione biologica si accompagna anche quella
culturale abbattendo le barriere tra etnie e religioni. La violenza animale è
una legge di natura che garantisce alle diverse specie la sopravvivenza. Gli animali, infatti, uccidono per nutrirsi,
quindi per sopravvivere. Gli uomini invece esercitano la violenza e uccidono
non per nutrirsi, ma per ottenere dal vinto il riconoscimento della loro
superiorità. Questa è la grande differenza confermata da tutte le guerre e, in
modo scenografico, dagli antichi Romani che, dopo la vittoria, nel foro,
davanti alla folla, trascinavano il vinto in catene. Questa pratica, che
conosciamo dal tempo dell'uomo con la clava fino all'uomo d'oggi, nell'uso
delle armi sempre più sofisticate fino alla bomba atomica, la più distruttiva,
può avere una fine? Teoricamente sì, perché al pari degli animali, l'uomo
evolve biologicamente, a differenza dell'animale, l'uomo può evolvere anche culturalmente
se è vero, come dice Nietzsche, che: "L'uomo è un animale non ancora
stabilizzato". Ma che significa evolvere culturalmente? Significa
abbattere le barriere che dividono l'umanità in razze, etnie, religioni, stati
che, dalla loro origine, hanno trovato la loro identità nella logica del nemico
che alimenta la guerra, per poi sostituire alla logica del nemico la
fratellanza proclamata, ma solo proclamata e mai perseguita, sia dalle
religioni che dalle rivoluzioni. A richiedere con urgenza questa fratellanza
(che ha le sue radici nel messaggio cristiano dell'amore, e nella fraternité
che la Rivoluzione Francese ha proclamato insieme alla liberté e all'égalité) è
l'estrema precarietà in cui oggi si trova la terra per effetto dell'azione
dell'uomo, definito dal sociobiologo Edward Wilson: "la forza geofisica
più distruttiva mai apparsa sulla terra". Anche se, per quanto al momento
ne sappiamo, qui e non altrove ci è concesso vivere. Ma per questo è necessario
che ogni Stato, ogni popolo e ogni etnia sappia oltrepassare la propria cultura
e la propria religione, per estendere a tutta l'umanità quel sentimento di
fraternità che, se pur da più parti invocato, ancora non è stato messo alla
prova della storia, anche se, grazie alla scienza e all'evidenza degli
sconvolgimenti atmosferici, la nostra generazione sa che il tempo della storia
è nelle sue mani, a partire dalle decisioni che assume per sé e per le
generazioni future. Ma per questo occorre passare dalla "ragione di
Stato" che assicura la pace all'interno dei propri confini, al di là dei
quali è subito diffidenza, sospetto, ostilità e guerra, alla "ragione
d'umanità", a cui oggi sono sensibili i movimenti giovanili, che hanno a
cuore i problemi ambientali, se non altro per la consapevolezza che il futuro è
loro. Questo passaggio è possibile se si abbandonano le etiche tradizionali che
sono tutte a sfondo "antropologico", perché si limitano a contenere
la conflittualità tra gli uomini senza farsi carico degli enti di natura,
considerati alla stregua di semplice materia prima da usare fino all'usura, e
si giunga finalmente a un'"etica planetaria" che estende la
fraternità a tutte le cose animate e inanimate sul modello di Francesco
d'Assisi, che chiamava "sorella" l'acqua e la luna, e
"fratello" il vento e il sole. Se non si fa questo passo, se non si giunge,
come scrive il teologo Jurgen Moltmann, "a un'integrazione dei diritti
umani con i diritti fondamentali della natura, i diritti umani non possono
pretendere nessuna universalità, ma anzi diventeranno essi stessi fattori di
disgregazione della natura e porteranno, alla fin fine, all'autodistruzione del
genere umano". E allora? Allora se la specie umana è ciò che ci accomuna,
non è tanto la patria che dobbiamo difendere, quanto la terra. Di seguito,
“Clima, cento giorni di guerra ci
ricacciano 30 anni indietro” del meteorologo Luca Mercalli pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” di ieri, 5 di giugno: Da oltre trent'anni a inizio giugno salgo ai
tremila metri del Ghiacciaio Ciardoney, nel Parco nazionale del Gran Paradiso,
per effettuare le misure d'innevamento: a questa quota la fine della primavera
rappresenta il momento con il maggior spessore di neve dell'anno, tutta quella
caduta dall'autunno precedente si trova accumulata in un materasso che di norma
è spesso tra i due e i sei metri. È il nutrimento del ghiacciaio e costituisce
la riserva d'acqua estiva per i fiumi padani. Non credevo ai miei occhi quando
lo scorso primo giugno camminavo sulle pietre tra cespi di sassifraghe rosa già
in piena fioritura: mai così poca neve caduta nell'inverno, mai una scomparsa
così precoce, un mese e mezzo prima del normale. Per decenni abbiamo avvertito
sulle conseguenze del riscaldamento globale, per decenni abbiamo osservato
cambiamenti lenti e preoccupanti, ma poi improvviso come un ladro nella notte
arriva l’evento estremo che trasforma le previsioni astratte dei grafici a
computer in una dirompente realtà. Come i primi missili russi che all'alba del
24 febbraio esplodevano sulle città ucraine. E proprio questa assurda guerra è
motivo di grande frustrazione per l'intera comunità scientifica che si occupa
di transizione ecologica. Se con grandissima fatica, tra pandemia e interessi
economici divergenti, si era comunque riusciti a portare i temi climatici e
ambientali all'attenzione del mondo, ora quella consapevolezza, quel senso di
urgenza, appaiono totalmente offuscati dalle cronache belliche e dai precari
equilibri geo-politici del mondo. La guerra stessa è un potente agente
distruttore dell'ambiente, dissipatore di risorse - metalli, esplosivi,
carburanti - e produttore di emissioni e rifiuti, anche per quella che sarà la
ricostruzione di edifici e infrastrutture così stupidamente devastati. Mi cadono
le braccia a pensare quanto è impegnativo ristrutturare una casa per
risparmiare un po' di energia, installare pannelli solari, eliminare gli
sprechi, e poi, dopo che hai racimolato pochi maledetti watt, ecco che una sola
esplosione di un missile cancella trent'anni di lavoro. Mi cadono le braccia a
pensare che per anni mi sono sentito dire che per la transizione ecologica non
c'erano mai soldi sufficienti - ricordo un commento che mi fece Bersani una decina
d'anni fa: "Mercalli, mo l’ambiente costa!" - e poi ecco che per
produrre armi decine di miliardi di euro e di dollari sono saltati fuori dai
parlamenti come nulla fosse: un fiume di denaro distratto dai più nobili,
prioritari obiettivi della sostenibilità ambientale. Ogni dollaro in armi è un
dollaro in meno per un pannello solare. Mi cadono le braccia a vedere un'Europa
affannatissima a mettere una pezza sull'ammanco di gas russo cercando di
siglare contratti di fornitura con altri paesi invece di sfruttare l'occasione
per fare una grande campagna di risparmio ed efficienza energetica e passaggio
alle fonti rinnovabili. Miliardi di euro ai rigassificatori, che per decenni ci
legheranno ad altri fornitori di gas fossile invece che destinarli
all'investimento più duraturo e importante della nostra storia: l'indipendenza
energetica e la decarbonizzazione dell'economia per ridurre il rischio
climatico. Ma inesorabile, mosso dalle immutabili leggi della fisica e non
dalle evanescenti chiacchiere umane, il caldo aumenta: il 2021 ha visto il
massimo livello di emissioni di gas serra nella storia dell'umanità. L'atmosfera
reagisce dunque con ondate di caldo da record: dai 48,8 gradi dell'll agosto
2021 presso Siracusa - valore più elevato d’Italia e d'Europa-, ai 50,7 gradi
di Onslow in Australia il 13 gennaio 2022, dai 50 gradi di Pakistan e India
dello scorso maggio ai precoci calori mediterranei di queste ultime settimane
con i 40 gradi di Alghero registrati ieri, primato di sempre per un inizio giugno.
In Italia maggio 2022 ha toccato il record di caldo in oltre due secoli di
misure, pari merito con il 2009, evento quindi ravvicinato nel tempo e segno di
un trend strutturale. Gli in-verni sono sempre più brevi e tiepidi, le estati
sempre più lunghe e roventi. Le previsioni a scala stagionale - pur se ancora
poco affidabili - sono concordi nel prospettare da qui a settembre un clima più
caldo e asciutto della norma sull'Europa centro meridionale. Il che non è un
buon pronostico in un'annata già così esposta alla siccità perla secca invernale:
il Po che in maggio avrebbe dovuto avere una portata media di 2mila metri cubi
al secondo ne ha convogliati al mare solo 600 e attualmente è a 400 metri cubi
al secondo, un valore sotto la soglia di penetrazione del cuneo salino, cioè
dell'acqua salmastra dell'Adriatico che è in grado di entrare nella falda per
una quindicina di km nell'entroterra del Delta. È un bollettino di guerra, la
guerra che stiamo combattendo contro il nostro ambiente, contro il nostro unico
pianeta. Una guerra che dovremmo arrestare prima possibile, insieme a quella
russo-ucraina - per con-centrarci tutti insieme - otto miliardi di esseri umani
- nel ridurre il nostro impatto sui sistemi naturali, nel progettare una
società sobria, pacifica, efficiente e sostenibile basata sulle energie
rinnovabili, sul riciclo delle risorse naturali e sulla difesa della
biodiversità, come richiedono da decenni tutti gli organismi di ricerca
scientifici mondiali. Oggi (ieri n.d.r.) è la quarantanovesima Giornata
Mondiale dell'Ambiente, ha per tema "Una sola Terra. Prendiamocene
cura". Non abbiamo un pianeta di riserva. Siamo drammaticamente soli
nell'Universo a noi noto. Se distruggiamo questo meraviglioso e delicato sistema
di aria, acqua, suolo e vita, saremo perduti per sempre.
"La crudeltà non esiste tra gli animali, ma soltanto tra gli uomini civili. Essa infatti non è altro che un cosciente arrecar dolore". (Oswald Spengler). "La non violenza conduce all'etica più alta, che è l'obiettivo di tutta l'evoluzione. Fino a che non smetteremo di fare del male agli altri esseri viventi, saremo sempre dei selvaggi". (Thomas Edison). "Saggezza, compassione e coraggio sono le tre qualità morali universalmente riconosciute". (Confucio). "Non è difficile prendere decisioni quando sai quali sono i tuoi valori". (Rosy E. Disney). "La gente priva di morale si considerava spesso più libera, ma per lo più mancava della capacità di amare o di provare sentimenti". (Charles Bukowski). "Se dovessi scrivere un libro di morale, vorrei fosse di cento pagine e novantanove di esse dovrebbero essere bianche. Sull'ultima pagina poi scriverei :" Conosco solo una legge, quella dell'amore ". (Albert Camus). Carissimo Aldo, leggendo questo prezioso post, mi torna in mente quanto afferma Edgar Morin sulla fratellanza e il concetto di Terra-patria in "Insegnare a vivere, manifesto per cambiare l'educazione". Grazie di cuore per questo nuovo gioiello da conservare tra quelli più preziosi... Buona continuazione.
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