Tema. “Non si dee contentare di fare le cose buone, ma dee studiare di farle anco leggiadre”. Giovanni Della Casa
(…). …io credo, che in ogni tempo e ogni luogo, chi senta bollire nel proprio cervello fantasmi di bellezza e di arte, possa fingersi una sua favola bella. Io credo appunto che il torto dell'età moderna sia quello di avere disgiunto l'arte e la bellezza dalla vita comune, di aver relegato tutte le più belle espressioni del sentimento artistico nei Musei e nelle Gallerie, dove solo gli iniziati sono ammessi al culto della divinità. Si permise che il popolo imbarbarisse in una ributtante volgarità, che piano piano s'infiltrasse la convinzione che noi moderni, pratici e spregiudicati, dobbiamo disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato; avvenne, se si potesse così dire l'americanarsi della vecchia Europa. Qualche volta è vero, si sente pure il bisogno di qualche opera che servisse come affermazione o come ricordo; e allora vennero eretti quegli orribili monumenti, quelle idropiche costruzioni che, afferma il Carducci, fanno venire l'itterizia del brutto. Non si può negare che in questi ultimi anni una certa rinascita sia avvenuta; perché pare sia stato principalmente capito che molti mali che ci affliggono derivano appunto da questa volgarità che ci circonda. Perché, si dica ciò che si vuole, ma in fondo all'uomo c'è pure qualche cosa che aspira a salire, a purificarsi in aere più spirabile; anche nella vita comune avviene di osservare certi piccoli fatti che denotano, che se il gusto degli uomini si è traviato, pure esiste in lui l'amore per il bello.
“Il giudizio dell’insegnante V. A. Arullani ed il voto”. “Se cade in qualche leggera esagerazione, in massimo Ella dice cose sensate; e ragionevoli e in buona forma”. (Voto 7-8/10)
“La chiosa al “Tema” di Gad Lerner”: Lo studente liceale Antonio Gramsci aveva soldi per mangiare solo una volta al giorno ma, con libri e riviste, riusciva a tenersi aggiornato su tutte le novità culturali, spaziando dalla filosofia di Croce· ai classici della letteratura, fino alla sociologia e all'urbanistica. Descrivendo con ammirazione il piano edilizio inglese delle città giardino, non poteva fare a meno di paragonarle alle "casette di fango, malamente innalzate, bigie e scabbiose, sporche e disadorne" della sua campagna sarda. Chi ha visitato l'umile abitazione della famiglia Gramsci a Ghilarza, ora trasformata in Casa- Museo per opera della partigiana e architetta Cini Boeri, intuirà con quale stato d'animo egli si aprisse al mondo. Un divario di condizioni di vita che gli appariva ancor più "stridente" nelle città: da una parte i "palazzi superbi delle loro dorature bizantineggianti e policromatiche", dall'altra le "casacce nere e tetre" in "viuzze umide e fetenti". Ma a colpirci, nel suo testo magistralmente ben scritto, è la precoce anticipazione del "torto dell'età moderna": "avere disgiunto l'arte e la bellezza dalla vita comune" permettendo che "il popolo imbarbarisse in una ributtante volgarità" dopo aver relegato il "sentimento artistico nei Musei e nelle Gallerie". Qui troviamo la prima, sorprendente anticipazione di quello che diventerà un elemento fondante della filosofia della storia gramsciana: quando egli spiega l'esito della pulsione capitalistica a "disprezzare tutto ciò che non interessa il nostro utile immediato". E, per farlo, si prende la libertà di coniare un termine nuovo: "Avvenne, se si potesse così dire l'americanarsi della vecchia Europa". Come non riconoscere, in quel "americanarsi", l'embrione delle sue future celebri riflessioni su "americanismo e fordismo" scritte in carcere nel "quaderno speciale" 22. Gramsci sarà il primo teorico marxista del Novecento a considerare l'unità del mondo nella sua configurazione geopolitica, descrivendo il ruolo egemone assunto dagli Stati Uniti.
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