"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 28 giugno 2022

Dell’essere. 47 Enzo Bianchi: «Dove sono presenti coscienza e intelligenza, dove regna il rispetto dell'altro l'amore ha le ali della libertà».

 

Ha scritto Enzo Bianchi – già priore della Comunità Monastica di Bose – ieri, 27 di giugno 2022, sul quotidiano “la Repubblica” in “Perché la castità è un’arte”: (…). L'etimologia ci suggerisce che castus è colui che rifiuta l'in-cestum, che è la negazione della distanza, la non accettazione dell'alterità, che non è solo differenza. Non è casto chi cerca la fusionalità, il possesso, e segno di una tale ricerca è l'aggressività che si accende, si manifesta con impeto e a volte diventa violenza. L'esercizio della sessualità deve essere vissuto nello spazio del dono, perché richiede un dare e un accogliere nella relazione viva di due soggetti che sanno sentire, parlare, fare, con il corpo e con la propria interiorità. Infatti non si riduce alla sola genitalità, ma investe tutta la persona e le sue relazioni. La castità è l'arte di non trattare mai l'altro come un oggetto, di non cosificarlo mai e quindi mai farne un mezzo di consumo, uno strumento del proprio piacere. La sessualità è cosa buona, la Bibbia dice cosa santissima, ma il suo esercizio può essere liturgia o bestemmia, amore o solo pulsione, estasi o violenza. La sessualità ci spinge alla relazione con l'altro, alla conoscenza dell'altro - insiste la Bibbia -, ma dipende da ciascuno cercare in questa relazione comunione o possesso, sinfonia o prepotenza. L'ars amandi è, appunto, un'arte e la si deve imparare con discernimento e fatica. Quando i corpi nella loro nudità e nella loro intimità si incontrano e si intrecciano, accendono una conoscenza reciproca che non è comparabile ad altre forme di conoscenza. Sì, grandezza e miseria della sessualità! Questo va detto perché è arduo amarsi con il corpo, rendere "parola" il corpo, e parola veritiera, parola capace di aprire una storia di amore. Il Cantico dei cantici, al cuore delle Scritture ebraiche e cristiane, è il libro incandescente che celebra l'amore, tutto l'amore. E, si badi bene, non l'amore nuziale né l'amore familiare, ma l'amore come incontro di bellezza, rapimento dei cuori, infuocata passione benedetta da Dio, canto dei canti Questo va soprattutto annunciato nella sua trasparente incandescenza e allora si può comprendere la castità come istanza di liberazione dalle passioni egocentriche ed idolatriche, accettazione della differenza e della distanza in ogni stagione della vita, in ogni storia d'amore: perché è un canto di libertà. Dove sono presenti coscienza e intelligenza, dove regna il rispetto dell'altro l'amore ha le ali della libertà. Di seguito, “Perché l’amore appartiene all’enigma” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” dell’11 di giugno ultimo: Platone (l'amore è follia) e Schopenhauer (l'amore è un inganno che va a vantaggio della specie) pensano ovviamente cose diverse, ma entrambi concordano nel considerare l'amore come qualcosa che non ha a che fare con la ragione e quindi appartiene a un altro scenario sul quale la razionalità dell'individuo non ha potere. Freud, molto interessato alla cultura greca e grande ammiratore di Schopenhauer che chiama suo "precursore", ha sintetizzato le due posizioni, naturalmente molto distanti e diverse tra loro, nell'enunciato: "L'Io (ossia la nostra parte razionale) non è padrone in casa propria" perché inconsce sono le forze che determinano quelle che l'Io scambia come sue scelte. Ma prima di Freud, a cogliere nell'amore ciò che viola l'integrità dell'Io è stato Platone che nel Simposio 092 c-d) scrive: "Gli amanti che passano la vita insieme non sanno dire che cosa vogliono l'uno dall'altro. Non si può certo credere che solo per il commercio dei piaceri carnali essi provano una passione così ardente a essere insieme. È allora evidente che l'anima di ciascuno vuole altra cosa che non è capace di dire, e perciò la esprime con vaghi presagi, come divinando da un fondo enigmatico e buio". Amore appartiene all'enigma e l'enigma alla follia che abita l'altra parte di noi stessi e alla quale si può accedere non con le parole ordinate dalla razionalità dell'Io, ma con il collasso dell'Io, che non oppone più resistenza all'irruzione di quel paesaggio trasfigurante la sua abituale dimora che è il passaggio di Amore. Siccome ogni espressione creativa non nasce dalla ragione, che è un sistema di regole che serve per intenderci, ma dalla follia. Platone dice che "I beni più grandi ci vengono dalla follia, naturalmente data per r] dono divino" (Fedro, 244 a). Anche per Schopenhauer l'amore non è una faccenda dell'Io, ma piuttosto una strategia con cui la specie alletta l'Io con il piacere sessuale allo scopo di garantire la continuità della sua vita perché, scrive il filosofo: "Il soggetto del gran sogno della vita è in un certo senso uno soltanto: la volontà di vivere". L'economia della specie infatti confligge con l'economia dell'individuo se solo si considera che per generare la donna deve assistere alla trasformazione del suo corpo, al trauma della nascita, alla dedizione totale e ininterrotta nella cura del neonato con sacrificio del suo sonno e del suo tempo, talvolta con la perdita del suo lavoro e della sua socializzazione. Dove è evidente che quello che per la specie è un guadagno per l'Io individuale della donna è un sacrificio. Sia Platone, sia Schopenhauer, sia Freud ci dicono che l'Io e la ragione che lo governa patiscono (per questo nelle cose d'amore si parla di "passione"): secondo Platone la follia che ci abita, secondo Schopenhauer la volontà irrazionale che ci governa, secondo Freud l'inconscio che noi non governiamo. Che ci dice tutto questo? Che l'uomo è un lacerato e nostro compito non è tentare un'impossibile composizione ma, come scrive Jacques Derrida, "cercare di non spegnere quell'altra luce, quella luce nera e così poco naturale che è la veglia delle potenze dell'insensatezza attorno al Cogito".

1 commento:

  1. "Sono sicuro che un'umanità casta sarebbe infinitamente superiore". (Jules Renard). "La castità è la fioritura dell'uomo ed è ciò che si chiama Genio, Eroismo, Santità e simili. Essi sono solo i vari frutti che vengono come conseguenza di essa". (Enry David). "Se la castità non è una virtù, è certamente una forza". (Jules Renard). "La castità è una ricchezza che viene da abbondanza d'amore non da mancanza di esso". (R. Tagore). "Eros, che in greco vuol dire amore nel senso più vasto, indica l'impulso vitale, primordiale, la tendenza che dà origine agli istinti fondamentali di conservazione, di aggressione, di riproduzione, che si differenzia poi nei vari impulsi, desideri umani, che si affina nei sentimenti più delicati, che si sublima nelle aspirazioni più alte ". (Roberto Assagioli)." La sublimazione elimina o attenua penosi conflitti, utilizza energie che altrimenti resterebbero sterili o avrebbero effetti dannosi, favorisce l'attuazione della psicosintesi ". (Roberto Assagioli). "Amante indegno e volgare è colui che ama più il corpo che l'anima ". (Platone). "L'amore è tante cose insieme. È, soprattutto, incomprensibilità e mistero, perché ha in sé il germe dell'infinito ed è in sé una delle manifestazioni dell'infinito". (Anonimo). "L' amore è una cosa piena di ansioso timore". (Ovidio). "Ogni amore è fatto di sacrifici nascosti, gesti che l'altro non conosce subito, e che a volte non conoscerà mai direttamente". (Jonah Lynch). "L'amore vero vuole il bene dell'amato". (Umberto Eco). Grazie, carissimo Aldo, per questo post straordinario e veramente affascinante! Ma anche molto stimolante e prezioso... Sicuramente la castità, lungi dall'essere disprezzo del corpo, permette di incanalare le energie, distogliendole da ripiegamenti egoistici, verso un servizio sempre più grande e reciproco, portando a manifestare un'incredibile ricchezza di calore umano. Grazie ancora e buona continuazione.

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