"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 29 ottobre 2019

Cosedaleggere. 12 «Il nostro nido è il mondo e vi domina una nidiata di imbrattatori».


Tratto da “Giovani Chisciotte crescono” di Erri De Luca, pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano la Repubblica del 26 di ottobre 2019: (…). La legalità può stabilire con una maggioranza parlamentare di incriminare per favoreggiamento all’immigrazione clandestina il pescatore che tira a bordo e salva dall’annegamento un naufrago nel Mediterraneo. È esistita questa legge, con il pieno sigillo della legalità. Resta però contraria al sentimento di giustizia. Salvare una persona in pericolo di vita non è solo un diritto naturale ma è anche un obbligo. Altrimenti si omette soccorso, reato imperdonabile dalla propria coscienza. (…). Sento arrivare un’epoca di nuova gioventù che ha urgenza di trovare un nuovo equilibrio (…). Un verso del poeta latino Virgilio dichiara questo paradosso: ”La sola salvezza per i vinti è non sperare in nessuna salvezza”. Strano pensiero affidare la salvezza alla disperazione. Sono stato a bordo di una nave di Medici Senza Frontiere che nel Mediterraneo scippava dal naufragio persone in pericolo di vita. Traversavano il mare dall’Africa all’Italia su canotti sovraccarichi e scadenti. In quelle settimane ho visto salire a bordo più di ottocento persone, tra queste delle madri con figli in braccio. L’istinto di protezione materna è il più forte impulso naturale. Allora cosa era più potente per spingere una madre a mettere in pericolo grave la vita di suo figlio? La risposta appartiene al verso di Virgilio: non sperare in alcuna salvezza. La disperazione è la più potente forza motrice delle emigrazioni, perciò affronta qualunque rischio e non si fa respingere da nessun ostacolo. A bordo di una nave soccorso nel Mediterraneo ho conosciuto la verità sulle ragioni di chi si stacca, come l’eroe di Virgilio, dalla sua città in fiamme. L’Europa dopo l’ultima guerra, la più catastrofica della sua storia, ha fatto la scelta di scongiurare il ritorno di altri scontri tra nazionalismi. Ha costituito una unione di stati e di popoli rimuovendo le frontiere interne. Oggi esiste una generazione nata e cresciuta dentro quest’area geografica comune. I suoi titoli di studio valgono in ogni paese membro, le sue monete anche. I giovani di Europa sono liberi di andare a cercare ovunque nel suo spazio la migliore occasione per farsi valere. Questa gioventù si manifesta senza simboli religiosi perché li contiene tutti. Non si lascia dividere in schieramenti. Si occupa di mondo per fondare una nuova alleanza col pianeta. Le sue ragioni e urgenze di riparare torti e guasti a danno della terra non possono essere smentite. Possono essere ignorate da poteri attuali ma sono ragioni e urgenze insuperabili. Un personaggio della letteratura spagnola, Chisciotte, si batte da solo contro le ingiustizie e viene continuamente sconfitto. La sua grandezza consiste nel rimettersi in piedi ogni volta per affrontare una nuova impresa, sempre in inferiorità numerica. Così è alla lettera invincibile, non può essere vinto una volta per tutte.
Diversa da lui è questa nuova generazione su scala di mondo che si batte con la forza superiore delle sue convinzioni e dell’età, premessa di futuro. Non è sola, è innumerevole. È uguale a Chisciotte perché agisce sotto spinta di entusiasmo, sentimento capace di contagio. La poeta russa Marina Zvetaeva scrive: “Solo nell’entusiasmo l’essere umano vede il mondo esattamente”. Questa gioventù perciò vede precisamente il mondo e il suo avvenire. Mette nel conto l’inerzia dei poteri, la loro passività di assecondare il peggiore sfruttamento del pianeta, il suo degradarsi a discarica. Scrive il suo atto di accusa di fronte al tribunale delle generazioni a venire. Questi poteri saranno iscritti nel registro di chi ha lasciato correre le infamie, per connivenza, per complicità. I poteri decadono, le epoche si succedono, le gerarchie scendono nella fossa comune della storia. Restano le idee, le ragioni, gli entusiasmi che riscrivono il mondo, con le colpe e le virtù. Gli antichi Romani che governarono un vasto impero chiamavano il Mediterraneo Mare Nostrum. Anche se lo possedevano, ammettevano di condividerlo con gli altri popoli di costa. Si inaugura un tempo che chiama Nostrum il mondo intero. Nel primo libro delle Scritture Sacre la divinità dice alla specie umana di lavorare la terra e custodirla. Si sente oggi il bisogno di tornare al compito di farsi custode e sentinella. Il futuro che spetta a questa gioventù si richiama a una raccomandazione antica. La sua saggezza è di appartenere a un unico destino di fraternità tra coetanei convocati a proteggere la vita. La lingua tedesca ha il vocabolo “nestbeschmutzer”, colui che sporca il nido. Il nostro nido è il mondo e vi domina una nidiata di imbrattatori. Tra chi guasta aria, suolo, acqua, e chi tiene pulito il proprio ambiente si svolge una contesa totale e silenziosa. Non si affrontano in piazza, non è un urto frontale, ma una polarità di comportamenti opposti. La politica non se ne accorge, incapace di riconoscere il sentimento dello scrupolo e della dignità, praticato da alcuni e calpestato dagli altri. Politica oggi è una parola etica oppure non significa niente. Nato in una città di mare, ho conosciuto tardi i fiumi e i ponti. Mi sono piaciuti, due teste e un corpo teso tra le due rive a passerella. Mi piace ciò che unisce. Poi ho visto ponti abbattuti dall’artiglieria a Mostar in Bosnia, a Novi Sad in Serbia. Mi hanno intristito più delle macerie delle case. Vedo la nuova gioventù intenta alla fabbrica di un ponte tra due epoche. Progettano di superare la corrente non solo idealmente ma con preparazione scientifica. Pontefice prima di assumere titolo religioso nella cristianità, era incarico di prestigio nella Roma antica. Il pontefice era preposto a costruire ponti. Giulio Cesare ne costruì uno di legno sul fiume Reno in soli dieci giorni, nel 53 a.C. Considero pontefice la nuova gioventù del mondo. Il ponte è opera opposta alla diga. Ho fatto parte di una generazione diga che voleva sbarrare il corso della storia, costringendola a deviare verso una più giusta direzione. Vedo esordire una generazione ponte che si proietta sopra e oltre la corrente, invece che contro di essa, per raggiungere la sponda di una nuova umanità, di un nuovo patto tra pianeta e abitanti. Esplorano i mezzi di un risanamento, di un’economia rivolta alla rinascita dell’habitat guastato. All’epoca delle grandi epidemie di peste in Europa la folla impaurita cercava i colpevoli di un immaginario spargimento di contagio. Cercava untori, così chiamava dei malcapitati sospettati a torto e per questo uccisi. Oggi l’untore esiste, sparge per suo profitto e consapevolmente le epidemie, effetto diretto o secondario di lavorazioni industriali. Oggi gli untori siedono nei consigli di amministrazione e influenzano governi. Una nuova gioventù li accusa di crimini contro l’umanità. Il loro tempo, insieme a quello dell’umanità, si avvia a scadenza. Questa gioventù è antidoto e profezia. Tutto va formulato in base a criteri nuovi, dalla zolla di terra ai grattacieli, dalle profondità marine alle catene montuose. Ci si avvia verso la fine del ciclo medievale di sfruttamento delle conoscenze rivolte all’accumulazione di ricchezze private. Il nuovo Rinascimento non sarà ristretto nel campo delle arti. Sarà nelle mani di miliardi di esseri umani convertiti dalla necessità a praticare le virtù dei nuovi abitanti della terra. Una famosa prigioniera politica, Rosa Luxembourg, sapeva imitare il canto delle cinciallegre. Accorrevano così alle sue sbarre per risponderle. Da qui sta partendo la nuova umanità imprigionata dalle sue stesse condizioni: dalla volontà di imparare, imitare il canto delle cinciallegre. “Io sarò cittadino nella nazione degli uccelli”, scrisse un poeta. L’impensabile,oggi è già pensiero. La specie umana ha aumentato il suo sapere affrontando rischi, imboccando vicoli ciechi, navigando in acque sconosciute. L’avventura non è il dopolavoro praticato nel tempo libero. È stato al contrario, il combustibile delle scoperte, forzando i limiti del perimetro raggiunto, di generazione in generazione. Dante onora Ulisse che si sporge oltre Gibilterra, uscendo dal Mediterraneo verso l’oceano aperto. Il mondo era un labirinto la cui soluzione non era uscirne, ma percorrerlo col rischio di perdersi. I cartografi inglesi provenienti dall’India si inoltrarono nel Nepal, dove le loro mappe erano in bianco. Apparvero loro le massime altezze del pianeta. La più bella macchina inventata dall’umanità è la barca a vela. Utilizza il galleggiamento del legno e la spinta del vento. Era necessaria, solo la navigazione ha permesso l’esplorazione del pianeta, liquido a maggioranza. Da piccolo mi affascinava il timone che girato da un lato dirigeva la prua nel lato opposto. È la macchina che meglio corrisponde all’immagine della libertà, la sua pista è l’immensa superficie delle onde, la sua forza motrice è l’energia gratuita del vento. A contrasto di questa libertà pura, la disciplina a bordo delle navi fu più severa di quella in terraferma. Sul mare si continua a praticare la formula dell’unica persona al comando, in regime di monarchia assoluta, senza parlamento. Questo è un carattere della nostra specie, che mescola libertà e sottomissione, il naturale e l’artificiale. L’asservimento ê artificiale, in natura esistono le specializzazioni non le schiavitù. Le api operaie, le formiche non portano ceppi, ferri, catene. Eseguono un compito utile alla comunità. La nuova gioventù sa di correre rischi, ma con più forza e ragione sa i guasti accumulati a forma di valanga sospesa. Sanno che esiste e incombe sul pendio, pronta a precipitare al nuovo aumento di temperatura. Perciò in loro vibra la corda vocale di un profeta collettivo. Nessuno è profeta in patria, ripete un vecchio detto, ma quando patria è il mondo, allora è pronto il tempo dei profeti. Un proverbio russo dice che quel popolo è lento ad attaccare i cavalli alla carrozza, ma poi fila spedito. Sta succedendo. Questa generazione sta attaccando i cavalli a una carrozza che deve percorrere e scuotere il mondo.

1 commento:

  1. Straordinario questo messaggio forte di speranza e di fiducia nell'entusiasmo dei giovani! Saranno sicuramente loro i fautori e gli operatori del cambiamento positivo, vero, quello che migliorerà il mondo, nel rispetto di tutte le forme di vita. Ciò sarà possibile solo, partendo dal sincero desiderio di un aiuto reciproco e avendo come obiettivo un' umanità nuova che sappia amare e che riesca finalmente a vincere l'egoismo. Congratulazioni, Aldo,per la scelta del post,grazie e buona continuazione.Agnese A.

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