In una intervista rilasciata a commento del ritiro
del cardinale Joseph Ratzinger dal seggio papale il teologo Hans Küng ebbe a
sostenere: Professor Küng, per lei che ha sempre contestato l’infallibilità
papale, che valore ha il ritiro del Papa? «È una smitizzazione solo per tutti
coloro i quali vedono nel Papa un vice-Dio in Terra, e non prendono in
considerazione il fatto che anche il Papa è solo un uomo, e quindi per forza di
cose il suo magistero è limitato dal Tempo ».
Il ritiro è stato l’atto più importante del
suo pontificato? «Presumo che il pontificato di Joseph Ratzinger resterà nella
Storia della Chiesa perché egli è stato il primo Papa del tempo moderno che ha
deciso di ritirarsi. Per questo resterà negli Annali».
Il ritiro e le parole (…) del Papa aprono
nuove speranze? «Apre la speranza che finalmente ora la crisi della Chiesa
cattolica e del ruolo del Pontefice siano riconosciute anche in Vaticano. (…).
(…). Auspica che i futuri Papi si preparino
a non restare Papi fino alla morte? «La regola dell’anzianità dei vescovi
dovrebbe valere anche per il vescovo di Roma. A partire dal 75mo anno i vescovi
devono offrire il proprio ritiro. Fu introdotta dal Cardinale Suenens. Gli
chiesi perché avesse escluso il Vescovo di Roma, il Pontefice. Mi rispose che
altrimenti non avrebbe raccolto una maggioranza. Adesso constatiamo quanto sia
negativo che un Papa resti in carica troppo a lungo, o fino a un’età troppo
avanzata».
Il suo bilancio di questo pontificato è
negativo? «Temo che resterà nella Storia piuttosto con un bilancio negativo,
con deficienze e limiti, e occasioni perdute. Il caso del vescovo antisemita
Williamson, o il mancato accordo su una maggiore comprensione con le chiese
ortodosse e protestanti».
Crisi delle vocazioni, esodo dei fedeli: la
crisi della Chiesa è drammatica. (…). «(…). La Curia romana era contro il
Concilio Vaticano II prima che si tenesse, durante il Concilio ha impedito ciò
che voleva, e dopo ha guidato la restaurazione con i devastanti effetti di
crisi. Se questa Curia non verrà riformata e trasformata in centro efficiente,
ogni riforma sarà impossibile. La Curia è l’ostacolo principale al rinnovo
della Chiesa, a un dialogo ecumenico e a un’apertura al mondo moderno». (…). È
in quel contesto di sempiterne lotte intestine all’interno del mondo vaticano che
si troverebbe oggi una spiegazione plausibile ed accettabile di quel grave
episodio di cui ha scritto Alessandro Robecchi ieri su “il Fatto Quotidiano”
con il titolo “Il furto degli idoli: la
saga della chiesa meglio di Dan Brown”:
Lo dico in latino per adeguarmi all’argomento: Dan Brown gli fa una pippa. E poi lo dico anche da lettore stupefatto di cronache e giornali: ma guarda che razza di storia. Vabbé, prima la cronaca. In una meravigliosa alba dell’ottobrata romana, alcuni tizi entrano in una chiesa molto importante (Santa Maria in Traspontina, 90 secondi a piedi dalla cattedrale di San Pietro), rubano alcune sculture in legno, escono e le buttano nel Tevere. Filmano tutto e diventano più o meno eroi dell’ala destra della Chiesa, quelli che fanno la guerra a Francesco, che apre troppo, esagera, fa casino, rinnova di corsa, stai calmo, amigo. Oggetto del contendere, il sinodo dell’Amazzonia, convocato dal papa, dietro il quale si combattono una guerra politica e una guerra di religione, il tutto all’interno della stessa religione. Si mettano nel conto anche dissesti economici, sgambetti, dossier, accuse di qua e di là, dispute teologiche, frizioni politiche, fino al furto in chiesa (Dan Brown, come sopra). In soldoni: il sinodo dell’Amazzonia si occupa di cose toste come la difesa del pianeta, il fatto che quei milioni che vivono là, accanto alla foresta, sono un po’ seccati che gli taglino il posto in cui vivono allo scopo di coltivare mangime per futuri hamburger. Naturalmente (mea culpa) non ho nemmeno la più pallida idea di come funzioni un sinodo, discuteranno tra loro, credo. Ma intanto, nelle cerimonie di apertura, le popolazioni indigene hanno portato in dono queste statue di legno, che raffigurano la Pachamama, cioè una donna incinta, cioè, per loro, la Madre Terra, da cui viene tutto, eccetera eccetera. Insomma, un dono simbolico, un pezzo consistente della cultura india, un buon auspicio per il dialogo. Finché un commando di aspiranti Templari ruba le statue e le butta nel fiume (notevole la zoomata mistico-turistica su Castel Sant’Angelo). Ora viene il bello, perché uno pensa: cazzo, furto di opere d’arte in una chiesa! E' una cosa per cui puoi prenderti qualche annetto come niente, se oltre ai testi sacri leggi anche il Codice Penale. Invece pare sia tutto un po’ in sordina, già i ladri che si filmano è bizzarro, poi compaiono qui e là delle simil-rivendicazioni. Cioè analisi e cronache che giustificano il gesto. È vero che un giro esplorativo nella galassia internet degli ultra-cattolici è sempre istruttivo (tipo andare a cena con Bonifacio VIII), ma stupisce lo stesso di trovarsi di fronte al ragionamento tipico delle guerre di religione. Simboli nemici, sacrilegio. Il furto è definito “Autodifesa”, oppure “Cattolici gettano gli idoli nel Tevere”, o “Non è furto ma legittima difesa”, poi via con citazioni, versetti, pezze d’appoggio, sacre scritture per dire che gli idoli pagani, eccetera eccetera, guai vade retro, pussa via, buttamolo ar fiume. Disputa dal sapore vagamente ztl-medievale, d’accordo, ma attenzione che la curvatura farsesca non faccia velo alla sostanza. Non solo all’interno della Chiesa e contro questo papa ci sono pressioni e fronde e dispetti a non finire, ma si agisce anche con azioni che travalicano un pochino il codice penale. Chiunque abbia mai frequentato uno stadio sa che comincia così, prima ci si ruba le bandiere e poi finisce a botte (si perdoni il paragone). Disputa teologica, ma anche segno di fortissima pressione e di scontro ideologico, tipo la ragazza Greta che avverte il mondo dell’emergenza (in questo caso il papa), contro i suoi insultatori e denigratori professionisti à la Feltri (in questo caso i ladri di statue). E’ una serie che va avanti da duemila anni, quindi attendiamo le prossime puntate e i prossimi secoli, ma intanto si registra, sempre per la cronaca, un’impennata mediatica dei tradizionalisti, Così tradizionalisti, da mettere le loro gesta su Youtube. Dai, cazzo, un po’ di coerenza! Giovanna d’Arco non l’avrebbe mai fatto.
Lo dico in latino per adeguarmi all’argomento: Dan Brown gli fa una pippa. E poi lo dico anche da lettore stupefatto di cronache e giornali: ma guarda che razza di storia. Vabbé, prima la cronaca. In una meravigliosa alba dell’ottobrata romana, alcuni tizi entrano in una chiesa molto importante (Santa Maria in Traspontina, 90 secondi a piedi dalla cattedrale di San Pietro), rubano alcune sculture in legno, escono e le buttano nel Tevere. Filmano tutto e diventano più o meno eroi dell’ala destra della Chiesa, quelli che fanno la guerra a Francesco, che apre troppo, esagera, fa casino, rinnova di corsa, stai calmo, amigo. Oggetto del contendere, il sinodo dell’Amazzonia, convocato dal papa, dietro il quale si combattono una guerra politica e una guerra di religione, il tutto all’interno della stessa religione. Si mettano nel conto anche dissesti economici, sgambetti, dossier, accuse di qua e di là, dispute teologiche, frizioni politiche, fino al furto in chiesa (Dan Brown, come sopra). In soldoni: il sinodo dell’Amazzonia si occupa di cose toste come la difesa del pianeta, il fatto che quei milioni che vivono là, accanto alla foresta, sono un po’ seccati che gli taglino il posto in cui vivono allo scopo di coltivare mangime per futuri hamburger. Naturalmente (mea culpa) non ho nemmeno la più pallida idea di come funzioni un sinodo, discuteranno tra loro, credo. Ma intanto, nelle cerimonie di apertura, le popolazioni indigene hanno portato in dono queste statue di legno, che raffigurano la Pachamama, cioè una donna incinta, cioè, per loro, la Madre Terra, da cui viene tutto, eccetera eccetera. Insomma, un dono simbolico, un pezzo consistente della cultura india, un buon auspicio per il dialogo. Finché un commando di aspiranti Templari ruba le statue e le butta nel fiume (notevole la zoomata mistico-turistica su Castel Sant’Angelo). Ora viene il bello, perché uno pensa: cazzo, furto di opere d’arte in una chiesa! E' una cosa per cui puoi prenderti qualche annetto come niente, se oltre ai testi sacri leggi anche il Codice Penale. Invece pare sia tutto un po’ in sordina, già i ladri che si filmano è bizzarro, poi compaiono qui e là delle simil-rivendicazioni. Cioè analisi e cronache che giustificano il gesto. È vero che un giro esplorativo nella galassia internet degli ultra-cattolici è sempre istruttivo (tipo andare a cena con Bonifacio VIII), ma stupisce lo stesso di trovarsi di fronte al ragionamento tipico delle guerre di religione. Simboli nemici, sacrilegio. Il furto è definito “Autodifesa”, oppure “Cattolici gettano gli idoli nel Tevere”, o “Non è furto ma legittima difesa”, poi via con citazioni, versetti, pezze d’appoggio, sacre scritture per dire che gli idoli pagani, eccetera eccetera, guai vade retro, pussa via, buttamolo ar fiume. Disputa dal sapore vagamente ztl-medievale, d’accordo, ma attenzione che la curvatura farsesca non faccia velo alla sostanza. Non solo all’interno della Chiesa e contro questo papa ci sono pressioni e fronde e dispetti a non finire, ma si agisce anche con azioni che travalicano un pochino il codice penale. Chiunque abbia mai frequentato uno stadio sa che comincia così, prima ci si ruba le bandiere e poi finisce a botte (si perdoni il paragone). Disputa teologica, ma anche segno di fortissima pressione e di scontro ideologico, tipo la ragazza Greta che avverte il mondo dell’emergenza (in questo caso il papa), contro i suoi insultatori e denigratori professionisti à la Feltri (in questo caso i ladri di statue). E’ una serie che va avanti da duemila anni, quindi attendiamo le prossime puntate e i prossimi secoli, ma intanto si registra, sempre per la cronaca, un’impennata mediatica dei tradizionalisti, Così tradizionalisti, da mettere le loro gesta su Youtube. Dai, cazzo, un po’ di coerenza! Giovanna d’Arco non l’avrebbe mai fatto.
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