Tratto da “Forza
intellettuali, buttatevi nel web”, dialogo a più voci di Simonetta Fiori con
lo scrittore Ian McEwan ed Alessandro Baricco, pubblicato sul settimanale
Robinson del quotidiano la Repubblica del 14 di ottobre dell’anno 2018: (…). Cominciamo
dal principio. Più che una rivoluzione, sostiene Baricco, si è trattato di una
insurrezione digitale. Alessandro Baricco: "Sì, "insurrezione" è
una parola che in italiano usiamo poco. Evoca una reazione forte, violenta, con
un cuore di rabbia. All'origine della nuova civiltà digitale c'è la ribellione
negli anni Settanta della controcultura californiana. Quei pionieri, tra cui
Stewart Brand, volevano rovesciare il tavolo. E anche se non avevano un'idea di
mondo da inseguire, avevano un'idea di mondo da cui fuggire".
Ian McEwan: "Mi sembra che tu Sandro abbia messo bene in luce l'humus da cui è cominciato tutto, ossia una cultura libertaria che vagheggia il ritorno alla vita in campagna ma che ama moltissimo anche la tecnologia. Le due anime convivono nella stessa sensibilità, che appare distante dalla cultura europea, anche da quella underground". Una tesi forte del libro (The Game n.d.r.) è che questi padri fondatori stessero scappando dal Novecento: dall'ossessione per i confini, dai nazionalismi, dai razzismi. McEwan: "Questo però vale di più per gli europei, che hanno subìto i totalitarismi e due guerre mondiali. Negli Stati Uniti gli artefici dell'insurrezione digitale reagivano al sistema di potere, alla meccanizzazione, alla cultura del consumismo, alla pochezza dell'intrattenimento, all'artificialità della vita nei sobborghi dell'America urbana. I padri fondatori del web hanno reagito a tutto questo, declinando la loro protesta con uno spirito altamente tecnologico. Non credo che Brand fosse consapevole di quel che andava facendo, ma certo mirava a un superamento degli steccati". Baricco: "Il primo nemico da cui quei pionieri fuggivano era l'american way of life ma in prospettiva c'era la civiltà che l'aveva prodotto, ossia il Novecento di matrice europea. Naturalmente noi non possiamo attribuire a Steve Jobs o a Brand un pensiero lucido, ma sarebbe altrettanto sbagliato affermare che, pur ignorandone le conseguenze, non volessero la rivoluzione. Cristoforo Colombo o Leonardo Da Vinci non avevano un'idea precisa di quello che stavano facendo, eppure riuscirono a cambiare il mondo".
Ian McEwan: "Mi sembra che tu Sandro abbia messo bene in luce l'humus da cui è cominciato tutto, ossia una cultura libertaria che vagheggia il ritorno alla vita in campagna ma che ama moltissimo anche la tecnologia. Le due anime convivono nella stessa sensibilità, che appare distante dalla cultura europea, anche da quella underground". Una tesi forte del libro (The Game n.d.r.) è che questi padri fondatori stessero scappando dal Novecento: dall'ossessione per i confini, dai nazionalismi, dai razzismi. McEwan: "Questo però vale di più per gli europei, che hanno subìto i totalitarismi e due guerre mondiali. Negli Stati Uniti gli artefici dell'insurrezione digitale reagivano al sistema di potere, alla meccanizzazione, alla cultura del consumismo, alla pochezza dell'intrattenimento, all'artificialità della vita nei sobborghi dell'America urbana. I padri fondatori del web hanno reagito a tutto questo, declinando la loro protesta con uno spirito altamente tecnologico. Non credo che Brand fosse consapevole di quel che andava facendo, ma certo mirava a un superamento degli steccati". Baricco: "Il primo nemico da cui quei pionieri fuggivano era l'american way of life ma in prospettiva c'era la civiltà che l'aveva prodotto, ossia il Novecento di matrice europea. Naturalmente noi non possiamo attribuire a Steve Jobs o a Brand un pensiero lucido, ma sarebbe altrettanto sbagliato affermare che, pur ignorandone le conseguenze, non volessero la rivoluzione. Cristoforo Colombo o Leonardo Da Vinci non avevano un'idea precisa di quello che stavano facendo, eppure riuscirono a cambiare il mondo".
Ora però si tratta di capire se la rete sia
davvero la nostra assicurazione contro gli incubi del Novecento. Oggi
nell'Occidente assistiamo a una crescita di muri e confini, con rigurgiti
nazionalistici e razzisti. Un'onda nera alimentata anche dal web. Baricco:
"A me pare che ci si concentri scioccamente sugli ultimi due anni di vita
politica europea, ignorando i decenni precedenti in cui abbiamo fatto passi da
giganti. È come vincere una partita quattro a uno: perché fermarsi a guardare
quel gol fatto a pochi minuti dalla fine e non la clamorosa vittoria?". McEwan:
"Io devo confessare la mia angoscia per queste minacce. A marzo
l'Inghilterra sarà fuori dall'Europa. E a votare per la Brexit sono stati soprattutto
i più giovani: paradossalmente sono loro che vogliono costruire muri e
barriere. La cosa sorprendente è che a un certo punto le persone hanno dato per
scontata la pace in Europa. Ora è molto difficile capire in quale direzione
stiamo andando. Probabilmente la prossima guerra sarà con la Russia, che ha
come unico obiettivo la distruzione dell'Unione europea. Saremo in grado di
resistere? A me pare che i potenti russi siano bravissimi nel giocare al
Game". Baricco: "Ma l'unico modo per vincere la sfida contro l'uso
perverso del web è immettervi nuove energie morali e intellettuali: in questo
senso il contributo della cultura europea è fondamentale. Non possiamo lasciare
al volante solo ingegneri e businessmen americani...". McEwan: "Vuoi
dire che possiamo costruire un umanesimo digitale?". Baricco: "È
quello che dobbiamo fare. Ma purtroppo la maggior parte del mondo intellettuale
europeo sta buttando via tempo in una battaglia persa, continuando a domandarsi
se il Game sia il sistema che vogliamo e soprattutto da quali forze oscure ci
venga imposto".
A proposito della resistenza degli intellettuali al web, McEwan come scoprì il mondo digitale? E quale fu la prima reazione? McEwan: "Disgusto totale! Nel 1983 ricevetti una lettera della Apple che mi proponeva il word processor, il programma di scrittura sul computer. Questi sono matti, pensai. Lo associai immediatamente a un food processor, a un frullatore che riduce tutto in pappa. Non servirà a niente, mi dicevo. Confesso che ero anche un po' arrabbiato. Ma nove mesi dopo capitò a casa mia un giovane regista italiano che srotolò sotto i miei occhi un cavo di dieci metri con cui riuscì a collegare una tastiera alla mia tv. Così cominciai a scrivere in un modo stravagante, con le parole che prendevano forma sullo schermo. Dopo otto giorni lo script era pronto. Quando il giovane fece il gesto di riprendersi la tastiera, cominciai a piagnucolare: ti prego, non portarmela via! Come faccio a lavorare? A quel punto dovetti prostrarmi umilmente al cospetto della Apple: voglio un computer!". Baricco: "È stato il tuo ingresso nel campo da gioco dell'uomo nuovo, un sistema in cui il mondo e l'oltremondo digitale girano l'uno nell'altro producendo esperienza". McEwan: "Tu sei riuscito a restituire perfettamente il rapporto tra mente e web: si tratta di un prolungamento, più che dell'uso di un supporto esterno. Io mi resi conto subito che il word processor era un qualcosa di molto più intimo rispetto alla scrittura a macchina. Un'estensione di una parte di me. Il computer era pure dotato di una memoria che era molto più brillante di quella degli umani. Non ho potuto fare altro che amarlo profondamente, addirittura me ne nutrivo come se avessi scoperto un nuovo me". Baricco: "Le macchine cessano di essere mediazioni per diventare articolazioni del nostro stare al mondo". McEwan: "Noi siamo loro, e loro sono noi. Il connubio tra l'uomo e macchina mi sembra perfettamente compiuto. E questo finirà per cambiare la natura umana. Abbiamo imparato a pensare in formato digitale e anche la nostra coscienza si sta adattando a questo mondo parallelo. Il prossimo passo, grazie a un microchip nel cervello, sarà accedere al web con il pensiero. A quel punto la tua rivoluzione sarà arrivata a compimento. E non mancheranno le conseguenze per la letteratura". (…). McEwan: "Tu, Sandro, quanti anni hai?". Baricco: "Sessanta". McEwan: "Io dieci anni di più, ma credo che in fondo abbiamo fatto lo stesso percorso, essendo nati entrambi alla metà del secolo scorso. Penso che noi siamo ancora capaci di trarre tutti i vantaggi da questa rivoluzione digitale mantenendo però la giusta dose di scetticismo. Sei d'accordo?". Baricco: "Io spero che la lettura di The Game temperi lo scetticismo. Non credo di essere stato animato da un pregiudizio positivo, ma certo ho un ipertrofico fastidio per i pregiudizi negativi che sono tanti. E questo mi dà tanta energia nel difenderlo. La nostra generazione può tentare di interpretare il Game, ma a curarne le ferite possono essere solo i suoi figli, i decenni o i ventenni di oggi. Noi siamo gli ultimi che possono ragionarne in libri o testi scritti". McEwan: "Sì, gli ultimi umani. Vorrei raccontarvi un aneddoto che forse restituisce gli impacci della mia generazione. Un giorno mi era venuta la curiosità di andare a vedere cosa fosse Second Life. Così mi sono creato un avatar, ma riuscivo solo a fargli muovere le braccia, non le gambe. Continuavo a confondermi con i tasti, con l'effetto di animarne scompostamente le mani, senza però scuoterlo dall'immobilità. Fin quando vedo spuntare all'orizzonte un altro avatar: sempre più grande, man mano che mi si avvicina. A un tratto l'energumeno mi prende alle spalle e mi violenta: ricordo solo questo gigantesco pene e le mie braccia ridicole che mulinavano nell'aria. Posso quindi dire di essere stato letteralmente fucked dal Game".
Prima lei, McEwan, ha accennato alle
conseguenze per la letteratura. Il web ha cambiato il modo di pensare e
scrivere le storie? McEwan: "Questo è inevitabile. La prima volta me ne
resi conto vent'anni fa, quando scrissi L'amore fatale. Realizzai allora come i
cellulari influissero potentemente nella costruzione di un plot: prima della
loro invenzione, per fare una telefonata si doveva restare inchiodati a casa o
imbattersi per strada in una cabina telefonica. Ma questo è un dettaglio
tecnico. Più complessa è la questione che riguarda la consapevolezza di tutti i
personaggi di una storia: prima il narratore poteva disvelare la verità un poco
per volta, tenendo all'oscuro alcuni protagonisti e rendendone edotti altri: ma
come si fa in un mondo in cui tutti sono permanentemente connessi?". Baricco:
"Da questo punto di vista sono un pessimo abitante del Game. La prima
scena del mio primo romanzo è molto simile all'ultima scena del mio ultimo
romanzo: una donna aspetta il ritorno di un uomo perché non sa dov'è e quando
ritornerà. Pressoché impossibile oggi".
Siamo al paradosso: lo scettico McEwan
registra nei suoi romanzi la mutazione digitale che l'entusiasta Baricco invece
ignora... Baricco: "Sì, Ian
racconta il Game mentre io scappo via". McEwan: "Ho una domanda per
te. Prendiamo due personaggi, un uomo e una donna. Una coppia legata
sentimentalmente. Hanno entrambi il cellulare. E ciascuno è dotato di
un'applicazione per sapere dove sia l'altro. Ma questo è amore o mancanza di
fiducia?". Baricco: "Posso risponderti così: ogni tanto, raramente,
tramite Google Maps regalo otto ore della mia localizzazione: ti mando un
whatsapp e tu puoi vedere dove sono. Lo faccio per amore. No, non credo di
averlo mai fatto con mia moglie, ma con una persona che non sta bene: eccomi,
ci sono, puoi sempre contare su di me". McEwan: "Uhm, la formula inglese del
matrimonio recita: "... con il mio corpo io ti venererò"; potremmo
cambiarla: "con il mio smartphone io sarò sempre fedele e
rintracciabile...". Ma la domanda se si tratta di amore o sfiducia te la
rivolgevo pensando agli scrittori dell'Ottocento. Prendi Tolstoj, Flaubert o
Maupassant: pensa se gli dicessimo di immaginarsi un device che permette di
sapere sempre dove si trova l'amata. Credo che avrebbero molto da
dire...".
Secondo lei, Baricco, quella degli scrittori
resta l'unica élite che il web non abbia ancora abbattuto. Baricco: "Sì,
gli umani non sono stupidi. Pur prolungandosi nelle macchine vogliono
conservare la loro sostanza umana. Non abbiamo mai vissuto in una civiltà delle
macchine come questa e siamo quelli che hanno più bisogno di mangiare
biologico. Così come abbiamo bisogno di fare yoga, di camminare nei boschi o di
ascoltare la musica sul vinile. In questo gli scrittori sono
"sensei", maestri: siamo la garanzia che gli umani restino
umani". McEwan: "Dopo che una macchina dell'Ibm ha sconfitto
Kasparov, non abbiamo smesso di giocare a scacchi. Io ho appena scritto un
romanzo sull'intelligenza artificiale. Quando il vecchissimo maestro di go
viene battuto dal computer dice: la corsa a cavallo non ha cancellato il
tentativo degli uomini di correre a piedi sempre più veloci. Niente, nessuna
invenzione tecnologica, può uccidere l'atletica. Forse la nostra difesa - e la
speranza - è che nel piacere e nella curiosità ci sia qualcosa di
irriducibilmente umano. E il Game non sarà mai capace di replicarlo".
Nessun commento:
Posta un commento